"Sposarsi e fare famiglia è bello"

L’omelia di monsignor Crepaldi, in occasione della solennità di San Giusto martire, patrono di Trieste

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Riportiamo di seguito l’omelia di monsignor Giampaolo Crepaldi, arcivescovo di Trieste, durante la Santa Messa celebrata oggi nella cattedrale di San Giusto Martire, in occasione della solennità di San Giusto Martire, patrono della diocesi di Trieste.

***

Eccellenza Reverendissima, Eccellenza Sig. Prefetto, Sig. Sindaco, distinte Autorità civili e militari, cari presbiteri, fratelli e sorelle, bratije in sestre!

1. Siamo qui riuniti nella nostra bella Cattedrale per fare devota memoria del santo martire Giusto, patrono della nostra Diocesi e della città di Trieste. Con il ricordare il martirio di san Giusto, si ripete ogni anno e in questo 3 di novembre, anche l’esercizio salutare della memoria delle nostre radici ecclesiali e civili, accompagnato dalla consapevolezza che risulta assai difficile guardare al nostro futuro se viene mancare il necessario raccordo con il nostro passato, con quel passato, soprattutto, che porta con sé i segni impegnativi e caratterizzanti la nostra identità più profonda. Dalla data del suo martirio, innumerevoli fatti, eventi, centenarie stagioni storiche – alcune anche drammatiche – sono stati vissuti da questa nostra città, segnandola nel bene e nel male, ma solo san Giusto, con la sua emblematica ed esemplare professione di fede cristiana giunta fino all’effusione del sangue, è stato il riferimento ininterrotto della sua storia, ponendosi così come il vero e autentico punto riferimento che, lungo i secoli e ancor oggi, alimenta l’identità non solo della comunità cristiana, ma anche di quella civile. Quella di san Giusto è pertanto un’eredità preziosa che va custodita gelosamente e va coltivata sapientemente, capace ancora di dare forma al nostro cammino presente e futuro. Nel DNA di Trieste c’è San Giusto, il suo martirio di cristiano fedele e obbediente prima di tutto a Dio, la sua testimonianza di uomo libero, la sua carità per quanti erano nel bisogno. Potrebbe Trieste farcela senza questi straordinari valori di fede, di speranza e di carità che le giungono dal suo Patrono? Potrebbe Trieste guardare al suo futuro senza un sostanzioso riferimento al cristianesimo e al Vangelo di Gesù Cristo per il quale san Giusto donò la sua vita?

2. Cari fratelli e sorelle, predagi bratije in sestre, l’esigenza e l’urgenza di rispondere a queste domande che riguardano il futuro, sollecitano tutti a sostare un poco, dedicando una qualche riflessione – non peregrina o distratta, ma rigorosa e sincera – sul mondo giovanile che, sulla tematica collegata al futuro della nostra città, è quello maggiormente coinvolto. Nonostante i tanti e consolanti segni che giungono al vescovo dal mondo giovanile – crescita delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata sia maschili sia femminili; innumerevoli attività educative e formative rivolte agli adolescenti e ai giovani promosse dalla Pastorale Giovanile Diocesana, dalle parrocchie e dalle associazioni e movimenti come l’Azione Cattolica, i Neocatecumenali, Comunione Liberazione, Comunità di Sant’Egidio, ACLI e altri ancora -, tuttavia si deve dire che, a bilancio, i conti non tornano e sono ampiamente in passivo, un passivo che autorevolmente il Papa emerito Benedetto XVI qualificava come emergenza educativa. Siamo di fronte a un numero crescente di ragazzi e ragazze e di giovani gravati dal peso, spesso insopportabile, dal non-senso del vivere, smarriti, come messi dentro a un treno costretto ad andare avanti senza andare da nessuna parte. Un mondo di vagabondi senza meta. A vivere dentro un mondo che ha smesso di educare, perché ha perso il senso stesso dell’educare, convinto che educare sia ormai una “missione impossibile”: le minacce ecologiche, l’insicurezza nel mondo economico, la precarietà del lavoro che tocca in maniera inusitata proprio il mondo giovanile, la confusione dei riferimenti culturali, la perdita di contatto con le proprie “radici”, l’iper-consumismo (e tanto altro ancora… ), hanno lasciato soli la famiglia, i genitori e la scuola alle prese con l’arduo compito di educare. Una crisi etico-spirituale ed educativa evidente a cui bisogna porre rimedio.

