Spagna: promossa l'eutanasia in due municipi madrileni

Da parte dell’Associazione Diritto di Morire Degnamente

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MADRID, mercoledì, 28 luglio 2010 (ZENIT.org).- L’Associazione Diritto di Morire Degnamente (DMD) gestisce due servizi municipali di “consulenza cittadina per una morte degna” nei comuni di Rivas-Vaciamadrid e Getafe, entrambi nella Comunità di Madrid (Spagna), con una posizione ideologica a favore dell’eutanasia.

La DMD, presieduta dal dottor Luis Montes (ex responsabile del Pronto Soccorso dell’Ospedale Severo Ochoa de Leganés), è incaricata delle due consulenze, apparentemente uffici in cui si informa sui diritti di malati, familiari, anziani ecc. nella fase finale della vita, ha reso noto a ZENIT Ignacio Pascual, di “Professionisti per l’Etica”.

In questi uffici si fornisce ai cittadini un documento noto come “testamento vitale” o “di Istruzioni Previe”, un modello che sembra seguire lo spirito della legge che regola questi documenti: aiutare la persona a esprimere la propria volontà di fronte a gravi circostanze di salute, quando non può farlo da sola.

“Professionisti per l’Etica” afferma tuttavia che questo testo (firmato volontariamente dai cittadini) è ideologicamente a favore dell’eutanasia, visto che afferma espressamente: “Se per allora la legislazione regolerà il diritto di morire con dignità mediante eutanasia attiva, è mia volontà evitare ogni tipo di sofferenza e morire in modo rapido e indolore in base alla lex artis ad hoc”.

Secondo la dottoressa María Alonso, medico di famiglia della Comunità di Madrid, l’atteggiamento di fronte alla sofferenza degli stadi terminali, secondo la lex artis, non consiste nel porre fine alla persona che soffre (eutanasia), ma alla sofferenza della persona, umanizzando in modo particolare l’assistenza in quei momenti. “Per questo”, sostiene, “è un controsenso usare l’espressione lex artis quando si parla di un fine di eutanasia”.

“Professionisti per l’Etica” avverte quindi che il documento di Istruzioni Previe che si sta distribuendo è preparato per influire sul fatto che il “consenso” si possa prestare solo a favore dell’eutanasia. In questo senso, limita il libero esercizio dell’autonomia della volontà del paziente, uno dei valori più difesi dall’ordinamento giuridico.

Il documento della DMD, inoltre, stabilisce che il firmatario non desidererà vivere in queste circostanze: danno cerebrale, demenze, tumori, malattie croniche o degenerative, stati vegetativi, incidenti cerebro-vascolari o qualsiasi altra malattia grave e irreversibile.

Il modello di Istruzioni Previe è dunque incerto in termini giuridici, perché lascia zone d’ombra in alcune ipotesi di fatto che il concedente dovrebbe segnalare in modo chiaro, esplicito, e, trattando di temi che coinvolgono la sua salute, in maniera restrittiva.

Si fa affermare al cittadino anche quanto segue: “Non desidero per me una vita dipendente in cui debba aver bisogno dell’aiuto di altre persone per realizzare le ‘attività fondamentali della vita quotidiana’, come lavarmi, vestirmi, andare in bagno, camminare e nutrirmi”.

“Di fronte a questo tipo di espressioni delle persone che dicono di non voler vivere”, afferma la dottoressa Alonso, “la psichiatria propone un approccio mediante trattamento individualizzato, in genere con una risposta molto buona. In quasi tutte le occasioni si riesce a far sì che queste persone si sentano molto grate per il trattamento medico ricevuto e dimentichino il proprio desiderio di morire. I sentimenti di desiderio di morte (…) normalmente cedono quando il malato ripone la sua fiducia nei professionisti sanitari e riceve aiuto e sostegno dai suoi familiari e dalla società”.

Le persone che hanno firmato il documento di Istruzioni Previe della DMD chiedono espressamente che vengano somministrati loro “soprattutto farmaci che allevino la mia sofferenza, anche nel caso in cui si possa accorciare la mia vita, la sedazione terminale e che mi venga permesso di morire in pace”.

Secondo la dottoressa Alonso, questa espressione introduce la confusione tra sedazione palliativa e sedazione terminale. In quella palliativa si usano farmaci per alleviare la sofferenza di un paziente non necessariamente terminale, nella sedazione terminale o nell’agonia si cura un paziente che morirà nell’arco di ore o giorni. Se si parla solo di quella terminale significa che probabilmente l’obiettivo è porre fine alla vita del paziente nello spazio di ore.

In ogni caso, “Professionisti per l’Etica” ricorda che anche se una persona ha firmato questo modello che opta per la morte in quasi tutte le circostanze, il medico, l’équipe sanitaria e quanti assistono il paziente dovranno rispettare le Istruzioni Previe nei limiti stabiliti nella legge e potranno esercitare l’obiezione di coscienza nel compimento di queste Istruzioni.

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ZENIT Staff

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