Udienza ai partecipanti alla Plenaria del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita - Foto © Vatican Media

“Sentire con il cuore della Chiesa madre e avere uno sguardo da fratelli”

Udienza ai partecipanti alla Plenaria del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita

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Questa mattina [15 novembre 2019], il Santo Padre Francesco ha ricevuto in Udienza i partecipanti alla prima Assemblea Plenaria del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che ha luogo in Vaticano dal 13 al 16 novembre sul tema: “I fedeli laici, identità e missione nel mondo”. Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa ha rivolto ai presenti all’Udienza:

Discorso del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,
do il benvenuto a voi, che partecipate a questa prima Assemblea plenaria del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. Ringrazio il Cardinale Farrell per le cortesi parole rivoltemi.

In questo nostro incontro vorrei riflettere su pochi punti, senza entrare nel merito delle problematiche specifiche di cui vi occupate, cercando piuttosto di indicare alcuni atteggiamenti di fondo che ispirino il vostro lavoro per i prossimi anni. Utilizzerò per ciascuno di questi punti un’immagine che spero vi possa aiutare.

Come primo punto, il vostro ruolo di Membri e Consultori. L’immagine che vi propongo è sentire con il cuore della Chiesa. Ecco il futuro dei laici: sentire con il cuore della Chiesa.

Tutti voi siete stati chiamati a collaborare con la Santa Sede per aiutare nel suo cammino questo nuovo Dicastero, che ha iniziato la sua attività poco più di due anni fa, raccogliendo l’eredità del Pontificio Consiglio per i Laici e del Pontificio Consiglio per la Famiglia, ambedue. Tutti insieme, sacerdoti, consacrati e laici, siete fianco a fianco per svolgere un servizio alla Chiesa universale, impegnandovi nel promuovere e sostenere i laici, le famiglie e la vita; e dunque è indispensabile che ognuno di voi faccia proprio il cuore della Chiesa. Fare proprio il cuore della Chiesa. Questo comporta uno sforzo per uscire da sé stessi ed entrare in una nuova prospettiva, forse insolita per qualcuno di voi.

Si tratta in primo luogo di passare da una prospettiva locale ad una universale: la Chiesa non si identifica con la mia diocesi di provenienza, o con il movimento ecclesiale a cui appartengo, o con la scuola teologica o la tradizione spirituale alla quale mi sono formato. Queste piccole chiusure, a volte siamo abituati a questo. La Chiesa è cattolica, è universale ed è molto più ampia, è di animo più grande, cioè è “magnanima”, rispetto al mio punto di vista individuale. “Sentire con il cuore della Chiesa” vuol dire perciò sentire in modo cattolico, universale, guardando al tutto della Chiesa e del mondo e non solo ad una parte.

Inoltre, c’è da fare lo sforzo di andare al di là delle proprie specifiche competenze personali, di teologo, professore, medico, conferenziere, formatore pastorale e così via, per assumere la prospettiva della Chiesa-madre. La Chiesa è madre. Dunque, anche voi, come Membri e Consultori, pur avvalendovi di tutto il bagaglio di conoscenze ed esperienze che avete accumulato negli anni, siete chiamati a fare un passo in più e a chiedervi, di fronte a un progetto pastorale, a una sfida, a un problema: come “vede” questa realtà la Chiesa-madre? Come la “sente”? Così facendo sarete di aiuto al Dicastero, perché saprete dare voce alla Chiesa, avendo già purificato ed elevato in voi il pensare e sentire personale fino a farlo diventare pienamente ecclesiale.

