"Spingendo la notte più in là", di Mario Calabresi

Una rilettura del libro nei giorni delle fiction Rai su “gli anni spezzati”

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Mario Calabresi, attuale direttore del quotidiano “La Stampa”, è il figlio del commissario Luigi Calabresi vittima del terrorismo nel maggio del 1972. Circa sette anni addietro (era la primavera del 2007) l’allora cronista de “La Repubblica” dava alle stampe per Mondadori il libro “Spingendo la notte più in là”.

Nel 2007 l’autore aveva trentasette anni e il padre Luigi era stato ucciso trentacinque anni prima; era per lui giunto il momento di raccontare la sua storia, quella della sua famiglia e delle altre, tante, vittime del terrorismo.

Accedendo agli archivi online dei quotidiani, facilmente si possono acquisire le recensioni dell’epoca e del dibattito che ne seguì, incluse le pubblicazioni di fotografie drammatiche o di riconciliazione (1). Lasciamo al lettore la volontà di scavare nel web per potersi un po’ anche mettere nei panni di un giovane Mario Calabresi, che da studente trascorre intere giornate in una biblioteca, per leggersi i quotidiani di molti anni prima e cercare di iniziare a capire, per poi avviare una lunga elaborazione dell’assenza paterna.

Rileggere l’opera (poco più di un centinaio di pagine) a distanza di qualche anno, permette non solo di interagire con quanto in queste settimane è stato (e sarà) proiettato e pubblicato, ma di far riemergere alcuni elementi che erano andati a depositarsi sotto quelli di maggiore impatto emotivo o legati alla contingenza storica.

Scrive Calabresi, dopo aver riportato le parole di Carole Beebe, moglie di Ezio Tarantelli ucciso dai terroristi nel marzo del 1985: “Rileggo la biografia di Ezio Tarantelli e penso a cosa ci è stato rubato, a quello che avrebbe potuto darci. Alle occasioni che il terrorismo ha tolto al nostro paese”.

Andando oltre le storie singole, è proprio l’assenza di queste vittime che ha impoverito una generazione, non solo nella componente affettiva ma anche in quella intellettuale e lavorativa, nelle decisioni da prendere o nell’esempio da fornire, indipendentemente dal ruolo ricoperto.

Quegli effetti che, altrettanto bene, mette in luce la mamma di Mario Calabresi, Gemma Capra, quando lo sprona a cambiare giornale superando le sue titubanze: “Mario, non permettere che altri decidano ancora il tuo destino, lo hanno già fatto quando eri bambino. Questa volta decidi tu”.

Il libro, come detto poco sopra, è stato pubblicato nella primavera del 2007, quando erano ancora solo flebili tracce i segni di quella crisi che di li a pochi mesi si sarebbe scatenata sull’economia e sulle società occidentali, e pertanto il futuro delle persone è concentrato principalmente sul recupero della sfera emotiva ed affettiva e certamente meno sull’aspetto sociale.

Ma in questi anni di crisi non solo economica, quando ognuno di noi si pone la domanda sul contributo che può dare alla società, su quello che possono dare soprattutto i ragazzi, ecco che sembra riaffiorare quel senso di smarrimento, quel senso di perdita di valore come se, pur rimanendo vivi, non si possa donare un lascito di idee o essere artefici del proprio futuro.

Calabresi racconta, nelle pagine conclusive, di alcuni incontri con gli studenti nelle giornate della memoria, istituite per ricordare tutte le vittime del terrorismo. Giornate dove, a volte, ci sono anche tracce di retorica perché sembrano tempi e accadimenti così distanti dai giovani se non si riesce ad entrare in sintonia con la loro attenzione e le loro palpitazioni.

Probabilmente serve, come spesso capita, capire chi e cosa è l’attuale terrorismo, cosa incute la paura di vivere, cosa toglie la speranza, cosa uccide.

Calabresi, nel suo libro, fornendo le testimonianze di tante famiglie e della loro grande forza di vivere, regala così una delle chiavi di lettura per quella traversata nella notte; o, come ha scritto in una sua poesia Tonino Milite, cioè colui che ha fatto da padre a Paolo, Luigi e Mario “Passa una vela, spingendo la notte più in là”.

*

NOTE

1) Tra i tanti interventi, quelli di Stefano Zurlo su Il Giornale, Salvatore Carrubba su Il Sole24ore, Pierluigi Battista e Antonio Carioti sul Corriere della Sera.

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Antonio D'Angiò

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