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Sette Santi figli dei “segni dei tempi”

Il cardinale Amato illustra i profili dei beati che Papa Francesco canonizzerà domani in piazza San Pietro

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Un vescovo, tre sacerdoti, un religioso, una monaca e un laico. Tra i beati che domattina saranno canonizzati da Papa Francesco a piazza San Pietro, è rappresentato tutto il popolo di Dio. Diventeranno così santi Salomon Leqlercq, José Sanchez del Rio, il Cura Brochero, Manuel González García, Elisabetta della Trinità, Lodovico Pavoni e Alfonso Maria Fusco.
Intervistato dall’Osservatore Romano, il prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Angelo Amato, ha affermato che i sette nuovi santi sono stati “persone che hanno vissuto la comunione con Cristo immersi profondamente nelle diverse culture del mondo”.
Inoltre, ha aggiunto il porporato, “con la canonizzazione di sette santi vissuti in culture e aree geografiche diverse la Chiesa mostra che nessuna cultura umana è estranea all’annuncio di Cristo. Anni fa in una certa zona ecclesiale gli studiosi pensavano che in Asia non vi fosse più posto per Gesù e il suo Vangelo di salvezza”; salvo poi emergere le storie straordinarie “del martire Devasahaiam Pillai, della clarissa Alfonsa Muttathupadathu e di Teresa di Calcutta”.
Tra i canonizzandi, ha osservato il cardinale, figurano due martiri: Salomon Lelercq (1745-1792) e José Sanchez del Rio (1913-1927), vittime, rispettivamente della furia giacobina della Rivoluzione Francese e del regime massonico messicano durante la guerra cristera.
Si riscontrano nell’epoca attuale, ha proseguito Amato, “tanti segnali inquietanti” ad avvertirci che la “strada dell’umanizzazione dell’uomo” è “ancora lunga e intrisa di sangue”, minacciata da una “barbarie” che “oggi come ieri, si riveste di ipocrisia e di intolleranza”. Pertanto “abbiamo ancora bisogno di testimoni” come i beati Leclercq e Del Rio.
C’è poi una figura molto cara a papa Bergoglio: il Cura Brochero (1840-1914), sacerdote argentino “colto” ma dal linguaggio “semplice, non ricercato, fatto di parole ed espressioni locali, appartenenti al lessico popolare e facilmente comprensibili dai suoi fedeli”.
Il Cura Brochero, ha ricordato il Prefetto, è stato un “benefattore dell’umanità”, che ha sempre puntato alla “promozione integrale dei fedeli”, per il quale il “benessere sociale” era “importante come il benessere spirituale”.
“Innamorato dell’Eucaristia” era invece il beato sivigliano Manuel González García (1877-1940), noto anche come “il vescovo dei tabernacoli abbandonati”, che fondò la congregazione delle Missionarie Eucaristiche di Nazaret: un carisma che “aveva una sua espansione concreta nella sua carità verso i bisognosi, soprattutto poveri e infermi”.
Molto attuale anche la figura della beata Elisabetta della Trinità (1880-1906), una mistica in grado di comunicare “la realtà della presenza trinitaria nei nostri cuori”, in quanto “l’uomo, soprattutto il battezzato, è una realtà trinitaria, come figlio di Dio Padre, fratello di Cristo e tabernacolo dello Spirito Santo”.
I due fondatori Lodovico Pavoni (1784-1849) e Alfonso Maria Fusco (1839-1910), infine, “furono instancabili apostoli della difesa e promozione dei bambini e dei giovani, soprattutto poveri ed emarginati”, operando nelle differenti realtà dell’Italia settentrionale e meridionale del XIX secolo, entrambi mettendosi in ascolto dei “segni dei tempi”.

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ZENIT Staff

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