3. Fratelli e sorelle, bratije in sestre, come porre rimedio a questa situazione? Mi limito a indicare quattro direzioni. La prima direzione consiste nel dire ai giovani che sposarsi e fare famiglia è bello, invertendo quella tendenza martellante e insipiente che va nella direzione dello smantellamento di questi valori, sia sul piano pratico che su quello teorico. I nostri giovani non sanno più perché sia importante il matrimonio; non hanno più le ragioni per cui si possa e si debba stare insieme tutta la vita; la loro idea dell’amore è fragilissima, esposta ad ogni tempesta sentimentale; il mondo adulto, per giustificare se stesso e le proprie cadute, crea una cultura della libertà in cui ciascuno è libero di costruire o di demolire ogni relazione umana. La seconda direzione è quella di insegnare ai giovani che una generosa apertura alla vita è l’esperienza più straordinaria della vita. Invece si propaganda l’anticoncezionale, cioè l’invenzione e la diffusione massiva e coercitiva di ciò che è letteralmente ‘contro il concepimento’, contro l’avvenimento della vita; si propaganda la società abortiva, che uccide i suoi figli prima che nascano e crea le leggi perché questo si possa fare comodamente e lecitamente; per finire, alla fine, alla società dell’invecchiamento, della denatalità, dell’eutanasia come soluzione finale, libera e autonoma. La terza direzione consiste nel dire ai giovani che la persona si realizza nelle relazioni comunitarie. La nostra è la società dei single: ognuno è un microcosmo indipendente, senza legami, autoreferenziale, connesso alla grande rete informatica che gli fornisce ormai tutto quello di cui ha bisogno; è il culto della privacy, della riduzione al minimo dei rapporti umani, il mito dell’indipendenza assoluta. La quarta direzione educativa è quella dell’apertura agli orizzonti di senso. Il futuro ha bisogno di giovani che si aprono al cielo e aprono il cielo sulla terra per illuminarla e rinsaldarla, come fece San Giusto con il suo martirio. A questo riguardo, un geniale filosofo russo, Vladimir Solov’ev, scriveva: L’ultima parola della civiltà occidentale è l’interesse personale del singolo, il fatto casuale, il dettaglio spicciolo: l’atomismo nella vita, l’atomismo nella scienza, l’atomismo nell’arte. Essa ha sviluppato le forme particolari e il materiale esteriore della vita, ma non ha dato all’umanità il contenuto interiore della vita stessa; avendo isolato i singoli elementi, li ha portati al livello più alto possibile del loro sviluppo, a quel livello che, appunto, potevano raggiungere solo nel loro isolamento; ma, privi di un’unità organica interiore, essi sono privi dello spirito vivo, e tutta questa ricchezza si rivela un capitale morto”.

4. Cari fratelli e sorelle, bratije in sestre, per realizzare una nuova stagione educativa che cambi quel capitale morto di cui parlò Solov’ev in capitale vivo, che faccia cioè crescere uomini e donne veri, c’è una sola strada: Cristo, quel Cristo per il quale il martire Giusto donò la sua esistenza. Il ritorno a Lui è la grande possibilità che l’uomo contemporaneo ha davanti a sé. Ritornando a Cristo l’uomo ritroverà se stesso, la comunità, la famiglia, la vita, la bellezza. E i giovani ricominceranno a vivere, da vagabondi della vita diventeranno dei pellegrini con mete alte e precise. Ciò che conta in definitiva, è il fatto che si realizzi una compagnia reale con Cristo, vissuta dentro tutte le circostanze della vita. Da questo punto di vista l’ideale cattolico, che propone la piena comunione di vita con Cristo e con la sua comunità, la Chiesa, deve essere presentato in tutta la sua grandezza. Molti coltivatori d
ell’ecologia, al giorno d’oggi e con qualche ragione, si preoccupano, chiedendosi: quale terra lasceremo ai nostri figli? Forse è arrivato il tempo di porsi più propriamente la seguente domanda: quali figli lasceremo alla nostra terra? L’emergenza educativa è tutta qui. A quell’emergenza che toccava anche il suo tempo rispose con instancabile passione un grande sacerdote, san Giovanni Bosco, che dedicò tutta la sua vita a educare i giovani che erano oppressi nelle loro legittime aspirazioni di sviluppo dalla nascente società industriale. La passione educativa di san Giovanni Bosco dovrà diventare anche la passione nostra, di tutti con generosa e convinta disponibilità. A questo proposito, sono lieto di annunciare, in questa solenne circostanza della memoria di san Giusto, che l’urna con le reliquie del Santo sarà qui a Trieste il prossimo 30 di novembre. Alla sua intercessione, a quella di san Giusto e alla materna protezione di Maria affidiamo i nostri giovani che sono la speranza e il futuro della nostra Chiesa e di Trieste.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione