"Siamo nell'età dell'oro del papato"

Padre Robert Barron, fondatore di Word on Fire, riflette sull’eredità dei nuovi santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II

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Domenica scorsa, festa della Divina Misericordia, alla presenza di papa Francesco, del suo predecessore Benedetto XVI e di centinaia di migliaia di pellegrini da tutto il mondo, la Chiesa ha celebrato la canonizzazione di San Giovanni XXIII e di San Giovanni Paolo II.

Nelle settimane che hanno preceduto l’evento, i fedeli sono stati invitati a ricordare gli esempi di santità dimostrati da questi due successori di Pietro.

Padre Robert Barron è rettore del Seminario Mundlein dell’Arcidiocesi di Chicago ed è il fondatore dell’iniziativa online Word On Fire Catholic Ministries. Durante la sua permanenza a Roma nei giorni scorsi, il sacerdote americano si è intrattenuto con ZENIT per parlare dei due nuovi santi.

Cosa possiamo imparare da Giovanni XXIII e da Giovanni Paolo II in fatto di santità? Ovviamente, entrambi hanno vissuto delle vite eccezionali, in quanto papi. Al tempo stesso, però, non tutti i papi sono santi…

Padre Barron: …e non tutti i santi sono papi. Per diventare un santo, bisogna essere una persona dalle virtù eroiche. Abbiamo a che fare con figure storiche ma se fosse questo il principale requisito per la santità, allora, ad esempio, il Piccolo Fiore (Santa Teresa di Lisieux, ndr) non sarebbe mai diventata una santa.

Ciò che rende santi è l’essere dotati di virtù eroiche. Guardiamo alle virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza. E alle virtù teologali: fede, speranza e carità. La Chiesa afferma che questi uomini esemplificano queste virtù in modo eroico.

Si pensi a Giovanni XXIII che salvò 24mila o 25mila ebrei durante il nazismo, mettendo a repentaglio la sua stessa vita. La giustizia e la fortezza sono decisamente in primo piano in questa circostanza.

Si pensi all’impegno di Giovanni Paolo II per la giustizia, di cui è uno dei grandi portavoci del XX secolo. Ha dimostrato un coraggio straordinario: da giovane durante l’occupazione nazista, da sacerdote con i comunisti, andando in Polonia da papa e dicendo la verità in mezzo all’oppressione.

Anche per Giovanni XXIII la speranza è importante. Ritengo che la convocazione del Concilio sia stato un grande atto di speranza.

Egli era uno storico della Chiesa, pertanto comprendeva molto chiaramente il lato oscuro della storia della Chiesa ma sapeva anche che essa era guidata dallo Spirito Santo. Disse che il Vaticano II sarebbe stato una “nuova Pentecoste”. Credo che nel 1962, la sua invocazione dello Spirito Santo, fatta con grande fiducia, sia stata un segno della sua spiccatissima virtù della speranza.

Pensiamo poi a Giovanni Paolo II e alla carità. A mio avviso tra migliaia di anni, si racconterà la storia di Giovanni Paolo che perdona il suo attentatore. Può esserci un atto d’amore più straordinario?

In tutte queste maniere, questi papi esemplificano questa virtù eroica.

Ritiene significativo il fatto che siano stati canonizzati insieme?

Padre Barron: Sì, ritengo questa canonizzazione simultanea sia stata significativa e che abbia molto a che fare con il Vaticano II. Giovanni XXIII convocò il Concilio che è stato il più grande evento per la Chiesa Cattolica nel secolo scorso. Giovanni Paolo vi fu presente come giovane vescovo, poi elevato ad arcivescovo, contribuendo alla stesura di alcuni documenti. Successivamente, come papa, impresse la definitiva interpretazione del Vaticano II. Non so cosa papa Francesco abbia in mente ma immagino veda entrambi questi suoi predecessori come delle grandi figure conciliari.

Abbiamo avuto centinaia di migliaia di pellegrini giunti a Roma per testimoniare la canonizzazione dei due papi. Taluni hanno criticato il trattamento da “celebrità” loro riservato, in particolare a Giovanni Paolo II. In base a ciò che lei ha visto di questi pellegrini, cosa direbbe che sta succedendo? Hanno reagito come di fronte ad una celebrità oppure vi è qualcosa di più profondo?

Padre Barron: Credo sia qualcosa di profondo. Giovanni Paolo II era una celebrità e, nel suo tempo, lo fu anche Giovanni XXIII. Ciò, in sé, non è necessariamente un male. Erano ben conosciuti e carismatici, in particolare Giovanni Paolo II, uomo di grande teatralità, che sapeva come galvanizzare la folla.

Tuttavia credo davvero che la gente risponda a qualcosa che va molto oltre. Di santità il mondo ha un grande bisogno. Il mondo è, per molti versi, un luogo oscuro in cui i santi sono autentici sprazzi di luce da cui la gente è attirata.

È stato impressionante vedere i ritratti di entrambi i papi con l’aureola. Ciò che mi colpisce di più di un’aureola è che essa sia una luce. È un faro, è un segno. Sono luci nel buio ed è questo che tocca di più la gente.