Provo ad elencare alcune caratteristiche di questo sentire ecclesiale. La Chiesa, da vera madre, desidera anzitutto la concordia fra tutti i suoi figli e non fa favoritismi e preferenze. Dunque, anche per voi, è importante proporre sempre modelli positivi di collaborazione fra laici, sacerdoti e consacrati, fra i pastori e i fedeli, fra organismi diocesani e parrocchiali, movimenti e associazioni laicali, fra giovani e anziani, evitando contrapposizioni e antagonismi sterili e incoraggiando sempre una fraterna collaborazione in vista del bene comune dell’unica famiglia che è la Chiesa. La Chiesa, come ogni madre, desidera inoltre che i suoi figli crescano diventando autonomi, creativi e intraprendenti, e non che rimangano infantili. Allo stesso modo, tutti i fedeli laici, figli della Chiesa, vanno aiutati a crescere e a diventare “adulti”, superando resistenze e paure e uscendo allo scoperto, in modo audace e coraggioso, mettendo i loro talenti a servizio di nuove missioni nella società, nella cultura, nella politica, affrontando senza timore e senza complessi le sfide che il mondo contemporaneo pone. La Chiesa, poi, da vera madre, sa custodire la storia e la tradizione vivente della famiglia; ciò vuol dire per voi saper tenere insieme il passato – tutto ciò che di buono è stato fatto dai due Pontifici Consigli, Laici e Famiglia – con il presente, cioè le sfide attuali, e con il futuro. La Chiesa vive l’oggi con memoria e speranza – passato e futuro: memoria e speranza, in questa tensione vive la Chiesa –, sempre gettando i semi del Regno e senza essere assillata dai successi immediati.

Un secondo punto. Il tema della vostra Assemblea riguarda la formazione dei fedeli laici finalizzata a rafforzare la loro identità e la loro missione nel mondo. L’immagine che vorrei utilizzare qui è quella di avere uno sguardo da fratelli.

Voi non siete degli “ingegneri sociali” o “ecclesiali”, che pianificano strategie da applicare in tutto il mondo per diffondere fra i laici una certa ideologia religiosa. Voi siete chiamati a pensare e agire da “fratelli nella fede”, ricordando che la fede nasce sempre dall’incontro personale con il Dio vivente e trae alimento dai Sacramenti della Chiesa. Qualsiasi formazione cristiana deve sempre poggiare su questa esperienza fondamentale dell’incontro con Dio e sulla vita sacramentale.

Sapete anche, da “fratelli nella fede”, che la formazione non può concentrarsi esclusivamente sul fare: è quanto mai necessario ai nostri giorni insegnare ai bambini, ai ragazzi, ai giovani, alle coppie sposate ad avere una vita di preghiera, un quotidiano e familiare colloquio con Dio. A tale proposito, non bisogna aver paura di affidare ai laici stessi l’accompagnamento di altri laici nella vita spirituale. Poi tornerò su questo punto.

Guardando “da fratelli” alla moltitudine dei fedeli laici sparsi nel mondo, capirete meglio che il vostro compito non è principalmente quello di creare iniziative che mirano a inserire i laici in strutture e programmi ecclesiali, ma è quello di far crescere in loro la consapevolezza di essere testimoni di Cristo nella vita privata e nella società; direi quasi “segni visibili” della presenza di Cristo in ogni ambiente. Alla base c’è il Battesimo. Perciò il Dicastero di cui siete parte dovrebbe, al di sopra di tutto, aiutare i tanti discepoli di Cristo a vivere nel quotidiano in conformità alla grazia battesimale che hanno ricevuto. Ci sono tanti fedeli laici nel mondo i quali, vivendo con umiltà e sincerità la loro fede, diventano delle grandi luci per chi vive accanto a loro.

In questo senso, per evitare il rischio di avere uno sguardo troppo distaccato e disincarnato sulla realtà, vi invito a pensare sempre alle sfide e alle difficoltà che voi stessi incontrate quando cercate di vivere da cristiani nelle vostre famiglie, nel vostro lavoro, nel quartiere in cui vivete. Partendo dalla vostra esperienza e dalle vostre difficoltà, capirete meglio la fatica quotidiana dei fedeli laici di tutto il mondo, le cui difficoltà sono spesso accresciute da condizioni di povertà e di instabilità sociale, dalla persecuzione religiosa, dalla propaganda ideologica anti-cristiana.

