Solo la Chiesa di Benedetto e di Francesco può salvarci dal pessimismo

Coloro che cedono al falso pessimismo rispetto all’essere, alla vita, alla Chiesa, finiscono con il cadere in un falso ottimismo moralistico

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Il ministero di Papa Francesco è iniziato allo stesso modo di come è terminato quello di Benedetto XVI. La continuità fra i due è evidente non solo rispetto all’umiltà, allegria, ottimismo e fede che li caratterizza, ma anche rispetto all’analisi di qualcosa caratterizzante la cultura attuale: il pessimismo.

Nell’ultimo incontro di Benedetto XVI con i seminaristi romani, il Papa emerito ha detto che la Chiesa ha il compito di combattere tanto il falso pessimismo quanto il falso ottimismo, riferendosi all’affermazione secondo cui l’epoca del Cristianesimo sarebbe sorpassata e facendo anche riferimento alla posizione di alcuni che vedendo parrocchie e seminari chiusi ritengono che vada tutto bene. Invece la ragione illuminata dalla fede ci lascia vedere che il futuro è nelle mani di Dio, il futuro è dei Cristiani. Papa Francesco, a sua volta, ha detto nel suo primo discorso che la Chiesa “non può cedere al pessimismo, a quell’amarezza che il diavolo ci offre ogni giorno” (1).

Il falso pessimismo si riferisce non soltanto alla vita ecclesiale, quanto anche alla sua presenza come concetto in gran parte della filosofia moderna e in quella chiamata “post-modernità” (2). Questa sarebbe una forma di reazione al falso ottimismo di certa modernità, convinta di vivere “nel miglior dei mondi possibili” (Leibnitz) e convinta del progresso cominciato ma ancora limitato. E il progresso sarebbe opera di una ragione autonoma che, in modo indipendente dalla tradizione, illuminerebbe la vita sociale, producendo un benessere progressivo.

Il risultato di tutto ciò non è stato solo l’avanzamento scientifico e tecnologico in vari settori, ma anche delle ideologie, ossia, dei sistemi di pensiero che pretendono possedere una verità totale a partire da cui poter interpretare e trasformare tutta la società, indipendentemente dalla cultura giudaico-cristiana. Le differenti ideologie non produrranno una società perfetta, un paradiso sulla terra, quanto invece le terribili guerre mondiali con i milioni di morti e con la conseguente miscredenza nel potere della ragione di raggiungere la verità per organizzare la vita sociale. È caduto così il mito del progresso illimitato e con esso il falso ottimismo.

A seguito di questa delusione è sorta la “post-modernità” che possiede una relazione ambivalente con la modernità. Da un lato accetta l’ideale di autonomia della ragione rispetto alla cultura giudaico-cristiana; dall’altro lato critica però la certezza moderna di conseguire una verità assoluta, di stabilire regole universali di comportamento, cadendo così nel più profondo pessimismo(3). Se la modernità avesse una fiducia assoluta nella ragione, in grado di ordinare la natura, considerata “materia caotica” e non piuttosto “Creazione di Dio” (4), la post-modernità cede al nichilismo. L’essere (e la vita) in quanto tale è male, disordinato, e la ragione umana non può trovarvi alcun senso. Viviamo, cioè, nel peggior mondo possibile.

Colui che vive secondo la mentalità “post-moderna” analizza la vita della Chiesa con gli occhi annebbiati dal pessimismo. In tal modo tutto quanto accade nella Chiesa per forza di cose deve essere erroneo e cattivo. Questa visione diviene popolare, purtroppo, grazie a importanti mezzi di comunicazione di massa, i quali accentuano puntualmente scandali (in una comunità di oltre 1,2 miliardi di persone gli scandali sono inevitabili), lasciando però cadere un pesante silenzio su tutto quanto è positivo.

Per questo non interessa che la Chiesa Cattolica aumenti di 15 milioni di fedeli ogni anno (4); neppure è importante che più di 100.000 cristiani vengano assassinati ogni anno a causa della propria fede (5). Neppure ha importanza che la Chiesa Cattolica contribuisca nel mondo con oltre 5.300 ospedali (di cui 1150 in Africa), 18.000 mense per i poveri, 500 lebbrosari, 17.000 ospizi e residenze per anziani e malati cronici, 9.800 orfanotrofi, 34.000 centri di educazione o rieducazione sociale. Per chi vive da pessimista è meglio pensare all’anello del Papa, come se lo avesse rubato, e dimenticare che la Chiesa Cattolica sia la maggior istituzione di carità al mondo. come disse una volta Benedetto XVI: “un albero che cade fa più rumore di tutto un bosco che cresce”.