Un’obiezione frequente alla canonizzazione è stata il fatto che la Chiesa abbia dichiarato santo Giovanni Paolo II, nonostante egli abbia commesso degli errori nel suo pontificato, in particolare riguardo ai casi di abuso sessuale. Come possiamo riconciliare questa dichiarazione di santità nel contesto di questi errori?

Padre Barron: Canonizzare qualcuno non significa dire che ogni giudizio sia stato quello corretto. Credo che lei possa sottolineare che vi sia stato un lato oscuro nel papato di Giovanni Paolo II, una certa inazione, per così dire, riguardo ai casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti – certamente riguardo al caso di padre Maciel – e alla lentezza con cui vi ha risposto. Non esiterei a dire che si tratta di un aspetto negativo del suo pontificato.

Ma dire che uno è un santo non significa che ogni sua mossa sia giusta, che sia infallibile o che ogni suo giudizio prudenziale sia quello giusto. Significa piuttosto guardare ad un quadro generale di virtù eroiche: questo è ciò che notiamo. Credo sia un grave errore dire che il Papa abbia commesso un errore e che quindi non possa diventare santo. Non riesco a pensare a nessun santo, ad eccezione della Beata Vergine Maria, che non abbia commesso degli errori o che non presenti ombre nella sua vita.

Venendo ora a Giovanni XXIII: negli anni successivi al Concilio c’è stato un ampio sviluppo ma, al tempo stesso, una grande confusione. A che punto ci troviamo in questo momento storico riguardo ai frutti del Concilio?

Padre Barron: Credo che oggi ci troviamo al punto di giungere a una consolidata comprensione del Vaticano II. C’è voluto molto tempo ma per un concilio è qualcosa di normale, in particolare per un Concilio di notevoli dimensioni come il Vaticano II, grande per numero di vescovi ma anche per la quantità di documenti, rispetto, ad esempio, ai concili di Trento, di Calcedonia, di Nicea o al Vaticano I. La documentazione è senz’altro molto estesa. Inoltre l’implementazione è stata accompagnata da una certa rivoluzione culturale e ciò ha inficiato il modo in cui è stato recepito. Credo siano stati necessari il lungo pontificato di Giovanni Paolo II e gli otto anni di pontificato di Benedetto XVI per farci arrivare a un punto di consolidata comprensione di cosa sia davvero il Vaticano II.

Dare una lettura “di sinistra” o “di destra” è una distorsione ed una superficialità. Credo che sia stato necessario un tempo piuttosto lungo per dare un’interpretazione pertinente a questi documenti.

C’è stato un periodo seguito al Vaticano II caratterizzato da un forte calo delle vocazioni mentre ora assistiamo a una ripresa. Come questo fenomeno?

Padre Barron: Il declino delle vocazioni e l’abbandono del ministero o della professione religiosa da parte di sacerdoti o suore fu un fenomeno tipico dell’immediato post-Concilio. Negli Stati Uniti – pressappoco dalla fine degli anni ’60 alla fine degli anni ’70 – vi è stato un tempo in cui molta gente ha lasciato il sacerdozio o il convento. Non imputerei questo al Vaticano II, tuttavia. Penso piuttosto che ciò sia dovuto all’intera rivoluzione culturale che seguì il Concilio.

Poi arriva Giovanni Paolo II, questa figura eroica che inizia ad attrarre i giovani in misura massiccia. La Giornata Mondiale della Gioventù ha avuto un enorme impatto sulle vocazioni a livello planetario e credo che l’eroico esempio di Giovanni Paolo II sia stato ciò che ha rivitalizzato le vocazioni. È inoltre vero che i seminaristi di oggi identificano se stessi in Giovanni Paolo II, sebbene molti di loro fossero piuttosto giovani quando è morto. Sono stati la sua visione, la sua articolazione di ciò che il Concilio ha significato, il suo carismatico abbraccio di evangelizzazione, che hanno letteralmente catturato l’attenzione dei giovani. Mi sembra che ciò conti molto in questa ripresa delle vocazioni. Non si tratta di una ripresa clamorosa ma esiste ed è reale.

Secondo lei siamo stati fortunati riguardo ai papi che abbiamo avuto nell’ultimo secolo?

Padre Barron: Se lei osserva la storia della Chiesa nei suoi primi 2000 anni, stiamo attraversando una “età d’oro” del papato.

Andando indietro alla metà del XIX secolo, troviamo Pio IX, oggi beatificato, seguito da Leone XIII che fu una figura di immensa importanza, e da Pio X, poi canonizzato. Anche Benedetto XV ha giocato un ruolo importante. Pio XI e Pio XII furono figure importanti a livello spirituale. Poi San Giovanni XXIII, Paolo VI con tutto il suo potere spirituale, e San Giovanni Paolo II. Poi c’è Benedetto XVI che, a mio parere, è ai livelli di un padre della Chiesa.

Non credo che dal primo secolo della vita della Chiesa abbiamo mai avuto una tale concentrazione di figure così sante e potenti nel papato. Quindi, anche se ci lamentiamo degli episodi oscuri della Chiesa, credo dovremmo celebrare il fatto che ci troviamo nell’età dell’oro del papato.

[Traduzione dall’inglese a cura di Luca Marcolivio]

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Ann Schneible

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