Si può essere felici in un mondo diseguale?

Con il Rapporto Mondiale della Felicità la Nazioni Unite provano a misurare le conseguenze della disuguaglianza nella distribuzione del benessere tra i paesi

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Dopo tre giorni di incontri e dibattiti su felicità e benessere soggettivo, è stato presentato questa mattina a Roma Il Rapporto Mondiale della Felicità 2016, che comprende i dati di 156 paesi. In previsione del 20 marzo, giornata mondiale della Felicità delle Nazioni Unite, è stata registrata una diffusa attenzione verso il Rapporto, giunto alla sua quarta edizione.
Questo testimonia il crescente interesse a livello globale nel misurare la felicità ed il benessere di ognuno come indicatori primari della qualità dello sviluppo umano.
Per tale ragione molti governi, comunità ed organizzazioni stanno usando i dati sulla felicità ed i risultati delle ricerche sul benessere soggettivo, al fine di promuovere politiche che supportino il miglioramento della qualità della vita.
Jeffrey Sachs, direttore dell’Earth Institute presso la Columbia University ha spiegato che “La misurazione della felicità percepita e il raggiungimento del benessere dovrebbero essere attività all’ordine del giorno di ogni nazione che si propone di perseguire obiettivi di sviluppo sostenibile”.
“Infatti – ha continuato – gli obiettivi stessi comprendono l’idea che il benessere umano dovrebbe essere promosso attraverso un approccio olistico che combina obiettivi economici, sociali e ambientali. Al posto di adottare un approccio incentrato esclusivamente sulla crescita economica, dovremmo promuovere società prospere, giuste e sostenibili dal punto di vista ambientale”.
Quest’anno, per la prima volta, il Rapporto sulla Felicità cerca di misurare le conseguenze della disuguaglianza nella distribuzione del benessere tra i paesi.
Nelle precedenti edizioni gli autori avevano sostenuto che la felicità fornisse un migliore indicatore del benessere umano rispetto al reddito, alla povertà, all’educazione, alla salute e al buon governo, misurati separatamente.
Ora emerge che la disuguaglianza nella felicità fornisce una misura più ampia delle disuguaglianze in senso stretto.
Risulta che le persone sono più felici vivono in società in cui c’è meno disuguaglianza.
Si evidenzia anche che la disuguaglianza di felicità è aumentata in modo significativo (confrontando il periodo 2012-2015 rispetto al 2005-2011) nella maggior parte dei paesi, in quasi tutte le regioni del mondo, e per la popolazione del mondo nel suo complesso.
Il Rapporto, prodotto dal Sustainable Development Solutions Network (SDSN), è stato curato da John F. Helliwell della University of British Columbia e il Canadian Institute for Advanced Research, Richard Layard, direttore del Well-Being Programme presso LSE’s Centre for Economic Performance; Jeffrey Sachs, direttore del Earth Institute e SDSN.
Lo studio delle Nazioni Unite individua i primi 10 paesi nelle stesse posizioni dello scorso anno anche se l’ordine in classifica è cambiato: la Danimarca riconquista il primo posto, seguita da Svizzera, Islanda e Norvegia. Seguono nella top 10 Finlandia, Canada, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Australia e Svezia.
Gli Stati Uniti si classificano al tredicesimo posto, due posizioni più in alto rispetto allo scorso anno.
“Le classifiche mostrano sia la coerenza sia il cambiamento”, ha affermato Helliwell.
“I cambiamenti duraturi nella qualità della vita hanno portato a grandi cambiamenti nei livelli di valutazione della vita e nelle classifiche, come dimostrano i molti paesi con grandi guadagni o perdite nei periodi dal 2005-2007 al 2013-2015 “.
Come nei rapporti precedenti, Il Rapporto Mondiale sulla Felicità 2016 esamina i trend dei dati registrando come le persone valutano la loro vita su una scala che va da 0 a 10.
Le classifiche, basate su indagini in 156 Paesi nell’intervallo 2013-2015, rivelano un punteggio medio di 5,1 (su 10). Sette sono le variabili fondamentali che spiegano i tre quarti delle variazioni nei punteggi annuali medi nazionali: il PIL reale pro capite, l’aspettativa di vita in buona salute, l’avere qualcuno su cui contare, la libertà percepita nel fare scelte di vita, la libertà dalla corruzione e la generosità.
“Chi punta solo sul PIL rischia di avere brutte sorprese”. – afferma Leonardo Becchetti, del CEIS Tor Vergata – “Il Pil non basta a misurare il benessere e le recenti elezioni irlandesi, in cui il governo è stato sonoramente sconfitto nonostante una crescita sulla carta del 7%, lo dimostrano chiaramente. La felicità (soddisfazione di vita) è una misura sintetica molto importante a cui la politica e i media dovrebbero fare particolare attenzione perché in grado di catturare tutti i fattori che incidono sulla soddisfazione dei cittadini.”
“E’ molto importante che quest’anno il Rapporto mondiale della felicità sia stato presentato in Italia – ha dichiarato Luigino Bruni, docente LUMSA. L’Italia è stata la patria della felicità, perché mentre in Inghilterra l’economia nel ‘700 nasceva come “scienza della ricchezza”, in Italia a Napoli e in tutta la penisola la nuova scienza economica prendeva il nome di “scienza della pubblica felicità”.
Bruni ha concluso spiegando che “L’Italia e l’Europa hanno un enorme bisogno di bene comune perché l’aumento delle diseguaglianze ci sta dicendo ormai da tempo che il bene dei singoli cittadini più ricchi può crescere a scapito dei più poveri. “Non si può essere felici da soli”, perché la felicità è una forma alta di bene comune.”
E’ possibile scaricare il rapporto al link: http://worldhappiness.report/

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ZENIT Staff

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