Siamo e viviamo nel gregge per comunicare la parola

Il presidente dell’associazione “Corallo” ha chiesto al Papa di aiutarlo nel riconoscimento del “ruolo del laicato”

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Nella giornata di ieri papa Francesco ha ricevuto in udienza nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, i membri dell’Associazione “Corallo”, network di emittenti locali di ispirazione cattolica presenti in tutte le regioni italiane.

Nel servizio di ieri ZENIT ha riportato le parole a braccio pronunciate dal pontefice, oggi riportiamo quanto detto dal presidente dell’associazione, Luigi Bardelli, e il testo del discorso che il Papa aveva preparato.

I testi del presidente dell’associazione e quello scritto dal Pontefice sono stati pubblicati da “L’Osservatore Romano” (23 marzo 2014).

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Il saluto del presidente:

Contro il clericalismo

Nella comune missione della Chiesa a ciascuno deve essere riconosciuto il proprio ruolo e soprattutto si deve eliminare una volta per tutte il clericalismo che, tante volte, ancora esclude i laici. Sono questi i due pensieri del presidente dell’associazione Corallo, Luigi Bardelli, che hanno suscitato la riflessione a braccio di Papa Francesco.

«Il nostro desiderio — ha detto Bardelli nel saluto al Pontefice — è che tutti, nella missione della Chiesa, siamo riconosciuti. Ognuno con il proprio ruolo, ma tutti uniti con l’obiettivo comune che abbiamo. E se ci riusciremo, potremo fare tanto bene perché c’è una grande attesa» della parola dei cristiani. Inoltre, ha aggiunto, «persiste ancora un certo clericalismo, per cui tutto ciò che non è nato dalla curia, e con i timbri della curia, fa tanta fatica a essere riconosciuto e inserito nei piani pastorali». Soprattutto, ha sottolineato, «quando queste iniziative partono dai laici, anche se si propongono solo di servire la Chiesa». Insomma per Bardelli «è ancora aperto, lo diciamo con umiltà», la questione del «ruolo del laicato».

L’associazione Corallo ha anche annunciato a Papa Francesco l’idea di donare «due piccole telecamere alla televisione canale 21 di Buenos Aires». Un dono, ha spiegato il presidente Bardelli, che è anche una «proposta di gemellaggio», attraverso lo «scambio reciproco delle esperienze» concrete di vita.

«Non siamo pastori — ha detto ancora Bardelli al Papa — ma siamo gregge e viviamo fra il gregge. E la nostra non può che essere una parola di gioia: ci vogliamo sentire più Chiesa. E vorremmo ripartire verso le nostre periferie portandoci dietro qualche scintilla della santità che ogni giorno lei diffonde per farci santi e dunque credibili e allora veri comunicatori della parola».

Il presidente ha anche presentato al Pontefice la realtà dell’associazione, «un piccolo esercito sparso nelle periferie di questa nostra Italia. Periferie a volte abbandonate, ma anche belle e con antiche solidarietà».

*

Testo del pontefice consegnato a “Corallo”:

Cari amici

vi do il benvenuto e ringrazio il Presidente per le parole con cui ha introdotto il nostro incontro. Rivolgo un saluto anche a coloro che ci stanno seguendo dalle radio e televisioni dell’Associazione «Corallo». Queste emittenti vogliono esprimere l’impegno della Chiesa che è in Italia ad essere vicina e amica di ogni persona, e parlare alla gente lì dove abita, vive, lavora, ama, soffre.

Voi siete una “rete”. Vorrei partire da questa immagine, che ci fa pensare ai primi discepoli di Gesù: erano pescatori, lavoravano con le reti. E Gesù li chiamò a seguirlo e fece di loro dei «pescatori di uomini» (Mt 4, 19). Anche voi potete essere “pescatori di uomini” con questa vostra rete di radio e televisioni locali, che abbraccia tutta l’Italia; una rete semplice, popolare, e così è bene che rimanga. Raggiungendo ogni città e ogni contrada, le vostre emittenti si pongono come strumenti affinché la voce del Signore possa essere ascoltata da tutti.

Mi viene in mente l’episodio del profeta Elia sul monte Oreb (cfr. 1 Re 19, 9-13), quando sta davanti alla caverna e assiste a fenomeni sconvolgenti: il vento impetuoso, il terremoto, il fuoco… ma il Signore non parlava in quel modo. Poi Elia sente il «sussurro di una brezza leggera» (v. 12). E in quel sussurro ascolta la voce del Signore che gli parla. Ecco: le vostre radio e televisioni possono trasmettere, attraverso l’etere, qualcosa di quella voce, perché parli agli uomini e alle donne che cercano una parola di speranza, di fiducia per la loro vita.

In questo modo, voi siete voce di una Chiesa che non ha paura di entrare nei deserti dell’uomo, di andargli incontro, di cercarlo nelle sue inquietudini, nei suoi smarrimenti, dialogando con tutti, anche con quelle persone che per tanti motivi si sono allontanate dalla comunità cristiana e si sentono lontane da Dio. Ma in realtà Dio non è mai lontano, Lui è sempre vicino! E voi potete contribuire a far risuonare quel «sussurro leggero», capace di dire a ciascuno: «il Maestro è qui e ti chiama» (Gv 11, 19). È proprio questo essere chiamati per nome che scalda il cuore!

E in che modo, con questa vostra “rete”, potete aiutare Gesù Cristo nella sua missione, nell’annunciare oggi il Vangelo del Regno di Dio?

Anzitutto direi dando attenzione a tematiche importanti per la vita delle persone, delle famiglie, della società; e trattando questi argomenti non in maniera sensazionalistica, ma responsabile, con sincera passione per il bene comune e per la verità (cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la XXVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 1994). Spesso nelle grandi emittenti questi temi sono affrontati senza il dovuto rispetto per le persone e per i valori in causa, in modo spettacolare. Invece è essenziale che nelle vostre trasmissioni si percepisca questo rispetto, che le storie umane non vanno mai strumentalizzate.

E l’altro contributo lo potete dare con la qualità umana ed etica del vostro lavoro. Potete aiutare a formare quello che il Papa Benedetto ha chiamato un «ecosistema» mediatico, cioè un ambiente che sappia equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni (cfr. Messaggio per la xlvi Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2012). Oggi c’è molto inquinamento, e anche il clima mediatico ha le sue forme di inquinamento, i suoi “veleni”. La gente lo sa, se ne accorge, ma poi purtroppo si abitua a respirare dalla radio e dalla televisione un’aria sporca, che non fa bene. C’è bisogno di far circolare aria pulita, che la gente possa respirare liberamente e che dia ossigeno alla mente e all’anima.

Tutto questo esige adeguata professionalità, ma va oltre. Vi chiede di vivere la «comunicazione in termini di prossimità» (Messaggio per la xlVIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 gennaio 2014). Vi chiama a diventare volto di una Chiesa che si fa “buon samaritano”, anche mediante le radio e le televisioni. La parabola del buon samaritano, infatti, può essere anche una parabola del comunicatore: «Chi comunica si fa prossimo. E il buon samaritano non solo si fa prossimo, ma si fa carico di quell’uomo che vede mezzo morto sul ciglio della strada» (ibid.). In quella parabola Gesù ribalta la prospettiva: «Non si tratta di riconoscere l’altro come un mio simile, ma della mia capacità di farmi simile all’altro» (ibid.).

Per questo, mentre vi ringrazio per il vostro impegno, prego il Signore perché la vostra rete diventi sempre più esperienza di prossimità, capace di dar voce al Signore che scalda il cuore e diffonde speranza e gioia.

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ZENIT Staff

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