Schiavi in Europa

Quasi un milione di persone sono vittime dello sfruttamento sessuale o del lavoro forzato

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GINEVRA, venerdì, 13 luglio 2012 (ZENIT.org) – Nell’intera Unione Europea quasi un milione di persone, in maggioranza donne, sono costrette in condizioni di schiavitù, per sfruttamento sessuale (270mila) o lavoro forzato (670mila). Lo denuncia un’indagine dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).

Lo sfruttamento sessuale coinvolge in particolare donne provenienti dall’Asia, dall’Africa e dall’Europa centrale e sudorientale, mentre le vittime del lavoro forzato, secondo le analisi dell’ILO sono soprattutto cittadini comunitari. I settori nei quali il fenomeno è più presente sono l’agricoltura, il lavoro domestico, il manifatturiero e l’edilizio.

“Le vittime sono ingannate con false offerte di lavoro, per poi scoprire che le condizioni sono peggiori di quello che speravano. Numerose vittime sono immigrati irregolari, pertanto il loro potere contrattuale è molto ridotto”, ha spiegato Beate Andrees, direttore del programma ILO contro il lavoro forzato, al momento della presentazione del rapporto. L’indagine dell’ILO riporta anche di molti casi di adulti e bambini obbligati a esercitare attività economiche illecite o informali, in particolar modo l’accattonaggio.

Andrees ha espresso la sua preoccupazione perché il fenomeno “sta crescendo anche durante la crisi economica, che rende le persone più vulnerabili a tali abusi”.

L’ILO ha inoltre ricordato che negli ultimi anni gli stati dell’Unione Europea hanno progressivamente assunto un approccio sempre più globale sulla tratta delle persone per lo sfruttamento sessuale e il lavoro forzato. In concreto, la stessa ILO ha lavorato a stretto contatto con i governi di Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Polonia, Portogallo e Romania per compiere indagini sui meccanismi di reclutamento, truffe e abusi nei settori più vulnerabili alla tratta delle persone. Ciò ha permesso sensibili progressi nella messa a punto degli strumenti per la lotta al fenomeno.

Il rapporto aggiunge che nell’Unione Europea, soprattutto in paesi come la Germania, l’Italia, la Polonia e il Portogallo, si registra un aumento della capacità degli ispettori del lavoro di segnalare i casi di lavoro forzato.

Ciononostante, alla luce di dati tanto impressionanti sulla persistenza del fenomeno, l’ILO invita a incrementare gli sforzi. “Non si perseguono ancora in modo adeguato gli individui responsabili di tante sofferenze inflitte a un numero tanto alto di persone. C’è bisogno di un cambiamento”, ha detto Andrees.

L’elaborazione giuridica di strumenti internazionali e di politiche capaci di contrastare la tratta di esseri umani e il lavoro forzato, inteso come “tutti i lavori e i presunti servizi di qualunque persona sotto la minaccia di un castigo e per i quali la persona non si è offerta volontariamente”.

L’ILO ha pubblicato il rapporto La crisi dell’occupazione nell’Eurozona: tendenze e risposte politiche, secondo il quale il numero dei disoccupati nell’Eurozona potrebbe salire dagli attuali 17,4 milioni a 22 milioni nei prossimi quattro anni.

Lo studio ammonisce che, se non si verificherà un cambio di rotta delle politiche dei paesi delle moneta unica, sorgeranno nuove difficoltà, tanto nei paesi attualmente sotto pressione, quanto nei paesi in cui la situazione è più stabile.

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ZENIT Staff

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