"Seguire Cristo, verso dove?"

Discorso di mons. Bertolone nella presentazione del libro “Sui sentieri del vecchio Gesù” di Egidio Chiarella

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Riprendiamo di seguito il testo del discorso pronunciato ieri da monsignor Vincenzo Bertolone, arcivescovo di Catanzaro-Squillace, nella presentazione del libro “Sui sentieri del vecchio Gesù” di Egidio Chiarella, avvenuta ieri a Catanzaro.

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Nel porgere i miei saluti a tutti i convenuti, ma soprattutto il mio vivo ringraziamento al prof. Egidio Chiarella per la perspicace lungimiranza nel raccogliere le sue riflessioni in questo volume scrivendo “ vorrei compiere con ciascuno di voi un breve ma intenso viaggio “Sui sentieri del vecchio Gesù”.

Già Padre Scarafoni, nella conclusione del testo ha evidenziato l’aggettivo “vecchio” posto accanto al nome di Cristo, leggendo, pur nell’iniziale sconcerto, la frequentazione dell’autore e dei suoi interlocutori con questo amico che potremmo definire di “vecchia data”. E, come tale, è un amico gradito, punto di riferimento, sperimentato da tanto tempo, aggiunge ancora Padre Scarafoni.

Non si può che concordare con questa lettura. Tuttavia, c’è un aspetto che vorrei considerare qui con voi, questa sera. Più che un aspetto, è stata una vera e propria domanda, che lo stesso titolo mi ha quasi imposto di pormi: di quali “sentieri” si tratta?

Due le possibili risposte. La prima indicherebbe i sentieri che lo stesso Cristo ha percorso nel suo viaggio terreno. La seconda, invece, molto più probabile, i sentieri che lo stesso Egidio e i suoi lettori possano  intraprendere, nella sequela Christi, “Sulle orme del Divino Viandante”. Già un po’ di anni fa avevo fermato la mia meditazione sul paradigma del viaggio a partire e all’interno della vita consacrata, prendendo in considerazione la mirabile pagina dell’incontro tra il Cristo e i discepoli sulla via di Emmaus raccontato nel Vangelo di Luca. Di quella mia personale, e poi condivisa, sosta meditativa, credo sia rimasto come punto fermo un dato che è divenuto fondamentale per me come cristiano e, ancor prima, come uomo: il coinvolgente e al contempo stravolgente incontro con Gesù Cristo.

La vita di quei due discepoli, dopo quella passeggiata ordinaria con un pellegrino straordinario, ha avuto una battuta di arresto nel loro stanco andare, fatto di una speranza disattesa, di una illusione delusa, per divenire, dopo quell’incontro, una marcia contro corrente, una corsa senza fine, un cammino non più solitario ma in compagnia del Divino Viandante.

Due strade apparentemente parallele, si sono intersecate per l’irrefrenabile desiderio di Gesù Cristo di farsi, ancora una volta, prossimo di un uomo sfiduciato, privo di speranza, incapace di amare e, in tal modo, metterlo nella condizione di percorrere non una strada parallela, fatta di passivo affiancamento, bensì una corsia di accelerazione, in cui la propria esistenza si immette nella grande autostrada che è il Cristo e ripartire con Lui da Lui. «… ripartire da Cristo significa ritrovare il primo amore, la scintilla ispiratrice da cui è iniziata la sequela, che è soltanto risposta d’amore all’amore di Dio. Quanto più ci immergiamo nell’amore di Dio e ci intratteniamo con Lui, sprofondando in questa relazione, tanto più diveniamo capaci di assumere nel nostro quotidiano il volto dell’amore: guardiamo il volto di un Tu che rende la nostra vita reale, autentica, trasparente e al tempo stesso guardiamo, contemplandoli con delicata e vigile passione, i tanti volti che costeggiamo nel nostro cammino» (Sulle orme del Divino Viandante, pp. 85-86).

Ripartire da Cristo significa “seguire Gesù”. E, con il carissimo Egidio e con tutti voi, torno a pormi e riproporvi, ancora una volta, un inevitabile e quanto mai necessario interrogativo: perché seguire Cristo? Seguire Cristo, verso dove? Quale la meta finale di questo viaggio?

La mia risposta che vorrei offrirvi, avviandomi alla conclusione, è un confronto con due itinerari di viaggio divenuti nella storia letteraria il paradigma del viaggio e i due protagonisti, i viaggiatori per antonomasia: Ulisse, nell’Odissea omerica, e Dante, nella Divina Comedia.

Il primo, Ulisse, l’errante; l’uomo dal multiforme ingegno «che molto errò… che città vide molte, e delle genti / l’indol conobbe… Sol dal suo regno e dalla casta donna / Rimanea lungi Ulisse…» (Odissea, Lib I).

Il secondo, Dante, il pellegrino; colui che dal perdersi in una selva oscura, giunse a contemplare «l’amor che move il sole e l’altre stelle» (Paradiso, XXXIII, 145).

Entrambi viaggiatori, ma con un differente punto di partenza, perché differente la meta da raggiungere: Ulisse, una meta “ecologica”, il ritorno nella sua casa, nel suo mondo, la sua realtà, la sua verità; Dante, una meta “cosmologica”, di più ampio respiro, che va oltre il tempo e lo spazio, dove la realtà non è sua, bensì di un’altrui Verità che giustifica e porta a compimento l’intero viaggio terrestre.

Punto di partenza: il medesimo viaggio; il punto di arrivo: una differente meta. La meta omerica è terrena; quella dantesca è celeste, non escludendo, tuttavia, nel caso di Dante, quella terrestre. Anzi; quella celeste illumina sin nelle viscere la verità che l’uomo porta da sempre con sé: il desiderio di conoscere se stesso, ma andando oltre il limite epidermico che lo delimita nella sua finitezza e lo pone già in stretto contatto con ciò che egli non é o è diverso da ciò che egli è.

Ed è quanto, nelle sue riflessioni il nostro Egidio, dal punto di vista umano, ma con un approccio e una prospettiva celeste, ha cercato di seguire e perseguire nel suo cammino con i suoi interlocutori. Alla domanda sul perché e sul come seguire Gesù, la risposta è stata sin troppo chiara ed evidente: «Gesù ci insegna anche che prima di mettersi alla sua sequela, bisogna amarlo più di quanto si amino le proprie persone care. Qualcuno si smarrisce dinanzi a questa richiesta! Non sa che donarsi a Cristo porta al consolidamento di una autentica armonia naturale» (p. 67).

E, augurandovi un travolgente e proficuo cammino con il Divino Viandante, concludo con le parole del nostro carissimo autore, che nuovamente ringrazio: «L’amore per Cristo non spegne il valore della famiglia o della comunità in cui siamo! Ne cambia il cuore; ne rivoluziona i progetti; ne libera la mente, di fronte alle storture del mondo. Ecco perché ognuno di noi, prima di scegliere Gesù, non per un attimo, un tempo illimitato, ma per tutta la vita, deve valutare le proprie forze, scrutare la sua volontà, esaminare il suo cuore, fare luce nei suoi pensieri» (idibem).

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ZENIT Staff

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