Cercate anche di immedesimarvi in quei cristiani che vivono esperienze diverse dalla vostra: quelli che non appartengono a nessuna realtà ecclesiale particolare; quelli che vivono nelle regioni più remote della terra e che hanno poche opportunità di formazione e di crescita umana e spirituale; quelli che rappresentano una piccola minoranza nel loro paese e vivono in contesti multi-religiosi; quelli che nutrono la loro fede esclusivamente attraverso la religiosità popolare; quelli che sono evangelizzati dalla sola vita di preghiera vissuta in famiglia. Allargare lo sguardo a tutti i fratelli nella fede, di ogni categoria sociale e di ogni regione del mondo, vi aiuterà molto a pensare in modo creativo e realistico a come il Dicastero può essere di sostegno alle Chiese per accompagnare i battezzati a vivere con gioia, convinzione e fedeltà l’appartenenza a Cristo, diventando discepoli missionari, protagonisti nella promozione della vita, nella difesa della retta ragione, della giustizia, della pace, della libertà, nel favorire la sana convivenza fra i popoli e le culture.

Sentire con il cuore della Chiesa madre e avere uno sguardo da fratelli. Sono le due immagini che vi lascio e che spero vi aiutino a riflettere sul cammino che avete davanti. Sono due immagini che ci fanno volgere lo sguardo a Maria, colei che impersona perfettamente la Chiesa-madre e che insegna a tutti i discepoli di suo Figlio a vivere da fratelli. Quell’icona della Madonna in preghiera, in attesa dello Spirito Santo: è la Madre che fa vivere da fratelli.

E, prima di finire, vorrei tornare su due punti che erano impliciti qui. Prima di tutto, il pericolo di clericalizzare i laici. Voi siete laici, voi dovete lavorare con i laici, non clericalizzare i laici. Tante volte è successo nell’altra diocesi [Buenos Aires], veniva un parroco e mi diceva: “Ho un laico meraviglioso, sa fare tutto, tutto. Lo facciamo diacono?…”. Questo fenomeno lo vedo anche nei diaconi: diventano diaconi permanenti e invece di essere i custodi del servizio nella diocesi, subito guardano l’altare e finiscono per essere “preti mancati”, preti a metà strada. Io consiglio ai vescovi: “Allontanate i diaconi dall’altare”, che vadano al servizio. Sono i custodi del servizio, non chierichetti di prima categoria o preti di seconda categoria. Questo della clericalizzazione è un punto importante.

Poi, la seconda cosa che mi è venuta in mente leggendo è questa: il vostro Dicastero, dopo una lotta non facile – il Prefetto lo sa – ha la grazia di avere due Sottosegretarie, di avere inserito le donne proprio nella struttura. E due sono poche! Dobbiamo andare avanti per inserire le donne nei posti di consiglio, anche di governo, senza paura. Sempre tenendo presente una realtà: il posto della donna nella Chiesa non è soltanto per la funzionalità. Sì, certo, può anche essere capo dicastero. Nella nomina del capo del Dicastero dell’Economia, dell’altro giorno, nella lista finale c’erano due donne; potevano essere capo dicastero. Questa è la funzionalità. Ma è molto importante il consiglio della donna. Una delle vostre Sottosegretarie, nell’incontro dei Presidenti delle Conferenze episcopali a febbraio sull’abuso, ha fatto sentire un’altra musica, un altro modo di vedere e pensare. E questo ha arricchito. Posti di governance, di consiglio, ma che non finisca solo nella funzionalità. E su questo non abbiamo lavorato ancora. Il ruolo della donna nell’organizzazione ecclesiale, nella Chiesa va oltre, e dobbiamo lavorare su questo oltre, perché la donna è l’immagine della Chiesa madre, perché la Chiesa è donna; non è “il” Chiesa, è “la” Chiesa. La Chiesa è madre. La Chiesa è capace di portare avanti questa realtà e la donna ha un’altra funzione. Non deve avere lavoro funzionale, ma il lavoro va oltre. È quel principio mariano proprio della donna; una donna nella Chiesa è l’immagine della Chiesa sposa e della Madonna.

Mi raccomando queste due cose: non clericalizzare i laici e aprire questo nuovo orizzonte per capire bene cosa è la donna nella Chiesa.

A Maria chiedo per voi aiuto e protezione. Vi ringrazio per il servizio che avete accettato di svolgere e vi auguro che la vostra collaborazione con la Santa Sede, in aiuto al ministero del Papa, sia fonte di crescita personale per voi e di grande fecondità per la Chiesa universale. Di cuore vi benedico, confidando anche nelle vostre preghiere per me. Non dimenticatevi di farlo. Grazie.

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ZENIT Staff

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