Se il missionario racconta la vita

La difficile realtà africana spiegata agli allievi di un liceo

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di padre Piero Gheddo, del PIME

ROMA, mercoledì, 5 dicembre 2012 (ZENIT.org) – Il 28-29 novembre ho trascorso una giornata faticosa ma meravigliosa a Correggio (Reggio Emilia), cittadina di 25.000 abitanti, parlando sul tema: Quale il futuro dell’Africa? col sottotitolo: Perché il continente nero fatica a svilupparsi?.

Il 28 sera conferenza a 110 persone del “Circolo Pier Giorgio Frassati”; il mattino dopo la Messa (con omelia sull’Anno della Fede) nella chiesa pubblica delle suore di clausura Clarisse Cappuccine; poi, dalle 9.30 a mezzogiorno ho parlato dell’Africa a 200 e più alunni del liceo statale e di altre scuole superiori della città, nel quadro di un “programma formativo” organizzato dalle scuole stesse.

In passato le scuole invitavano spesso i missionari, oggi molto meno. Avevo accettato, ma ero anche un po’ preoccupato, dato che si sentono tanti giudizi negativi sulla scuola e sui giovani. Ho detto ai molti giovani che affollavano la Sala multimediale Santa Chiara, che sono solo un missionario di 83 anni con sessant’anni di giornalismo alle spalle e ho avuto la possibilità, lavorando per diversi giornali e radiotelevisioni, di visitare una trentina di paesi africani, diversi dei quali più volte. Non sono un politico o un economista, ma semplicemente un missionario invitato da vescovi africani o da missionari e suore italiani a visitare le loro missioni. Infatti non ho parlato di politica africana, di economia, di guerre, dittature, commerci.

Ho raccontato per esperienza diretta nei villaggi rurali e nelle periferie delle città, come vivono la grande parte dei neri africani. Ho cominciato raccontando l’ultima volta che ho dormito in una capanna di fango e paglia nella missione di Tulum fra i “tupurì” del Nord Camerun (2009), su una brandina e relativa zanzariera. Voi – dicevo – quando vedete quelle capanne nei film e nei fumetti, con le palme sullo sfondo, pensate che quell’ambiente è  bello e poetico. Ma se nella capanna voi ci vivete e dormite dentro, è diverso. Vai a letto e dopo due-tre ore ti svegli per fare pipì, prendi dal tavolino la pila, la accendi e metti la testa fuori della zanzariera. Ecco, ti accorgi che quella capanna è abitata, oltre che dal sottoscritto, da molte altre creature del buon Dio: insetti, zanzare, formiche, mosche, lucertole, ragni, topi. Nel grande salone dove raccontavo questa esperienza, non si sentiva volare una mosca! E quando esci all’aperto sotto un bel cielo stellato, ti accorgi che lì finalmente respiri davvero. Nella capanna, che ha solo una piccola finestrella ben chiusa (per non far entrare i serpenti e gli spiriti  cattivi), manca l’ossigeno. Dormire con poco ossigeno, lo sappiamo tutti, non riposa  bene. Se uno va avanti anni così, certo sopravvive, ma la persona non può avere pieno sviluppo.

I 200 cari giovani che avevo davanti non avevano mai sentito una simile presentazione del popolo africano. Erano attenti, maturava in loro una visione realistica dell’abisso fra ricchi e poveri del mondo, cioè fra noi italiani e i nostri giovani fratelli africani. Poi ho continuato raccontando come sono le scuole (spesso le classi hanno 60-80 alunni, in Italia al massimo trenta) e come i giovani della loro età, che hanno avuto la fortuna di andare a scuola, studiano in quelle capanne di cui ho detto e si impegnano al massimo, perché sanno che se non passano gli esami tornano a fare i contadini, i manovali; e poi il lavoro, il cibo, l’assistenza sanitaria, le strade, le dittature e l’instabilità politica, i tabù, gli stregoni, la magia e il malocchio, che bloccano lo sviluppo di una persona libera, ecc.

Raccontando questi esempi dal vivo mi sono commosso e ho visto adolescenti e giovani attenti e sensibili. La prima domanda l’ha fatta una ragazza che mi dice: “Mi sento fortunata e inutile davanti a queste situazioni di miei coetanei. Cosa possiamo fare noi per aiutarli?”. Ho risposto: “La cosa migliore che puoi fare è vivere una vita d’impegno e di onestà, una vita non egoistica ma altruistica: studia, lavora, impegnati nella famiglia e nella società, per aiutare l’Italia ad uscire dalla crisi esistenziale in cui tutti ci troviamo, che ci porta al pessimismo e quindi alla chiusura verso gli altri. Siete voi giovani il futuro dell’Italia e del mondo globalizzato. Ma dovete capire che la vita non è un divertimento, ma va vissuta con spirito di sacrificio per poter realizzare i vostri ideali e spirito di solidarietà verso tutti gli altri che hanno ricevuto dalla storia e da Dio meno di voi. Gesù dice: “Quello che gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente datelo a chi ha ricevuto meno di voi”.

Poi ho continuato parlando brevemente delle cause del sottosviluppo africano, che sono esterne ed interne: soprattutto la povertà africana viene dal ritardo storico di un continente, che è stato colonizzato per poco più di un secolo (con due guerre mondiali in mezzo), quindi è entrato nel mondo moderno da troppo poco tempo per avere popoli preparati a governarsi e a produrre per la propria sopravvivenza e la crescita economica. Cito alcuni esempi che ripeto da una vita: a Vercelli produciamo 80 quintali di riso all’ettaro, nell’agricoltura tradizionale africana sono 5-6; le vacche italiane producono 25-28-30 litri di latte al giorno, quelle africane non producono latte, eccetto 1-2 litri al giorno quando hanno il vitellino; molti progetti industriali costruiti dall’Occidente nelle città africane spesso non producono o producono il 30-40% della potenzialità. Ma per capire tutto questo bisogna conoscere com’è la vita di base della maggioranza dei neri africani e il peso negativo che ha il tribalismo e le superstizioni della religione locale, l’animismo. L’Africa e gli africani sono il continente giovane e hanno immense potenzialità di sviluppo, purchè siano aiutati come fratelli e non sfruttati con astuzia e prepotenza.   

Ho concluso dicendo che la Chiese cristiane sono radicate nei paesi a sud del Sahara e, con gli aiuti materiali, l’educazione e la sanità, portano il Vangelo, che nella vita di Cristo e dei primi cristiani educa a quei princìpi che hanno rivoluzionato la storia dell’umanità e sono alla base del progresso moderno: Dio è Padre e Amore, l’uomo e la donna creati ad immagine di Dio, dignità assoluta della creatura umana e della famiglia (che viene prima dello Stato), i diritti dell’uomo e della donna, il lavoro per dominare e utilizzare la natura, le libertà democratiche, ecc. Tutti valori che non ci sono nell’animismo africano. Alla fine ho detto che la fede in Gesù Cristo, unico Salvatore dell’uomo, dà una marcia in più nella vita e ho terminato dicendo a quei cari giovani di salvare la fede, l’unica vera ricchezza che abbiamo e che la crisi della nostra Italia viene dal fatto che, come popolo, stiamo abbandonando Dio e Gesù Cristo e da soli siamo vittime dei nostri egoismi. Poi domande degli alunni, interesse degli insegnanti, che continueranno questo incontro dando compiti, ecc. Insomma, quando esco per incontri faccio fatiche notevoli (per la mia età!), ma torno a casa ringraziando il buon Dio che mi offre tante occasioni di diffondere la buona notizia del Vangelo.

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ZENIT Staff

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