Siria: cresce la preoccupazione per le 52 famiglie cristiane rapite

Intanto i jihadisti continuano ad occupare chiese per trasformarle in moschee e diffondono un video di un altro baby killer

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Cresce l’apprensione per le centinaia di persone rapite il mese scorso dai jihadisti dello Stato Islamico, nel nord della Siria. Tra queste almeno 52 famiglie cristiane dei villaggi della valle del Khabur, in parte ancora nelle mani dei loro sequestratori. Le trattative per la loro liberazione “si erano concluse giorni fa”, ha riferito ieri il nunzio apostolico in Siria, mons. Mario Zenari, ai microfoni della Radio Vaticana.

“Il rilascio per gruppi doveva avvenire nel giro di 5 giorni. Ma gli ultimi tre autobus prima di arrivare a destinazione e sempre scortati dall’Isis sono stati presi di mira in una imboscata e da quanto è a mia conoscenza hanno anche preso in ostaggio altre persone di altri tre villaggi per coprirsi la ritirata”, ha aggiunto il presule.

La sorte dei sequestrati appare legata anche all’evoluzione degli equilibri militari nella regione. “Abbiamo dei segnali che l’esercito sta per attaccare la regione che si trova a sud di Qamishli e ad est di Hassakè, controllata dai jihadisti dello Stato Islamico”, riferisce all’agenzia Fides l’arcivescovo Jacques Behnan Hindo, a capo dell’arcieparchia siro-cattolica di Hassakè-Nisibi.

“Se l’operazione militare avrà effetto – aggiunge – potrebbero poi andare a liberare i villaggi della valle del Khabur da dove sono fuggiti gli assiri e puntare in seguito a Sheddadi, che è una roccaforte del Daesh (acronimo arabo usato per indicare l’Is, ndr)”.

In questa situazione incerta, l’arcivescovo Hindo riferisce che non ci sono notizie recenti attendibili su una loro possibile liberazione, e che ogni indiscrezione al riguardo va verificata con cura. “Avevamo chiesto di liberare almeno i ragazzi e le donne, ma finora ciò non è accaduto. Il vescovo assiro mi ha detto: dirò che sono certo della loro liberazione solo quando li vedrò arrivare davanti alla porta della chiesa”.  Al momento, sono stati liberati soltanto 23 delle centinaia di cristiani presi in ostaggio. 

I miliziani dell’Isis, poi, oltre a distruggere preziosi siti archeologici, continuano ad occupare chiese cristiane per trasformarle in moschee. Nel luglio scorso, avevano rimosso la croce sovrastante la cupola della chiesa siro ortodossa di Sant’Efrem a Mosul sostituendola con gli altoparlanti adatti a richiamare i musulmani alla preghiera. E secondo alcune fonti locali, citate dal sito Baghdadhope, la trasformazione di quella chiesa in moschea starebbe continuando. La struttura della facciata della chiesa, costituita da una croce alta sedici metri, è stata infatti nascosta da un lungo drappo nero.

Sorte peggiore sarebbe invece toccata alla grande croce che costituiva la facciata del monastero di San Giorgio, sempre a Mosul, distrutta dai terroristi che già ne avevano cancellato la croce sulla cupola trasformandolo in centro di detenzione e che avrebbero ora devastato anche il cimitero attiguo al monastero. 

Intanto è stato diffuso oggi un ennesimo video che vede un minore protagonista di una efferata violenza. Questa volta si tratta di un bambino francese che uccide a colpi di pistola una presunta spia del Mossad, il palestinese Mohammad Ismail.  

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ZENIT Staff

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