Si può spezzare l'ostia prima della Consacrazione?

Risponde padre Edward McNamara, L.C., professore di Teologia e direttore spirituale

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Un lettore di lingua italiana ha presentato la seguente domanda a padre Edward McNamara:

Si può fare la “Fractio Panis” prima della consacrazione? — M.M., Italia

Ecco la risposta formulata da padre McNamara:

L’istruzione Redemptionis Sacramentum affronta nel n° 55 questo tema in modo succinto.

Si legge: “In alcuni luoghi è invalso l’abuso per cui il Sacerdote spezza l’ostia al momento della consacrazione durante la celebrazione della santa Messa. Tale abuso si compie, però, contro la tradizione della Chiesa e va riprovato e molto urgentemente corretto”.

Più chiaro di così non si può.

Le origini di questo abuso sembrano risalire ad una interpretazione letterale e un po’ drammatica delle parole dell’istituzione della consacrazione: “Egli prese il pane, lo spezzò…”.

Questo potrebbe essere sintomatico della nostra società televisiva, nella quale l’immagine visiva predomina sul significato più profondo. Per cui, alcuni sacerdoti, spesso in buona fede, si sono lasciati indurre ad adottare un modo più drammatico o persino teatrale di celebrare la Messa.

Così, alcuni fanno come se recitassero il ruolo di Cristo, imitando le sue parole e gesti.

Questo fenomeno, tuttavia, potrebbe anche essere indicativo di una mancanza di formazione e di una comprensione erronea del ruolo ministeriale dell’agire in persona Christi da parte del sacerdote e del contenuto teologico delle parole della consacrazione, come forma del sacramento.

Naturalmente, se qualcuno volesse essere completamente coerente con questa visione, dovrebbe distribuire allora logicamente la Comunione subito dopo aver pronunciato le parole “lo diede ai suoi discepoli” e così via.

Per quanto ne sappia, non è mai stato provato.

In certo senso, le altre parti della preghiera eucaristica spiegano ciò che è contenuto all’interno del racconto dell’istituzione come il culmine del mistero pasquale di Cristo, della sua morte e risurrezione, il fulcro della storia della salvezza.

Nel corso della celebrazione ciascun elemento della consacrazione viene reso più chiaro e, in un certo modo, anche reso presente.

Durante l’offertorio, la Chiesa prende il pane e il vino, e rende grazie e lode al Padre.

Prima della consacrazione, la Chiesa invoca anche lo Spirito Santo perché intervenga come ha fatto nell’incarnazione di Cristo e durante la sua vita.

La preghiera che segue immediatamente la consacrazione, spesso chiamata Anamnesi (cioè “ricordo”), perché inizia proprio con una frase tipo “Padre, ricordando la morte e risurrezione…”, è in un certo senso la Messa che si autodefinisce, spiegando il significato del comandamento dato da Cristo agli apostoli “fate questo in memoria di me”.

Questa preghiera dimostra che il sacerdote, nella consacrazione, sta dicendo e facendo più che semplicemente ripetere le parole e gesti di Cristo.

Ciò che viene ricordato e reso presente attraverso la storia è la morte, risurrezione e ascensione alla gloria di Cristo.

Il comandamento di “fare questo” significa anche imitare nella nostra vita l’atteggiamento dell’amorevole e totale autodonazione che Cristo ha manifestato nel suo sacrificio.

In seguito, le Preghiere eucaristiche normalmente invocano nuovamente lo Spirito Santo, affinché noi possiamo ottenere i frutti della celebrazione, prima di tutto di essere uniti nella carità e di intercedere insieme a Cristo per tutti coloro che, vivi e morti, hanno bisogno della nostra preghiera. Questo viene fatto in modo che l’obiettivo generale dell’Eucaristia venga raggiunto quando siamo uniti con i santi del cielo.

Infine, nella dossologia, riconosciamo che tutto questo viene fatto per, con e in Cristo, nell’unità dello Spirito Santo, per l’onore e gloria del Padre,  proprio come Cristo ha offerto continuamente tutto al Padre.

Tutto questo potrebbe sembrare una digressione, che ci allontana dal nostro tema iniziale. Ma non è così. Vogliamo dimostrare infatti che fino a quando la preghiera eucaristica non è completa, il pieno significato del gesto dello spezzare e distribuire viene travisato e non pienamente compreso.

Il gesto non è lo spezzare e il distribuire un pezzo di pane, ma il Corpo del Signore sacrificato, risorto e asceso nella gloria.

Non è una partecipazione ad semplice pasto, ma all’eterno sacrificio di Cristo, da cui sgorga la nostra salvezza.

Forse mi sto concentrando troppo su quello che potrebbe apparire come un semplice gesto pratico, pur essendo stato presente sin dall’inizio del cristianesimo. Eppure credo che molti di questi gesti obbediscano a una logica interna e non possano essere manomessi senza rischio.

*I lettori possono inviare domande all’indirizzo liturgia.zenit@zenit.org. Si chiede gentilmente di menzionare la parola “Liturgia” nel campo dell’oggetto. Il testo dovrebbe includere le iniziali, il nome della città e stato, provincia o nazione. Padre McNamara potrà rispondere solo ad una piccola selezione delle numerosissime domande che ci pervengono.

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ZENIT Staff

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