Pertanto è interessante che molti di coloro che cedono al pessimismo falso rispetto all’essere, alla vita della Chiesa, finiscano poi per cadere in un falso ottimismo rispetto alla moralità. Essi sono gli stessi che poi criticano la vita morale dei cristiani con argomentazioni capziose o partendo proprio da basi che riflettono valori cristiani: “se Cristo è stato povero, perché i cristiani non lo sono?”. “Se Cristo è stato casto, perché tutti i sacerdoti non lo sono?” etc. Al tempo stesso, sono gli stessi che giudicano ogni tipo di comportamento in egual misura buono e lecito: la morale cristiana serve solo ad accusare i cristiani, ma non per essere presa sul seria e vissuta pienamente.

La conclusione cui giungono queste stesse persone è che la Chiesa dovrebbe essere più “attuale”, più “aperta al mondo moderno”, come se la modernità non fosse stata superata già da molto tempo(6). Così dunque un falso pessimismo rispetto alla bontà dell’essere, della vita, delle religioni si accompagna ad un falso ottimismo morale, o moralistico. Tutto dovrebbe essere permesso, basta che si viva in maniera spontanea alla ricerca di una felicità che, in fondo, non esiste.

Curioso è che le sfide attuali sono le stesse dell’epoca di San benedetto e di San Francesco d’Assisi, loro lottarono culturalmente contro il manicheismo e la dottrina dei catari e albigesi i quali negavano Dio creatore di tutte le cose, che tutte le cosse fossero e siano buone e negavano anche la sua trascendenza rispetto al mondo. A tutto ciò quei santi risposero con il fatto che il Cristianesimo afferma la bontà dell’essere, della materia, poiché tutto fu creato da Dio che è Padre e che ha mandato nel mondo suo Figlio fatto uomo per redimere il mondo.

Da questa fede nasce un vero ottimismo che vede il mondo come un’opera uscita dalle mani di Dio, e comunque sempre governata da Lui. Il mondo inteso come “creazione” è dotato di senso e deve essere coltivato, non sfruttato (7). Similmente la modernità identifica il mondo con Dio (Deus sive natura), fomentando così un falso ottimismo; oppure la post-modernità separa il mondo da Dio, facendo scaturire un falso pessimismo.

Per questo unicamente la Chiesa di Benedetto e di Francesco è in grado di risvegliare l’uomo dalle illusioni che egli stesso ha creato. Il mondo non s’identifica in Dio, il progresso non è l’opera necessaria di uno Spirito o di una Materia Assoluta (idealismo, manicheismo, marxismo); dall’altro lato il mondo non è un capolavoro che giunge dal nulla, senza senso (nichilismo). Il mondo è un’opera uscita dalle mani di Dio, e la Chiesa è preposta a diffondere il messaggio di redenzione alla nostra cultura, salvando questa nostra cultura tanto dal falso ottimismo quanto dal falso pessimismo.

* Padre Anderson Alves, sacerdote della diocesi di Petrópolis – Brasile. Dottorando in Filosofia nella Pontificia Università della Santa Croce a Roma.

NOTE

1. Cfr. http://www.news.va/pt/news/papa-francisco-aos-cardeais-nao-ceder-ao-pessimism

2. Il falso pessimismo e il falso ottimismo sono stati analizzati filosoficamente dal filosofo francese Rémi Brague (1947), vincitore del premio Ratzinger 2012. Cfr. R. Brague, Ancore nel cielo. L’infrastruttura metafisica, Vita e Pensiero, Milano 2011.

3. L. Romera,  La fede cristiana di fronte alle sfide della cultura contemporanea, «Synesis» v. 4, n. 2 (2012) http://seer.ucp.br/seer/index.php?journ
al=synesis&page=article&op=view&path%5B%5D=269&path%5B%5D=176

4. Cfr. R. Guardini, Mondo e persona, Saggio di antropologia cristiana, Morcelliana, Brescia 2007.

5. Cfr. http://www.fides.org/es/news/34300?idnews=34300&lan=spa#.UUykaRxhXst

6. Cfr. http://www.cesnur.org/2011/mi-cri.html

7. Importanti sociologi della modernità (E. Durkheim, M. Weber) hanno inteso la modernità come un processo necessario di secolarizzazione. Quanto più moderne siano le società, tanto più irrilevanti diverrebbero le religioni per la vita pubblica. Attualmente si constata sempre maggior importanza della religione nelle società tanto che J. Habermas parla adesso di “società post-secolare”.

8. Nella modernità nasce la crisi ecologica, giacché si pensa alla natura come ad un meccanismo che deve essere ordinato e sfruttato dall’uomo. la visione cristiana invece considera il mondo come creazione di Dio, creazione che deve essere rispettata e coltivata.

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ZENIT Staff

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