Servizio, memoria, gratuità: la ricetta di Francesco per religiosi e consacrati

Il Papa incontra il clero nel Santuario mariano di “El Quinche”, ultima tappa prima della partenza in Bolivia. Mettendo da parte il discorso scritto, avverte dal pericolo dell’alzheimer spirituale

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Servizio al popolo di Dio “anche quando disturba”. Gratuità per avere la coscienza che tutto ciò che siamo, tutto ciò che abbiamo, è un puro dono di Dio. Memoria per non dimenticare “il nulla” da dove il Signore ci ha tratto. In quasi 30 minuti di discorso a braccio, – “ne ho uno scritto, ma non ho voglia di leggere” – il Papa consegna un preciso memorandum a religiosi, seminaristi, consacrati, consacrate (e anche vescovi) dell’Ecuador.

Tutti questi sono riuniti nel Santuario Nazionale de la Virgen de “el Quince”, a Quito, ultima tappa prima di congedarsi dall’Ecuador e partire per la Bolivia. In questo luogo di culto, costruito nel 1928 e proclamato Santuario Nazionale mariano nel 1985, è custodita la statuetta della Vergine Bambina. Ovvero la Madonna ‘dal volto indio’, realizzata dall’artista quiteño don Diego Robles intorno al 1586 per la comunità indigena Oyacachi, che, con i suoi 60 cm, ha generato nell’interno pawse una profonda devozione mariana.

Francesco giunge al Santuario con leggero ritardo. Gli ultimi 2 km dei 27 che lo separano dalla Casa di Riposo delle Missionarie della Carità, a Tumbaco, li percorre in papamobile, travolto da un manto di petali e fiori lanciati da ogni parte. Un mazzo speciale di rose rosse lo trova poi all’ingresso del Santuario, per portarlo, come tradizione, ai piedi della Madonna, davanti alla quale resta alcuni minuti in preghiera donandole un rosario benedetto, in oro e argento.

Un momento tutt’altro che intimo visto il ‘chiasso’ dei religiosi e consacrati, entusiasti di avere a così poca distanza il Vescovo di Roma. Alcune suore, un po’ avventate, tirano anche la mantella del Pontefice durante il suo passaggio nella navata centrale. Lo stesso calore il Papa lo riceve poi sul sagrato, dove si svolge un breve momento liturgico che comprende il saluto del rettore, la testimonianza di un sacerdote e di una suora, una intensa preghiera alla Vergine e la lettura del Vangelo di Luca in cui Cristo invia i dodici “fino alla fine del mondo”.

Papa Francesco mette da parte il discorso scritto – che tuttavia consegna al presidente della Conferenza dei religiosi – quasi come se fiutasse che al clero ecuadoriano serve una parola diversa. Quella parola è “gratuità”, ovvero la consapevolezza che tutto è gratis, tutto è dato da Dio. La stessa che animava la giovane Maria che “non è mai stata protagonista” degli eventi straordinari accaduti nella sua vita, “ma ha sempre vissuto come prima discepola di Suo Figlio”.

Prima, però, il Papa esordisce con una nota personale: “In queste 48 ore in cui ho avuto contatti con voi – dice – ho notato che c’era qualcosa di ‘strano’ nel popolo ecuadoriano. In tutti i luoghi dove andavo, sempre un’accoglienza cordiale, gioiosa, devota, pia… c’era anche questa pietà nel modo per esempi odi chiedere la benedizione dal più anziano fino al neonato”.

Il Pontefice confessa di aver pensato: “Qual è la ricetta di questo popolo?”, e di aver chiesto a Gesù varie volte: “Cos’ha questo popolo di diverso?”. “Questa mattina pregando ho pensato: ‘la consacrazione al sacro cuore’. Penso che glielo devo dire come un messaggio di Gesù: tutta questa ricchezza spirituale, questa pietà, questa profondità, che avete voi vengono dal fatto che avete avuto il coraggio di consacrare la nazione al Cuore di Cristo, questo cuore divino e umano che ci vuole tanto bene”.

