Foto: CCEE

“Sì all’accoglienza ma l’immigrazione non risolve la crisi demografica”

Al termine del loro vertice in Slovacchia, i vescovi dei paesi ex-comunisti valutano soluzioni alla questione dei rifugiati e lanciano un nuovo appello alla difesa della famiglia naturale

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Ventisette anni dopo la caduta dei regimi comunisti in Europa centro- orientale, il vecchio continente affronta nuove sfide. Le più grandi tra di loro sono la crisi della famiglia, connessa con quella demografica, la crisi della fede e dell’identità culturale. Molti paesi stanno facendo attualmente fronte alle intense migrazioni provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa.
Nei giorni 8 e 9 settembre, i rappresentanti delle Conferenze Episcopali dell’Europa Centro-orientale (che raduna vescovi di Slovacchia, Ungheria, Croazia, Bulgaria, Polonia, Bielorussia, Bosnia-Erzegovina, Lituania, Repubblica Ceca, Romania e Ucraina) si sono incontrati in Slovacchia, Paese che presiede il Consiglio dell’Unione Europea, per riflettere su questi temi.
Secondo i partecipanti, si legge in un comunicato, “è fondamentale che tra gli Stati europei ci sia un vero partenariato basato sulla uguale dignità di tutti i popoli e sul rispetto reciproco. Ugualmente, è importante che le strutture pubbliche, nazionali ed europee sviluppino un vero dialogo con i rappresentanti delle Chiese cristiane oppure con gli esponenti di altre religioni”.
I vescovi ritengono necessario “risvegliare la riflessione sull’identità Europea, la quale è stata sempre connessa con la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna. Soltanto la società con la prole è una società con la speranza. La Chiesa è consapevole del suo obbligo di rendere testimonianza della buona novella di Cristo nel mondo. È per questo che apprezza e aiuta la famiglia, la comunità umana fondamentale secondo il progetto del Creatore. Sfortunatamente, alcune decisioni delle strutture europee mettono la famiglia e la protezione della vita in pericolo. Attualmente, l’Europa, prima di tutto, ha bisogno di famiglie stabili e di una politica demografica prudente”. Secondo i vescovi dell’Europa centro-orientale “l’immigrazione non è una soluzione della crisi demografica“.
I partecipanti all’incontro si dichiarano ”profondamente toccati dalla sofferenza delle persone che sono in fuga davanti ai conflitti bellici, soprattutto quelli che devastano la Siria”. Allo stesso tempo, sentono “sofferenza per gli attacchi terroristici commessi in Europa, con tante vittime”.
Di conseguenza, ritengono giusto “sviluppare più comunicazione con il mondo islamico e dedicare maggiori sforzi per aiutare i più bisognosi in base al divino comandamento della carità. I vescovi sentono il dovere speciale di aiutare i cristiani perseguitati, ma non escludono dal loro cuore nessun’altra persona umana bisognosa di aiuto, sia nelle regioni di crisi del mondo, sia nei nostri paesi”.
Perseguendo questi scopi umani e cristiani, bisogna procedere con generosità e saggezza, valutando le circostanze culturali, religiose ed economiche dei popoli europei e di quelli che arrivano. I vescovi avvertono la differenza fondamentale tra la situazione nei paesi europei, che sono destinazioni del flusso migratorio e di quelli dell’Europa centro-orientale, che sono paesi di transito – con un tenore di vita che arriva solo al 20% di quello occidentale. “In questi Paesi, i migranti generalmente non desiderano restare – prendono atto i presuli -. L’aiuto che deve essere prestato a loro potrà richiedere azioni speciali, a volte diversi da quelli adottati da altri Paesi. In tutto questo contesto, è legittimo e anche necessario riflettere su come concepire il futuro del continente europeo, su quali valori edificare la società e che posto riservare alla religione”.
I vescovi pregano per tutte le vittime della violenza, della guerra e del terrorismo. Nello stesso tempo, rivolgono “un serio appello ai responsabili di tutti i Paesi europei affinché sviluppino una comune e profonda riflessione del futuro”. Si augurano, infine, che l’Europa diventi “un continente che metta al primo posto il rispetto verso la vita umana – dal concepimento fino alla morte – e anche che il sostegno alla famiglia e al matrimonio occupi il primo posto nella consapevolezza dei rappresentanti pubblici”.

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ZENIT Staff

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