"Solo se amiamo l'evangelizzazione possiamo essere pronti ad evangelizzare"

Omelia del cardinale Fernando Filoni in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Urbaniana

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ROMA, sabato, 17 novembre 2012 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito l’omelia tenuta lunedì 12 novembre dal cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli e gran cancelliere della Pontificia Università Urbaniana, in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo.

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Cari Confratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
Illustri Docenti,
Cari studenti della nostra Pontificia Università Urbaniana.

Un nuovo Anno Accademico è iniziato e mi pare assai appropriato avviarlo con tutto l’impegno, la generosità e con un momento particolare di preghiera, l’Eucaristia che è il sacramento che accompagna e genera la Missione.

Noi tutti sappiamo bene che l’esistenza e le attività della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli sono dirette all’annuncio del Vangelo, al sostegno delle Chiese particolari nei territori cosiddetti di missione e alla formazione degli evangelizzatori e del personale delle stesse Chiese particolari. Anche questa Università ha la sua ragion d’essere nella preparazione teologico-culturale del personale destinato alle Chiese giovani o in via di formazione.

Il nostro Dicastero è al cuore stesso della Chiesa in ciò che riguarda l’evangelizzazione, e ciò ci permette di tenere in somma considerazione l’importanza delle nostre varie Istituzioni e di questa in particolare.

Vorrei brevemente qui soffermarmi su tre aspetti che riguardano il lavoro della nostra Pontificia Università:

1. la preparazione culturale come preparazione alla storia della salvezza in Gesù per tutti i popoli;

2. la nostra missione in quanto sacerdoti, religiosi, religiose e laici al servizio di Dio e della Chiesa;

3. l’Anno della Fede.

1. La preparazione culturale come preparazione alla storia della salvezza in Gesù per tutti i popoli

Una delle immagini più significative riproposta alla considerazione della Chiesa dal Concilio Vaticano II nella Lumen gentium è quella di ‘popolo di Dio’. Ciò implica una moltitudine di persone, una comune identità, una coscienza, quella di essere scelti da Dio per una missione.

Alla Chiesa, la consapevolezza di essere un popolo speciale e un popolo avente una missione le vengono dal Signore Gesù che parla con i suoi discepoli, li istruisce, li rende testimoni di parole e fatti e li invia. Ad essi affida poi l’organizzazione al fine di portare al mondo la rivelazione dell’amore di Dio ed offrire la grazia della vita nuova. Partendo per le strade del mondo, la Chiesa comprende sempre meglio la propria missione immergendosi nella storia, andando tra i popoli, superando le barriere del tempo e facendo di questa storia una storia di salvezza.

La Chiesa, pertanto, per l’assistenza dello Spirito Santo sviluppa una triplice dimensione: verso Dio, verso gli uomini e verso il futuro. Cioè una chiesa «aperta» a Dio, aperta agli uomini e aperta per il futuro di Dio tra gli uomini e degli uomini per Dio.

In questo suo essere, essa non riconosce altra fonte se non quella della Parola di Dio, perché non è possibile che vi siano settori della vita in cui noi apparteniamo non a Cristo, ma ad altri maestri. La mediazione di Cristo, la sua unica signoria devono essere l’unico e determinante elemento della vita e della missione della Chiesa. È alla luce di questa Storia della Salvezza di Dio con gli uomini, culminata nell’Incarnazione del Verbo, chela Chiesadeve procedere e realizzare la propria missione evangelizzatrice.

Ciò richiede che la Chiesa prepari i messaggeri della salvezza tenendo necessariamente presenti due poli, che fanno parte della stessa logica:

– la Parola Incarnata di Dio in Cristo, e

– la Storia dell’umanità, che il Concilio Vaticano II ha voluto racchiudere sotto la categoria biblico-evangelica di «segni dei tempi».

Riguardo al primo polo, la Parolaincarnata di Dio in Gesù di Nazaret: una preparazione spirituale e teologica della missione è possibile soltanto se risaliamo continuamente al fondamento della nostra fede: l’autocomunicazione di Dio in Gesù Cristo. La missione è la continuazione dell’Incarnazione, la fioritura sociale della Parola in un presente continuamente in evoluzione. Affermare che la Chiesa è essenzialmente missionaria non significa che la missione ha la Chiesacome centro, ma la Trinità. Lamissione è la Missio Dei e riguarda quel mondo situato extra Ecclesiam. È il mondo a cui Dio per amore si rivolge, che invita, come a Sichem, a prendere coscienza di sé, a cui offre un’acqua viva che estingue la sete, come bene ha illustrato il Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione e la trasmissione della fede nel suo Messaggio finale.

La formazione culturale deve condurre i futuri evangelizzatori ed operatori della Chiesa a studiare, contemplare, vivere secondo la Paroladi Dio, in vista dell’annuncio e del servizio. La scrutatio della Scrittura deve divenire la sorgente di tutti gli aspetti della preparazione culturale, intellettuale e morale perché ne è il principio fondante. La Scrittura parla di Cristo, il Figlio di Dio fatto uomo, attraverso il quale Dio stesso ha fatto irruzione nella storia per portare l’umanità al suo pieno compimento.

Tutti gli aspetti dell’evangelizzazione e del servizio ecclesiale – tipi di presenza, metodologia apostolica, impegno pastorale, servizio della carità, formazione umana e sociale dei popoli, ecc. – devono essere modellati sul paradigma del Verbo Incarnato. Questa è la via maestra, da cui ogni azione prende principio e compimento ed è alla luce di ciò che si potrà realmente realizzare un annuncio adeguatamente inculturato che permette al Vangelo di mettere radici o abitare tra gli uomini. Il che comporta un salto qualitativo nella formazione umana, spirituale, culturale e teologica di coloro che sono chiamati a svolgere servizio ed evangelizzazione tra il Popolo di Dio.

