Sindone: fede e scienza continuano ad interrogarsi (Seconda parte)

Il prof. Bruno Barberis fa il punto sul mistero del telo

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di Maria Chiara Petrosillo

ROMA, sabato, 9 giugno 2012 (ZENIT.org).- La prima parte dell’intervista al Prof. Bruno Barberis, Direttore del Centro Internazionale di Sindonologia, è stata pubblicata ieri, venerdì 8 giugno.

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Alla luce della sua esperienza, la scienza e la fede sono in dialogo o in conflitto?

Il tema del rapporto scienza-religione o ragione-fede è estremamente attuale in quanto la nostra epoca è caratterizzata spesso da evidenti contraddizioni e contrapposizioni su tali temi. La diffusione di internet, i dibattiti televisivi, gli articoli sui giornali hanno notevolmente contribuito a diffondere tali tematiche anche tra persone che non se ne sono mai occupate espressamente o che difficilmente leggerebbero libri in proposito. Si registra però anche il forte rischio di una diffusa cattiva informazione anche perché molto spesso coloro che sono chiamati ad esprimersi su tali argomenti sono tutt’altro che esperti e sovente non brillano né per obiettività né per rigore metodologico. Si assiste così spesso a dibattiti-scontri nei quali si sostengono teorie ed opinioni aprioristiche e dove la serietà ed il rigore dei ragionamenti e delle deduzioni sono quasi sempre assenti.

Raramente si assiste a serie riflessioni su questi due mondi – quello della scienza e quello della fede – e sulle loro peculiarità, allo scopo di far chiarezza e di verificare se esiste una reale possibilità di dialogo costruttivo e di integrazione. Qui sta infatti il punto essenziale: è vero, come sostengono alcuni, che scienza e fede non possono che essere incompatibili? È vero che le scoperte scientifiche possono mettere l’uomo in grado di conoscere tutta la verità sulla propria esistenza e sul significato di tutto ciò che ci circonda e che pertanto la fede può al più essere relegata ad un fatto puramente soggettivo e privato?

Uno studioso americano, Ian Barbour, ha ipotizzato quattro diverse tipologie di possibili relazioni tra scienza e fede: il conflitto, l’indipendenza, il dialogo e l’integrazione. Oggi sembra che a prevalere siano le prime due, ma viene da chiedersi se non sia possibile un proficuo e costruttivo dialogo, anzi una vera e propria integrazione dei due saperi in una prospettiva interdisciplinare. Sono domande e problematiche che ci riguardano come membri della società in cui viviamo, ma anche e soprattutto come singoli individui e che non possono non indurci a riflettere seriamente perché sono alla base del nostro essere uomini e la domanda sul significato ultimo del nostro esistere in questo immenso universo che ci circonda è ineludibile e fondamentale.

Uno studioso che è spesso intervenuto sull’argomento è il professor Joseph Ratzinger, l’attuale Papa Benedetto XVI, in numerosi libri, documenti ufficiali e discorsi. I più significativi di questi interventi sono raccolti in un bel volume di Umberto Casale, che si intitola “Fede e Scienza. Un dialogo necessario”. Tra gli interventi del Papa vorrei ricordare la bella conferenza tenuta a Torino al Teatro Regio il 12 giugno 1998 in occasione del suo pellegrinaggio alla Sindone. L’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede disse tra l’altro: «Se l’uomo non può più interrogarsi ragionevolmente sulle cose essenziali della sua vita, sulla sua origine e sul suo destino, su quello che deve e può fare, sulla vita e sulla morte, ma deve lasciare questi problemi decisivi a un sentimento separato dalla ragione, allora egli non innalza la ragione, ma le toglie dignità. La disintegrazione dell’uomo, così introdotta, fa insorgere allo stesso tempo la patologia della religione e la patologia della scienza». E aggiungeva: «Non c’è alternativa: ragione e religione devono ritornare insieme, senza dissolversi l’una nell’altra. […] È in questione l’uomo, è in questione il mondo».

