Antonio Cañizares Llovera

Card. Antonio Cañizares Llovera - Youtube

Spagna. Tribunale conferma: "Cañizares può criticare il gender"

I giudici hanno confermato l’archiviazione della denuncia nei confronti dell’Arcivescovo di Valencia: “Nessun incitamento all’odio, solo libertà d’espressione”

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Stavolta è proprio il caso di dirlo: l’insistenza di chi vuole censurare le opinioni altrui non paga. La Red Española de Ayuda al Refugiado (un’associazione dedita principalmente all’accoglienza di immigrati sul suolo iberico) e il Colectivo Lamda (un gruppo lgbt) si sono visti respingere dal Tribunale di Valencia il ricorso contro la sentenza del giugno scorso con cui era stata archiviata l’accusa nei confronti dell’arcivescovo della città, il card. Antonio Cañizares.
I due gruppi di sinistra avevano adito le vie legali nei confronti del rappresentante cattolico giacché costui aveva “osato” esprimere parole di ferma condanna a proposito di una legge della Comunidad Valenciana, il governo della regione autonoma di Valencia.
Facendo appello alla libertà di coscienza, durante un’omelia egli aveva esortato i cattolici e gli uomini di buona volontà a resistere a una norma definita ingiusta, dal momento che obbligherebbe alunni anche molto piccoli a partecipare a corsi di educazione sessuale a scuola. Come le leggi analoghe approvate in altre Assemblee della Spagna (tra cui quella di Madrid), questa misura prevedrebbe persino la possibilità per i minorenni di cambiare sesso, chirurgicamente, senza l’autorizzazione dei genitori.
A nemmeno una settimana di distanza dalle due denunce, i giudici avevano archiviato il caso, non riscontrando alcun profilo di “incitamento all’odio contro omossesuali e femministe” nelle parole del cardinale. Il suo duro biasimo (condiviso da tanti spagnoli, come dimostra la massiccia adesione alla processione mariana pochi giorni dopo l’affissione di manifesti blasfemi a Valencia da parte di gruppi lgbt per perorare le proprie istanze) era stato configurato come un esercizio della libertà d’espressione.
Decisione confermata la settimana scorsa dal Tribunale di Valencia, il quale ha riconosciuto che le frasi dei discorsi del card. Cañizares “né sole né inserite nel contesto” possono essere considerate un incitamento all’odio e alla violenza. Si tratta, piuttosto, di “una manifestazione della libertà d’espressione su temi che fanno parte del dibattito pubblico”.
Deluse le due ong che avevano denunciato l’Arcivescovo di Valencia. I loro esponenti si dicono sorpresi per “i tempi record” con cui i giudici hanno archiviato il caso, arrivando finanche a rievocare spettri che hanno il sapore dell’obsoleto: le toghe, secondo loro, sarebbero infatti propense a “proteggere la Chiesa cattolica come avveniva nel Medioevo”.
Al di là dei vetusti slogan, più che la Chiesa, i giudici hanno difeso la libertà di un cittadino spagnolo di criticare una legge che vuole imporre l’ideologia gender ai bambini. La stessa libertà che rivendicano anche tre colleghi del card. Cañizares: il vescovo di Getafe, mons. Joaquin Maria López de Andújar, il suo ausiliare José Rico Pavés e il titolare della diocesi di Alcalà, mons. Juan Antonio Reig Pla.
Su di loro, un mese fa, si è abbattuta la gogna arcobaleno perché anch’essi, come il porporato valenciano, si sono opposti verbalmente a leggi di tal risma che sorgono un po’ ovunque in Spagna.

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Federico Cenci

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