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Se il cristiano omette di rivelare la sua verità!

Un battezzato non può fare a meno della croce: essa non deve essere considerata come “l’antitetico” della prosperità umana

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I tempi sono particolarmente ingarbugliati. Basta dare uno sguardo al nostro pianeta, per accorgersi subito come il progresso economico, civile e sociale, abbia tradito in pieno le sue promesse e suoi preamboli, nonché le protasi del suo poema o manifesto di felicità umana. La povertà aumenta, mentre una finanza prepotente, attivata e alimentata da una corruzione che “narcotizza” il cuore e la mente dell’uomo, guida spesso i processi di cambiamento. La voce di papa Francesco, in questi giorni, ha amplificato dal Messico il dolore di popoli interi ed ha innalzato il suo monito profetico dinnanzi alla loro miseria, frutto dell’arricchimento illecito di pochi. Il cristiano sappia essere positivo e fiducioso!
Lo sia ovunque detenga responsabilità di famiglia e di comunità; di governo e di gestione a più livelli; di formazione spirituale e culturale; di legislatore o di giudice. Il cristiano non può cambiare i connotati di Cristo, per sfuggire alla logica di un relativismo che teme la verità storica del Figlio dell’Uomo, comunque sempre più debole per la colpa evidente dei suoi nuovi discepoli. La verità non si difende solo con le grandi manifestazioni di piazza, ma con il singolo comportamento quotidiano di ognuno che, nella sua normalità, sappia testimoniare la presenza di Cristo intorno a sé.
Illuminante un passaggio di monsignor Costantino di Bruno: “Il cristiano, vero corpo di Cristo, suo discepolo, anche lui è obbligato a rivelare nella storia la sua verità con segni concreti, con opere particolari. Manifestando la sua verità, lui manifesta e rivela Cristo, del quale è vero corpo. Se il cristiano non rivela la sua verità nella storia, ma si limita a dirla solamente, mai lui renderà testimonianza a se stesso, a ciò che dice di essere, e la sua parola è vuota. Mai potrà convincere una parola che non si trasforma in storia”.
Se il cristiano omette di rivelare la sua verità in ogni sua azione terrena, diventa inevitabilmente il responsabile dello sfaldamento della Parola del Vangelo. Essa va viceversa ricordata, vissuta, per salvare e convertire se stessi e gli altri, lontani dalla via della redenzione.
Cristo perciò è stato dimenticato e archiviato,  se intorno a noi prolificano gli atti di violenza; se si prevedono capitoli di bilanci privati e non da capogiro per la costruzione o l’acquisto di armi; se la droga e il narcotraffico, come ha denunciato il Santo Padre nel suo ultimo viaggio, hanno trasfigurato la bellezza di intere comunità; se la natura è devastata dall’inquinamento; se i valori universali che hanno retto da sempre l’organizzazione sociale e familiare di un Paese vengono messi in discussione; se la vita umana può essere generata al di là della procreazione naturale tra un uomo e una donna; se essere maschi o femmina è oggi considerato un aspetto psicologico, piuttosto che biologico.
Il cristiano deve essere attratto dalla bellezza di Dio ed a sua volta farsi bello dentro e fuori. Un atto comportamentale necessario non certo per imporre il vangelo, perché l’altro va lasciato sempre nella sua libertà personale, ma per accendere i tanti cuori ormai assopiti e spenti.  Il mondo cristiano di frequente trasmette il Vangelo dal di fuori di sé, dando spazio all’indifferenza e alle false certezze. Ogni verità assoluta si trasforma, di riflesso, in relativa, abdicando alla possibilità di incidere sul cambiamento e sul rinnovamento interiore dell’uomo.
Al contrario sarà quest’ultimo ad adattarla al suo modo di vedere e di proporre le cose. Il cristiano potrà mostrare la sua verità solo se sarà in grado di trasformare la Parola in un vero modello di vita. Il resto è perdita di tempo e dannazione personale; garanzia forse ideale, ma priva di fondamento storico che arricchisce l’incredulità. Oggi non si vuole aprire il proprio cuore a Cristo, fino al punto di eliminare il crocifisso da ogni parete pubblica; di non riconoscere le radici cristiane nella Costituzione Europea;  di cancellare i segni della propria storia con la scusa dell’integrazione; di nascondersi, a volte, dietro lo scudo dello Stato laico, per impedire che qualche frammento di verità cristiana disturbi il progetto di una società pensata a tavolino dai grandi poteri di turno.
Ma è proprio quel crocifisso, oggi nascosto, che rappresenta invece il futuro; l’evoluzione; il rinnovamento. È Lui lo strumento principale per la costruzione della pace e per equilibrare gli aberranti dislivelli sociali; rimodulare il cinismo e la freddezza dei mercati finanziari; spostare l’asse dell’individualismo tenebroso ed esasperato, verso la luce del bene comune e della comunione sociale. Come i primi discepoli, anche i cristiani di oggi fanno però fatica a capire che il Crocifisso e il Messia sono una unica cosa. Un mondo che vive di perfezionismo, di esaltazione della personalità, di ruoli altolocati, non sa vedere nella croce la potenza del Messia. Gli stessi miracoli, necessari a certificare la sua divinità, non riescono a giustificare un Messia Crocifisso.
Quella voce del Padre che sul monte trasferì direttamente a Pietro, Giovanni e Giacomo la verità delle verità: “Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”, sia ancora oggi per ogni credente l’attestazione che Dio e Croce camminano insieme. Un insieme, umano e soprannaturale, che permette al Figlio dell’Uomo di redimere l’umanità intera. Non esiste un vero cristiano che possa fare a meno della croce. Essa non deve far paura in un tempo di esaltazione delle cose terrene; né tantomeno essere considerata come l’antitetico della prosperità umana. È soprattutto obbedienza alla Parola, in ogni istante, in ogni situazione, in ogni opera compiuta. È perciò felicità!
Un’obbedienza che libera, guarisce, fortifica, anche se l’uomo preferisce la strada più facile, come quella del potere fine a se stesso; dell’esaltazione del consumo; di una fede intimistica; di un Dio modellabile; di una socialità che respinge; di un individualismo falsamente aperto all’esterno; di un cammino senza pesi, senza croce, senza fastidi, senza l’altro che, disperato, fugge.
Chi volesse contattare l’autore può scrivere al seguente indirizzo email: egidiochiarella@gmail.com. Sito personale: www.egidiochiarella.it. Per seguire la sua rubrica su Tele Padre Pio: https://www.facebook.com/troppaterraepococielo

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Egidio Chiarella

Egidio Chiarella, pubblicista-giornalista, ha fatto parte dell'Ufficio Legislativo e rapporti con il Parlamento del Ministero dell'Istruzione, a Roma. E’ stato docente di ruolo di Lettere presso vari istituti secondari di I e II grado a Lamezia Terme (Calabria). Dal 1999 al 2010 è stato anche Consigliere della Regione Calabria. Ha conseguito la laurea in Materie Letterarie con una tesi sulla Storia delle Tradizioni popolari presso l’Università degli Studi di Messina (Sicilia). E’ autore del romanzo "La nuova primavera dei giovani" e del saggio “Sui Sentieri del vecchio Gesù”, nato su ZENIT e base ideale per incontri e dibattiti in ambienti laici e religiosi. L'ultimo suo lavoro editoriale si intitola "Luci di verità In rete" Editrice Tau - Analisi di tweet sapienziali del teologo mons. Costantino Di Bruno. Conduce su Tele Padre Pio la rubrica culturale - religiosa "Troppa terra e poco cielo".

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