Senza fraternità e giustizia non cresce la democrazia

Monsignor Silvano Maria Tomasi spiega al Meeting che lamore e la fraternità allargano gli orizzonti della democrazia

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di Antonio Gaspari

RIMINI, venerdì, 24 agosto 2012 (ZENIT.org).- Anche la democrazia è in crisi. L’ultimo rapporto del settimanale The Economist sulla situazione della democrazia nel mondo registra nel 2011 un segno negativo.

“Ma allora è ancora possibile la democrazia?”, si è domandato Andrea Simoncini, docente di Diritto Costituzionale all’Università degli Studi di Firenze, nell’introdurre l’incontro che si è svolto al Meeting di Rimini il 23 agosto con il titolo “Esigenza di giustizia alla radice della democrazia”.

“Oggi – ha rilevato il prof. Simoncini – il sistema sembra sazio, manca di spinta ideale, la democrazia degradata a procedura di decisione, sembra approdata su una spiaggia deserta”.

Già nel 1964 don Luigi Giussani scriveva: “la democrazia non può essere ridotta ad ordine esteriore, a tecnica, essa risponde al desiderio dell’uomo del bello, del buono e del giusto e per questo la convivenza democratica aiuta la persona”.

Secondo il docente di Diritto Costituzionale, “la democrazia è partecipazione di tutti alla ‘res pubblica’, instaura un dialogo tra gli uomini e al suo centro c’è la persona”.

Con il termine persona si indica quell’essere che ha come caratteristica essenziale il cuore umano con “un insopprimibile esigenza di giustizia e un anelito all’infinito”. 

A questo proposito, Jason Kenney, ministro Canadese dell’immigrazione e Multiculturalismo, ha spiegato che la democrazia “non è solo un  sistema di regole, ma si basa sulla dignità della persona umana, che viene prima dello Stato stesso”.

In merito agli immigrati, il Ministro ha spiegato che “nel mio paese è più facile che siano gli immigrati, un numero sempre più importante sul territorio, ad avere a cuore la società autoctona. Senza volere invadere con la propria tradizione la popolazione ospitante, ma rispettandola”.

Sul fenomeno di multiculturalismo Kenney ha precisato che si è sviluppato grazie ai coloni britannici che avevano un approccio e equo nei confronti di chi entrava a far parte del Commonwealth.

Nei confronti dei fallimenti e delle critiche del multiculturalismo, il Ministro canadese ha sostenuto che “nell’Europa occidentale il multiculturalismo è stato rifiutato perché è stato introdotto come uno sforzo di relativismo culturale” e “non mai stata una componente pratica”.

Illuminante l’intervento di monsignor Silvano Maria Tomasi, Nunzio Apostolico e Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite e le Altre Organizzazioni Internazionali di Ginevra.

Monsignor Tomasi ha sostenuto che “c’è un input originale che il cristianesimo può dare alla ricostruzione di società democratiche (…) si tratta di fraternità che per 19 volte ritorna negli scritti del nuovo testamento, con la parola greca koinonia, comunione dell’uno con l’altro nell’unico corpo di Cristo”.

“Magari – ha continuato – possiamo non arrivare alla comprensione religiosa del termine, ma il suo messaggio è pratico. Comunione implica partecipazione profonda, condividere e contribuire, l’insieme di elementi che creano un legame con il prossimo attraverso esperienze e obiettivi comuni in vista di raggiungere un bene maggiore”.

“La fraternità – ha sottolineato il Nunzio Apostolico – non è solo funzionale ad obiettivi economici e materiali, ma può essere addirittura rivoluzionaria nella sua originalità in quanto dà in maniera effettiva un valore reale ad ogni persona indipendentemente dal suo stato e solo perché parte di questa fraternità”.

“Se non si realizza questa fraternità, – ha aggiunto – la gestione della globalizzazione in corso diventa ambigua, problematica, ingiusta. Il nostro futuro comune, invece di essere ipotecato in un relativismo di convenienza, può diventare un esperimento di successo purché le ambiguità di libertà, uguaglianza e fraternità siano rimosse e l’autentica aspirazione verso l’infinito, che è il segno più prezioso della nostra umanità, continui a stimolarci verso una partecipazione viva di tutti nella comunità locale, nazionale e mondiale”.

“Così – ha concluso monsignor Tomasi – le esigenze di giustizia per la vera democrazia si attuano ed aprono un orizzonte più vasto di quello della giustizia che è l’amore”.

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ZENIT Staff

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