Personalmente non ho mai pensato che fra scienza e fede vi possa essere alcun tipo di incompatibilità, a patto che vi sia sempre rispetto reciproco tra i rispettivi ambiti. La scienza è fonte di valori che sono in comunione e non in antitesi con quelli della fede; in ogni settore della scienza l’uomo, grazie ai suoi studi e alle sue ricerche ha progressivamente preso coscienza di essere depositario di un privilegio unico: quello di essere in grado di decifrare la logica dell’Universo, cioè della realtà in cui viviamo. D’altra parte la scienza non può condurre alla dimostrazione dell’esistenza di Dio ma neppure alla dimostrazione della sua non esistenza. La scienza può occuparsi solo della realtà immanente ovvero dei fenomeni che accadono in natura. La fede è un dono di Dio e ci permette di penetrare nel mondo del trascendente nel tentativo di comprenderlo e di coglierne il senso.

Famose sono le espressioni con le quali Galileo Galilei espresse chiaramente la suddivisione di compiti tra scienza e fede e la loro complementarietà: «L’intenzione dello Spirito Santo è quella di insegnarci come si vada in cielo, non come vada il cielo»; «La Sacra Scrittura e la natura procedono di pari dal Verbo divino, quella come dettatura dello Spirito Santo e questa come osservantissima esecutrice degli ordini di Dio».

Se leggendo i primi capitoli della Genesi pretendessimo di trovarvi una descrizione scientificamente corretta della formazione dell’Universo e dello sviluppo della vita sulla Terra, commetteremmo un grave errore di valutazione, visto che tali testi rappresentano una stupenda riflessione teologica scritta da autori vissuti molti secoli prima di Cristo e non un trattato di cosmologia. «Scienza e fede sono entrambe doni di Dio» disse Giovanni Paolo II ad un convegno di scienziati; ed entrambe hanno le loro radici in un meraviglioso dono che il Creatore ha fatto all’uomo: la ragione. Scienza e fede sono pertanto entrambe indispensabili affinché l’uomo possa progredire nella conoscenza in modo completo, sviluppando tutto il suo essere e non soltanto una parte di esso.

Anche la lettura, lo studio e la meditazione dell’immagine visibile sulla Sindone di Torino conducono sostanzialmente a due livelli di riflessione. Da un lato lo studio dell’immagine presenta un altissimo interesse dal punto di vista scientifico. Soprattutto in questi ultimi quarant’anni gli scienziati hanno cercato di comprenderne a fondo le caratteristiche e l’origine, avviando studi nei più disparati settori della scienza: fisica, chimica, biologia, informatica, medicina legale, statistica, ecc. In questi anni la Sindone è stata pertanto al centro di un ampio, articolato e acceso dibattito scientifico a livello multidisciplinare.

D’altra parte la tradizione ha sempre identificato la Sindone con il lenzuolo funebre di Gesù di Nazaret e in tempi più recenti tale identificazione si è avvalsa dei moderni studi esegetici, con risultati rilevanti. Ciò ha ovviamente interessato il campo della fede cristiana, aprendo così un acceso dibattito sul rapporto tra Sindone e fede. Le recenti ostensioni della Sindone (1998, 2000 e 2010) hanno ulteriormente contribuito a mettere in evidenza il significato pastorale e spirituale della Sindone.

I due modi di intendere la ricerca sulla Sindone si sono naturalmente spesso incontrati e scontrati, dividendo a volte sia gli addetti ai lavori sia la gente comune: Sindone oggetto di fede e di venerazione o oggetto di interesse scientifico e di studio? Sovente in questi ultimi anni le due modalità di approccio alla Sindone sono state contrapposte, come se l’una escludesse necessariamente l’altra, in quanto incompatibili tra di loro. Si è sviluppato così un dibattito notevolmente animato, forse come non mai in passato, favorito sia dai moderni mezzi di comunicazione sia dal grande interesse suscitato a livello mondiale dalle ultime ostensioni.

Porre in antitesi l’approccio scientifico a quello religioso è assai pericoloso perché da un lato si ris
chia di ridurre la Sindone ad un “oggetto morto”, ad un’immagine che ha significato solo in sé e per sé e che non interpella affatto la nostra vita e dall’altro di trasformare la Sindone in una specie di idolo asservito a tesi aprioristiche e strumentali. Sono profondamente convinto che affidare la presentazione della Sindone ad un approccio esclusivamente scientifico oppure esclusivamente pastorale non sia né corretto né utile per nessun tipo di destinatario.

(Pubblicheremo la terza ed ultima parte domani, domenica 10 giugno)

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ZENIT Staff

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