"Se noi consacrati non ci fermiamo ogni giorno a pregare, il 'vino nuovo' diventa aceto"

Il Papa esorta i partecipanti alla Plenaria della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata a portare avanti il rinnovamento avviato dal Concilio. Ricorda poi che lodare e adorare Dio “non è perdere tempo…”

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È piaciuto tanto al Papa il titolo che la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha scelto per la sua Plenaria: “Vino nuovo in otri nuovi”. Un tema “bello e significativo”, ha detto infatti ai partecipanti ricevuti stamane in udienza in Sala Clementina, perché questa parola evangelica spinge alla riflessione “sull’oggi della vita consacrata nella Chiesa”, cinquant’anni dopo il rinnovamento apportato dal Concilio Vaticano II.

A mezzo secolo dalla Costituzione Lumen gentium e dal Decreto Perfectae caritatis, ha sottolineato infatti il Pontefice, “il vento dello Spirito ha continuato a soffiare con forza”, da una parte spingendo gli Istituti “ad attuare il rinnovamento spirituale, carismatico e istituzionale” richiesto dal Vaticano II, dall’altra suscitando nel cuore di uomini e donne “modalità nuove di risposta all’invito di Gesù di lasciare tutto per dedicare la propria vita alla sequela di Lui e all’annuncio del Vangelo”.

Dunque, “nuova uva è maturata e nuovo vino è stato spremuto” in questo tempo. E, obiettivo della Plenaria del Dicastero è proprio di “discernere la qualità e la stagionatura del ‘vino nuovo’ che si è prodotto nella lunga stagione del rinnovamento”, e di valutare se “gli otri” che lo contengono – cioè tutte le forme istituzionali presenti oggi nella vita consacrata – “sono adeguati a contenerlo”.

In ogni caso, “non dobbiamo avere paura di lasciare gli ‘otri vecchi’”, ha rimarcato Bergoglio; non dobbiamo avere paura, cioè, “di rinnovare quelle abitudini e quelle strutture che, nella vita della Chiesa e dunque anche nella vita consacrata, riconosciamo come non più rispondenti a quanto Dio ci chiede oggi per far avanzare il suo Regno nel mondo”.

Il riferimento del Papa è per tutte quelle “strutture” che “ci danno falsa protezione e che condizionano il dinamismo della carità”; come pure per “le abitudini che ci allontanano dal gregge a cui siamo inviati e ci impediscono di ascoltare il grido di quanti attendono la Buona Notizia di Gesù Cristo”.

Vere e proprie “aree di debolezza”, le ha definite il Santo Padre, che fungono oggi da pietra d’inciampo nel cammino della vita consacrata. “La resistenza di alcuni settori al cambiamento” ne è un esempio, ma anche “la diminuita forza di attrazione”. Per non parlare del “numero non irrilevante di abbandoni”. “Questo mi preoccupa!”, ha ammesso Papa Francesco, perché “dice qualcosa circa la selezione dei candidati e la formazione dei candidati”.

Poi – ha proseguito – ci sono anche “il mistero di ogni persona, la fragilità di certi itinerari formativi, l’affanno per i compiti istituzionali e ministeriali a scapito della vita spirituale, la difficile integrazione delle diversità culturali e generazionali, un problematico equilibrio nell’esercizio dell’autorità e nell’uso dei beni”.

“Mi preoccupa anche la povertà, eh!”, ha soggiunto. Quella povertà che, diceva Sant’Ignazio, “è la madre e anche il muro della vita consacrata”: madre perché “dà vita” e muro perché “protegge dalla mondanità”.

In questo impegnativo compito della Congregazione di valutare il vino nuovo e saggiare la qualità degli otri che lo devono contenere, servono pertanto dei criteri orientativi. Il Papa li ha elencati uno ad uno: “l’originalità evangelica delle scelte” anzitutto, poi “la fedeltà carismatica, il primato del servizio, l’attenzione ai più piccoli e fragili, il rispetto della dignità di ogni persona”.

Soprattutto c’è la preghiera, che è il fulcro della vita consacrata. “Dite ai nuovi membri, per favore, che pregare non è perdere tempo, adorare Dio non è perdere tempo, lodare Dio non è perdere tempo”, ha raccomandato infatti il Pontefice. “Noi consacrati siamo consacrati per servire il Signore e servire gli altri con la Parola del Signore”, ha aggiunto, e se “non ci fermiamo ogni giorno davanti a Dio nella gratuità della preghiera, il vino sarà aceto!”. In tal senso, è bene anche non dimenticarsi “di ringraziare il Padrone della vigna che vi ha chiamato a questo esaltante compito”.

Prima di concludere, il Vescovo di Roma ha esortato ancora una volta i presenti a portare avanti il cammino di rinnovamento avviato, “e in gran parte attuato”, in questi cinquant’anni, “vagliando ogni novità alla luce della Parola di Dio e in ascolto delle necessità della Chiesa e del mondo contemporaneo”. Per far ciò, bisogna utilizzare “tutti i mezzi che la saggezza della Chiesa mette a disposizione per avanzare nel cammino della vostra santità personale e comunitaria”. Fra questi il più importante è la preghiera, appunto, anche quella “gratuita”, “di lode” e “di adorazione”.

Tra gli applausi generali, Francesco ha infine ricordato che la Plenaria della Congregazione si colloca proprio alla vigilia dell’Anno della Vita Consacrata. “Preghiamo insieme il Signore perché ci aiuti in questo Anno a mettere ‘vino nuovo in otri nuovi’!”, ha detto. E ha affidato tutti alla Vergine Maria, perché “ vi accompagni e vi ottenga un nuovo ardore di risorti e la santa audacia di cercare nuove strade”. 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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