Quanto al secondo polo, ossia la storia dell’umanità che il Concilio Vaticano II ha voluto racchiudere sotto la categoria biblico-evangelica di «segni dei tempi», è chiaro, in particolare con riferimento all’esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi, che esiste uno stretto legame tra evangelizzazione e cultura. “Occorre evangelizzare – non in maniera decorativa, a somiglianza di vernice superficiale, ma in modo vitale, in profondità e fino alle radici – la cultura e le culture dell’uomo, nel senso ricco ed esteso che questi termini hanno nella Costituzione «Gaudium et Spes» (50), partendo sempre dalla persona e tornando sempre ai rapporti delle persone tra loro e con Dio” (EN 20).

E’ necessario fare sintesi tra «cultura, storia e fede», perché il messaggio della salvezza non mostra la sua «universale efficacia» se non operando a fondo, e non solo a livello epidermico, nel luogo culturale nel quale l’uomo concretamente e storicamente vive.

La formazione spirituale e culturale deve essere attenta alle istanze di una pedagogia della fede, che sappia tener conto della complessità della storia e dell’umanità, puntando alla qualità dell’identità cristiana in una concreta  esperienza ecclesiale.

2. La nostra missione in quanto sacerdoti, religiosi, religiose e laici al servizio di Dio e della Chiesa

La formazione culturale e teologica è in vista e in funzione dell’annuncio e del servizio alle giovani Chiese. Come ministri ordinati, come religiosi, religiose e come laici siamo per vocazione direttamente impegnati nell’evangelizzazione. Siamo chiamati a porci sulla linea della missione messianica di Cristo, in un mondo multietnico, multiculturale e multireligioso. La formazione, perciò, deve consistere in una preparazione alla missione nella duplice dimensione evangel
ica ed ecclesiale Dobbiamo superare quella che, a volte, è avvertita come schizofrenia tra teologia e vita, perché la teologia stessa appartiene all’esperienza fondante della Chiesa, è intrinseca all’approfondimento del mistero di Dio e di Gesù Cristo. È l’auto-comprensione stessa della Chiesa, è la coniugazione tra kerigma e dogma, tra comunicazione della fede e il vissuto del mistero di fede. Si tratta di prepararci a dare ragione della nostra fede a chiunque lo chieda, ma anche a chi non lo chieda, ad immettere il seme del Vangelo nelle culture, perché le purifichi e valorizzi le diversità, così comela Pentecoste, epifania dello Spirito, fu la celebrazione delle diversità culturali dei popoli, di tutti i popoli. C’è bisogno, dunque, di una preparazione adeguatamente culturale, che sia esistenziale ed essenzialmente finalizzata all’annuncio e al servizio delle nostre Chiese e comunità particolari, veramente significativi e operanti per tutti.

Oggi siamo posti davanti ad una situazione sociale, culturale e religiosa dell’umanità qualitativamente differente. La post-modernità in Occidente, la globalizzazione ovunque, il revival delle grandi religioni in Asia, le consuetudini tradizionali in Africa, esigono da noi una preparazione che ci metta in grado di comunicare il Vangelo in modo efficace e comprensibile nella sua novità e unicità. Queste sfide, è stato detto, non sono congiunture del tempo, perciò ci chiedono di essere attenti alla storia.

3. L’Anno della Fede e noi

<p>La realtà dell’annuncio, o del comunicare il Vangelo nel mondo contemporaneo, deve oggi costituire quasi una spina nel fianco del nostro modo di credere e di vivere la fede.

L’Anno della Fede, indetto dal Sommo Pontefice Benedetto XVI, deve portare, anche per la comunità universitaria, una riappropriazione della fede in Cristo Gesù, nella sua triplice valenza: a livello personale, in quanto uomini e donne che hanno ricevuto la fede e la vivificano per il proprio bene, a livello di insegnamento, come bene destinato ai nostri alunni che hanno chiaro il senso del loro studio e del tempo ad esso dedicato, a livello di prospettiva, in quanto destinati a divenire servitori della fede per ottemperare alla missione a cui Dio ci chiama e la Chiesaci destina. Solo se riempiti dall’amore di Cristo possiamo avviarci per le strade del mondo e proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra (cfr Mt 28,19). Solo se l’oggetto del nostro studio è Cristo e la sua rivelazione possiamo essere pronti per l’ufficio di evangelizzare e di servire. Solo se amiamo l’evangelizzazione possiamo essere pronti ad evangelizzare. Ecco l’indice esatto del nostro essere qui oggi e per questo nuovo anno accademico. Il missionario o l’evangelizzatore, se meglio si vuole, in realtà nasce dalla fede, vive per la fede, patisce e muore per la fede.

Chiediamo lo Spirito Santo, il solo che ci conduce alla conoscenza profonda di Cristo. Sia Lui ad ispirarci e ad assisterci, perché possiamo rispondere con entusiasmo e generosità, alle grida di aiuto che ci giungano dai diversi angoli della terra, come dice la Lettera Apostolica Porta Fidei  “per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza” (PF, 2).  Maria, madre e maestra, ci assista e ci accompagni in questo anno.

Concludo augurando a tutti un fruttuoso lavoro ed assicurando che la Congregazione seguirà con ogni cura il lavoro prezioso di questa Istituzione culturale che rende a Dio, alla Chiesa e al mondo.

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ZENIT Staff

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