E se il popolo dell’Ecuador ha una marcia in più, a maggior ragione i religiosi e i consacrati che sono stati “scelti” da Dio: “Voi non avete pagato l’ingresso in seminario, vero?”, scherza il Santo Padre, “non avete pagato l’ingresso per entrare nella vita consacrata”. Semplicemente perché “non ve lo siete meritato”: “Se qualcuno qui crede che se l’è meritato alzi la mano!”, esclama. E al silenzio dell’assemblea prosegue: “Tutto gratuito…. E tutta la vita si deve percorrere questo cammino della gratuità”.

Per farlo, il Papa offre un consiglio “da fratello”, ossia un piccolo e quotidiano esame di coscienza – “la sera è il momento migliore” – per rivolgere lo sguardo a Gesù e dirgli “tutto mi hai dato gratis”. Ma il Papa invita anche a leggere attentamente la Redemptoris Mater di Giovanni Paolo II per “estrarre il succo” e “ricollocarsi nella gratuità”, come Maria che – diceva il Papa polacco – al momento della Croce, non ha pensato ‘mi hanno ingannata’. “Non si è permessa perché lei sapeva che tutto aveva ricevuto gratuitamente”, commenta Francesco.

“Siamo oggetto della gratuità di Dio”, ribadisce, “se dimentichiamo questo, poco per volta ci crederemo importanti: ‘Guarda, oh che bella opera che sto facendo! Guarda questo l’hanno fatto vescovo, monsignore’…”. E lentamente “ci allontaniamo”, rischiando di rimanere contagiati da una “pericolosa malattia”. La stessa da cui il Papa aveva messo in guardia la Curia romana: “l’alzheimer spirituale”. Cioè la completa perdita della memoria, di chi siamo, di quello che oggi abbiamo “gratis”, e soprattutto del “dove siamo stati tolti” per grazia di Dio.

Bisogna custodire bene questa salute spirituale, rimarca Papa Francesco. Offre a tal riguardo uno spunto “pastorale” attinto da San Paolo: “Non dimenticate della fede che avevano tua nonna e tua madre. Non dimenticare le tue radici, da dove sei stato tolto, non ti sentire promosso”, perché la “gratuità è una grazia che non può convivere con la promozione”.

Infatti, “quando un sacerdote entra in carriera comincia ad ammalarsi, a perdere la memoria del luogo da cui è stato tolo da cui proveniva”, osserva il Pontefice. E quanto è “triste” vedere “un sacerdote o un consacrato che a casa parlava un dialetto o una lingua antica, nobile, che si dimentica della lingua… Quando non la vogliono più parlare, significa che dimenticano da dove sono stati tirati fuori”.

Allora “non dimenticatevi di chiedere questa grazia della memoria”, incoraggia il Santo Padre, insieme al senso della gratuità che “è il regalo più bello della vita sacerdotale”. Da queste due grazie scaturiscono infatti due atteggiamenti positivi: il primo è quello del servizio, che non significa “faccio prima le mie cose e poi il resto”, o che “devo benedire una casa però non mi va” o – specificatamente per le suore – “perché c’è una bella telenovela”.

“Servire e non fare altro – rimarca il Santo Padre – servire quando siamo stanchi, quando la gente ci disturba veramente. Ma chi serve deve lasciarsi disturbare, perché quel servizio non ci appartiene”. Servizio quindi “mescolato a gratuità”. “Per favore, per favore, non fate pagare per la grazia. Non chiedete soldi. Che la nostra pastorale sia gratuita”, implora il Vescovo di Roma. E illustra il secondo atteggiamento che è “la gioia”, anch’essa  “un dono che Dio ci dà se glielo chiediamo”.

La ‘ricetta’ di Papa Bergoglio consiste dunque nel non dimenticare “queste due colonne”: senso di gratuità e memoria. Memoria “di dove ci hanno tolti”, ma anche e soprattutto “memoria delle meraviglie che il Signore ha fatto nella nostra vita”.

 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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