Stato e famiglia sono i protettori principali dei bambini

Il prossimo 10 novembre si voterà in Irlanda un referendum sui diritti dei genitori

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di Grégor Puppinck,
direttore del Centro Europeo per la Legge e la Giustizia (ECLJ)

ROMA, domenica, 4 novembre 2012 (ZENIT.org) – Il 10 novembre 2012, i cittadini irlandesi voteranno un referendum per modificare la Costituzione riguardo al ruolo dello Stato verso i bambini. Le implicazioni della formulazione dell’emendamento sono sottili e difficili da percepire per un non esperto.

Se il cambiamento nella formulazione proposta può essere visto come un problema minore, i suoi effetti sono potenzialmente considerevoli. Si tratta niente di meno che di un cambiamento dell’intera comprensione della società: cioè che lo Stato o la famiglia sono i protettori principali dei bambini.

Sono numerose le incertezze giuridiche circa le possibili applicazioni e le conseguenze della modifica. Il “lato Sì” è fermamente convinto che essa sia necessaria per proteggere i bambini, il “lato No” sostiene che si stia dando troppo potere allo Stato.

Importanti questioni come gli abusi dei bambini, i diritti dei padri non sposati, lo stato di figli di genitori non coniugati, lo stato della famiglia e del matrimonio – tutti temi fondamentali per il tessuto sociale irlandese – stanno dunque per essere decise secondo l’uno o l’altro contesto filosofico, in base alla scelta del popolo del 10 novembre.

Gli articoli 41 e 42.5 della Costituzione irlandese sono la base su cui lo Stato irlandese si riferisce alla famiglia. Essi riconoscono che la famiglia è il fondamento della società (articolo 41), e che quindi lo Stato si impegna a rispettarla come un’entità in cui sono nati i bambini e sono cresciuti dai loro genitori in uno spirito di amore e di responsabilità verso la società. Si prevede inoltre un intervento obbligatorio per proteggere i bambini qualora i genitori non adempiano i loro doveri di amore, cura, protezione o educazione nei confronti dei figli (42,5).

Il rapporto tra famiglia e Stato, secondo la Costituzione irlandese, si basa quindi sul principio che la famiglia è il posto migliore dove un bambino può vivere, e che lo Stato ha l’obbligo di sostenere le famiglie nel loro sforzo di istruire e educare i bambini. In alcuni casi eccezionali, qualora i bambini non venissero curati in maniera idonea, lo Stato deve supplire al ruolo dei genitori.

La comprensione delle relazioni tra individuo, famiglie e Stato, si basa sul riconoscimento della natura sociale dell’essere umano. Questa naturale filosofia illumina tutta la storia umana a partire dal IV comandamento “onora tuo padre e tua madre”, attraverso la filosofia classica di Aristotele e quella morale sviluppata dal cristianesimo.

Tali filosofie stabiliscono che l’uomo per natura vive con l’altro, e che dunque la famiglia è il fondamento dell’umanità, in quanto luogo dove uomini, donne e bambini vivono insieme, si arricchiscono a vicenda e contribuiscono al bene comune della società e alla costruzione della civiltà. Il Cristianesimo, che è una religione di amore, ha poi rivelato che queste relazioni naturali possono anche essere fondate sull’amore fraterno: “Vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati” (Giovanni 13:34).

Dal IV comandamento agli articoli 41 e 42.5 della Costituzione, viene configurato quindi lo stesso rapporto piramidale dove i singoli individui sono organizzati principalmente in una famiglia e costituiscono la base della piramide, mentre lo Stato è in cima. Gli individui devono portare rispetto e fedeltà allo Stato, che a sua volta è basato essenzialmente sulla famiglia per la propria autorità, e ha la responsabilità di intervenire quando le famiglie falliscono con i loro figli.

Questa visione è perfettamente in linea con tutte le disposizioni principali del diritto internazionale in materia di famiglia: sia la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, sia il Patto internazionale sui diritti civili e politici affermano che “la famiglia è l’unità naturale e fondamentale della società e ha diritto alla protezione della società e dello Stato”.

Anche la Carta sociale europea e il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali contengono lo stesso obiettivo: ovvero garantire la più ampia protezione e assistenza alla famiglia, in modo da creare condizioni necessarie per promuovere lo sviluppo economico, la tutela giuridica e sociale della vita familiare.

Papa Giovanni Paolo II scrisse profeticamente nel 1983 che “il futuro dell’umanità è nella famiglia”. Prima di lui, Pio XI nella Quadragesimo anno del 1931 stabilì che la famiglia, in base al principio di sussidiarietà, fosse l’ultima difesa contro la tirannia dello Stato totalitario.

È interessante notare, inoltre, che la Santa Sede ha partecipato attivamente alla Conferenza delle Nazioni Unite del 2012 Rio de Janeiro sul tema dello Sviluppo Sostenibile, affermando che esso sia necessario per garantire il futuro dell’umanità di fronte a minacce sociali, economiche ed ambientali molto gravi, che possono essere affrontate con successo solo se a fondamento della società c’è la famiglia.

Ciò che viene proposto nell’emendamento irlandese è, quindi, una sottile, ma definitiva variazione di pensiero. La soglia di intervento nell’articolo 42A2.1 rivela il nuovo approccio: “quando la sicurezza o il benessere” dei bambini “è suscettibile ad essere pregiudizialmente colpito”, lo Stato può intervenire, e prendere vari tipi di misure: dal sostegno alla famiglia fino all’adozione obbligatoria (art. 42A2.2).

La variazione semantica da “quando i genitori non riescono” nell’articolo 42.5, a “quando la sicurezza o il benessere dei bambini è suscettibile ad essere pregiudizialmente colpito” è rivelatore del cambiamento di paradigma. In effetti si propone un approccio precauzionale: sarà richiesta, cioè, una valutazione della probabilità del verificarsi di un danno per i bambini, al posto degli elementi di prova che i genitori hanno fallito.

L’approccio precauzionale è radicato in una concezione di umanità che si trova all’opposto della visione cristiana. Si basa su un principio di responsabilità reciproca della persona verso l’altra, che si esercita in uno spettro dove ad una estremità ci sono i genitori e all’altra lo Stato.

La responsabilità dello Stato esiste di per sé, e può quindi soddisfare e superare la responsabilità dei genitori nei confronti dei figli, al fine di garantire che i bambini siano allevati secondo gli standard richiesti da e per la società. In questa prospettiva, non è difficile accettare che lo Stato, per bocca dei tribunali, dovrebbe arrivare a decidere che cosa è nel “migliore interesse del bambino”.

La famiglia, dunque, non si presume più che sia, per sua natura, il posto più sicuro per i bambini, ma è lo Stato. Il dibattito legale in Irlanda è sui precisi effetti futuri di questa proposta di precauzione, cioè se si vuole o meno permettere allo Stato di interferire indebitamente nella vita della famiglia, non per motivi reali di abuso o negligenza, ma perché i bambini non possono essere allevati secondo le norme dello Stato.

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ZENIT Staff

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