"Solo la Fede è fonte di sapienza autentica"

Spunti per l’omelia a cura della Congregazione per il Clero per la XXIII domenica del tempo ordinario – C

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Citazioni:

Sg 9,13-19:  www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9audxui.htm 
Phm 9-10; 12-17: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9amn3da.htm
Lc 14,25-33: www.clerus.org/bibliaclerusonline/it/9bgvuvn.htm   

La prima lettura di questa domenica riecheggia il Salmo 8: “O Signore, nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra: che cosa è l’uomo perché te ne ricordi e il figlio dell’uomo perché te ne curi? Eppure l’hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato”. Ma essa ci ricorda anche il profeta Isaia, lì dove avverte da parte di Dio: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri (Is 55,6-9).

L’uomo è creato grande da Dio, ed è come un collaboratore di Lui, ma la sua sapienza è limitata. Egli può elevarsi ad altissime conoscenze, ma non può penetrare nel profondo della sapienza divina. Senza il dono dello Spirito, dato e rivelato attraverso la Scrittura e la Tradizione, egli non può giungere alla pienezza della verità. È vero che anche fuori dalla Fede ci sono elementi di verità, ma sono come semplici riflessi della vera Fede e ad essa orientati.

La cultura scientifica e tecnica, così come la filosofia, meritano il nostro apprezzamento, ma non andranno a buon fine senza essere orientati dalla luce del piano di salvezza di Dio per l’uomo. E tale piano può essere conosciuto grazie alla Chiesa, maestra di saggezza, chiamata ad annunciarlo a tutte le genti. Esiste una vera ed una falsa sapienza, che sono facilmente individuabili dal loro rapporto con la Bibbia, il Magistero, gli esempi dei Santi, la preghiera e l’umiltà. Grazie allo Spirito Santo possiamo fare il discernimento necessario distinguendo il bene dal male, ed il bene momentaneo da quello eterno. La sapienza umana possiede molti aspetti positivi, ma non è libera dalla menzogna e dall’errore, oltre che dall’illusione. Solo la Fede è fonte di sapienza autentica; invece coloro che hanno rigettato la Parola del Signore quale sapienza possono avere? (cfr Ger 8,9) Proprio perché la sapienza è dono di Dio, dobbiamo chiederla e accoglierla con umiltà, perché il Signore si lascia trovare da coloro che non ricusano di credere in Lui. (cfr Sap 1,2)

D’altra parte, il Salmo 126 è chiaro: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori. Se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella. Invano vi alzate di buon mattino e tardi andate a riposare, voi che mangiate un pane di fatica: al suo prediletto egli lo darà nel sonno”. Lo stesso Apostolo delle genti afferma che la sua predicazione non si è basata su discorsi persuasivi di sapienza umana ma sulla manifestazione dello Spirito (cfr 1Cor 2, 1-6).

Anche il brano del Vangelo di Luca ci parla della sapienza che deriva dall’incontro con Cristo, che è personalmente la Sapienza incarnata per la quale vale la pena di sacrificare ogni altro affetto, anche legittimo. Gesù non chiede certo ad alcuno di odiare i parenti, ma di premettere ad essi la sua sequela: con il linguaggio di sant’Ignazio negli Esercizi Spirituali, potremmo usare il concetto di magis, dove non si tratta di scegliere tra il bene e il male, ma tra un bene minore ed uno maggiore, tra un bene particolare ed uno universale. Gesù non ha mai addolcito le esigenze della sequela per favorire le masse, e puntare sul numero. Ad ognuno chiede: “amice, ad quid venisti?” (Mt 26,50). “Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui. Perciò Gesù disse ai dodici: Volete andarvene anche voi?” (Gv 6, 66-67) Gesù non si fa complice della nostra debolezza ma ci vuole coinvolgere nelle esigenze della sua generosità, con grande magnanimità. “Dio ama chi dona con gioia” (2Cor 9, 7)

Il Vangelo di questa domenica ci mostra come il Signore colga l’uomo nella sua vita reale, nell’ambito più intimo delle sue relazioni familiari, ma come al tempo stesso proponga un legame di gran lunga superiore agli affetti naturali e parentali. Termini come padre, madre, fratello, in Cristo assumono una pregnanza assai più ricca di quella naturale. Il Vangelo non distrugge ma va oltre i legami umani, in una sublimazione rispettosa del modello umano.

L’esigenza di Cristo non è mai disumana e non eccede le nostre forze, ma non va isolata dal suo contesto di Fede e di Amore. La stessa croce va compresa in prospettiva del magis, del bene superiore. San Vincenzo de’ Paoli diceva che nessun vero bene si fa senza soffrire, e santa Teresa di Lisieux insegnava che l’amore non vive che di sacrifici. Qual è l’amore che non ricorre al linguaggio del sacrificio? Il sacrificio è la prova e l’espressione del vero amore.

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ZENIT Staff

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