Sindone: fede e scienza continuano ad interrogarsi (Terza parte)

Il prof. Bruno Barberis fa il punto sul mistero del telo

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di Maria Chiara Petrosillo

ROMA, domenica, 10 giugno 2012 (ZENIT.org).- La prima e la seconda parte dell’intervista al Prof. Bruno Barberis, Direttore del Centro Internazionale di Sindonologia, sono state pubblicate rispettivamente venerdì 8 e sabato 9 giugno.

Ma sono poi veramente in antitesi i due modi di rapportarsi all’immagine?

Personalmente ritengo che i due tipi di approccio siano non solo compatibili, ma anzi tra loro complementari, costituendo le due parti, entrambe indispensabili, di una corretta, efficace e completa presentazione della Sindone. Essi possono benissimo coesistere a patto che ne vengano rispettati i diversi piani di competenza e non si voglia a tutti i costi mescolarli forzando le conclusioni senza rispettarne le peculiarità. A tale proposito è importante ricordare, a scanso di equivoci, che la fede cristiana non si fonda né si fonderà mai sulla Sindone. Più volte mi sono sentito chiedere da giornalisti e intervistatori che cosa ne sarebbe stato della mia fede nel caso in cui venisse dimostrata la non autenticità della Sindone e ovviamente ho sempre risposto che non sarebbe cambiato assolutamente nulla. La fede cristiana si basa su ben altri presupposti, ma la Sindone può esserne un valido supporto se vista come un prezioso strumento che, mediante il linguaggio dell’immagine, contribuisce alla riflessione sul pilastro portante della fede: la passione, morte e risurrezione di Cristo.

A tutti coloro che si pongono di fronte alla Sindone liberi da preconcetti e da pregiudizi una presentazione corretta dà la possibilità di percorrere un prezioso cammino di riflessione alla scoperta del mistero della passione di Gesù, narrata in forma letteraria dai testi evangelici. Tale percorso ha bisogno di essere sostenuto sia dalle conferme e dalle scoperte che provengono dagli studi scientifici dell’impronta sindonica, sia da quella riflessione che consente di andare oltre all’immagine per cogliere nella sua interezza il messaggio di salvezza e di redenzione donatoci dalla sofferenza di Cristo nel lungo e doloroso cammino della sua passione. La Sindone ha pertanto assolutamente bisogno di essere studiata e capita seguendo entrambi gli approcci: quello della scienza e quello della fede. Altrimenti sarà impossibile coglierne ed approfondirne appieno il profondo messaggio.

La Sindone può essere oggetto di dialogo multiconfessionale?

La mia risposta è senza alcun dubbio positiva. Non dovrebbe stupire nessuno il fatto che all’argomento Sindone s’interessino uomini e donne non solo appartenenti alle varie confessioni cristiane, ma anche di religioni diverse o dichiaratamente atei. La storia, anche quella recentissima delle ultime Ostensioni, è piena di tali esempi. Durante l’ostensione del 2010 mi è capitato di discutere a lungo e in modo assai costruttivo con un gruppo di musulmani arrivati a Torino appositamente per vedere la Sindone: per me è stata un’esperienza indimenticabile. Così come le conferenze che ho tenuto nel 1998 in Danimarca e in Finlandia dialogando con uomini e donne luterani molto interessati alla Sindone e al suo messaggio, oppure nel 1999 in Corea del Sud. Queste esperienze hanno confermato ulteriormente una convinzione che da tempo avevo in cuore, generata da numerosi fatti e incontri vissuti in prima persona o a me raccontati. La convinzione che il messaggio che trasmette l’immagine della Sindone è veramente universale e parla a uomini e donne di ogni razza e religione. Non ho dubbi sul fatto che ogni pellegrino che nelle recenti ostensioni è sfilato di fronte alla Sindone è tornato a casa spiritualmente più ricco e più maturo e difficilmente dimenticherà quell’immagine inquietante che parla in modo così eloquente agli uomini di ogni epoca, cultura, religione e razza. Ecco perché sono perfettamente d’accordo con Mechthild Flury Lemberg, l’esperta svizzera di tessuti antichi di confessione luterana che nel 2002 ha cucito la Sindone sul suo nuovo supporto, che in un’intervista ha definito l’immagine sindonica “un prezioso strumento che può favorire il dialogo ecumenico”. La Sindone c’è; è lì, di fronte a tutti gli uomini, senza alcuna eccezione. A noi il compito di non sprecare il suo preziosissimo messaggio, prodigandoci per fare in modo che tutti gli uomini possano vederla e conoscerla a fondo.

La Sindone è stata definita dai Pontefici “provocazione all’intelligenza”, “specchio del Vangelo”, “icona del Sabato Santo”. Qual è la sua personale definizione?

Una delle caratteristiche tipiche della Sindone è quella di essere stata definita in decine di modi diversi. Segno delle molteplici sfaccettature sotto le quali è possibile leggere quest’immagine unica e irripetibile. Non esiste una definizione più significativa delle altre perché tutte contribuiscono a definirne un aspetto fondamentale. Tra le tante mi piace ricordare quella che definisce la Sindone “un’immagine inspiegabile”, perché sottolinea un fatto realmente sorprendente: tutte le teorie proposte fino ad oggi per tentare di spiegare la modalità di formazione dell’immagine sindonica, pur interessanti di per sé, sono sempre risultate carenti perché sono state corredate da verifiche sperimentali che hanno evidenziato sulle immagini ottenute caratteristiche fisico-chimiche molto diverse da quelle possedute dall’immagine sindonica. Il processo che ha causato la formazione dell’immagine sindonica rimane pertanto ancora non noto e per tentare di giungere alla sua identificazione saranno necessari ulteriori studi sia teorici sia sperimentali. 

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ZENIT Staff

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