Fratel Salomone Leclercq

Sarà Santo fratel Salomone Leclercq, martire della Rivoluzione francese

Un grande maestro, membro professo dei Fratelli de La Salle, che si rifiutò di prestare giuramento al Governo giacobino

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Domenica 16 ottobre, Papa Francesco celebrerà la Messa in piazza San Pietro con il rito della canonizzazione di sette Beati. Tra questi fratel Salomone Leclercq, martire durante la Rivoluzione francese.
Nato Guillaume-Nicolas-Louis Leclercq (15 Novembre 1745 – 2 Settembre 1792), fratel Salomone, era un prete cattolico ucciso durante la rivoluzione francese per il suo rifiuto di prestare giuramento di fedeltà al nuovo governo. Leclercq assunse il nome religioso di “Salomone” dopo essere stato ammesso come membro professo dei Fratelli de La Salle.
Maestro, formatore di giovani, spesso sbandati, ma anche procuratore di un grande collegio, professore, segretario generale della Congregazione. Figlio di commercianti, mite e riservato Nicolas, nato nel 1745 a Boulogne sur Mer, importante porto vicino al canale della Manica, cresce in una famiglia agiata, numerosa e dai saldi principi religiosi: una mamma presente e gioiosa, sicuro conforto, un papà retto e onesto nei suoi scambi commerciali di prodotti alimentari e di vino, oltre che proprietario di due saline a La Rochelle.
Forse per questo i genitori scelgono la scuola lasalliana, orientata al potenziamento delle attività di calcolo, proprio per dare concretezza già nel ‘700 al percorso scolastico di ragazzi figli di commercianti, oltre che di artigiani e poveri. Il papà stesso ne era stato alunno e ne conservava stima e apprezzamento.
Anni preziosi per il giovane, affascinato dal suo grande libro sugli “eroi di Dio” che preferisce alle storie di avventurieri; anni in cui assorbe quella testimonianza quotidiana fatta di sobrietà e dedizione dei suoi maestri che preparerà poi il terreno per la maturazione della futura vocazione.
A 16 anni, concluse le scuole, è il tempo dell’apprendistato. In vista di un impiego nell’impresa familiare viene mandato prima a Devres, non lontano da Boulogne e poi a Parigi per uno “stage”.
Ma è proprio nel tumulto della capitale, dove impera l’intolleranza religiosa e i giovani – come quelli alloggiati con lui alla pensione Vessette – sono allo sbando, che matura il rifiuto per una vita smodata e mondana e cresce la nostalgia di una pienezza vissuta. Il ritorno a casa e la determinazione: “voglio essere come i miei maestri, i fratelli delle Scuole cristiane, far mia la loro pietà, austerità, il servizio ai giovani”. Una vocazione per differenza, che ricorda quella di San Benedetto.
L’ingresso a 21 anni in noviziato, la gioia di un cammino pieno e vero, testimoniato dalle tante lettere scritte alla sua famiglia, grande dono del cielo. Presto insegnante a 23 anni, prima a Rennes e poi a Rouen, arriverà ad avere classi fino a 130 alunni, accompagnando ciascuno dalla mattina alla sera, “nella lettura, scrittura e calcolo”: adolescenti anche difficili, come a Maréville, inviati alla scuola per essere rieducati, con cui impara, anche con sofferenza, a relazionarsi con tenerezza, misericordia e autorevolezza, virando quella sua innata timidezza in gioia e sana inquietudine non solo per istruire, quanto piuttosto per accompagnare con pazienza, viste le carenze delle famiglie di provenienza, ad orizzonti di senso.
A 27 anni i voti perpetui e dopo pochi mesi, il nuovo incarico di maestro dei novizi, compito delicato ed impegnativo: capacità di discernimento e accompagnamento dei futuri religiosi, a cui trasmettere il senso profondo di regolamenti e costituzioni lasalliane, introducendoli alla pratica costante delle virtù e il tutto in un anno. Tempo di ascesi in cui la gioia per aver scelto l’essenziale aumenta di fronte al non senso proposto dal mondo, alla corsa ai beni temporali, alle ricchezze che finiscono.
La percezione e il desiderio di essere solo umile strumento di grazia, la lotta quotidiana nella scelta del bene, il sostegno forte dei sacramenti, la devozione al Sacro Cuore e a Maria, l’affidamento alla Provvidenza sono tra i tratti principali della sua spiritualità.
A 32 anni lo troviamo a dirigere a Maréville, grande complesso educativo, con circa 1.000 alunni, di cui 150 ragazzi “difficili” affidati dai tribunali, un noviziato e una comunità di 40 fratelli. Oltre ad un po’ di insegnamento, dovrà soprattutto amministrare; si tratta di numerosi edifici, di animali, vigne e frutteti annessi. Dagli approvvigionamenti, alla sistemazione delle strutture, alle trattative con agricoltori e commercianti.
Un cambio repentino di vita, che lo riporta alle cose del mondo, forte di prudenza ed equilibrio, come il padre gli aveva insegnato. Una grande idea lo guida, la salvezza eterna e tutto avrà questo respiro, fino anche sulle impalcature durante i lavori di ampliamento degli edifici. Dopo nove anni è inviato ad insegnare matematica allo Scolasticato di Melun, scuola di formazione dei maestri lasalliani, dove resta 5 anni.
La correttezza del giudizio, la semplicità, la discrezione e la grande competenza che appassionava gli allievi non rimase nascosta. Intelligenza, capacità di sintesi, grafia accurata: nel Capitolo generale del 1787 viene chiamato al delicato compito di Segretario.
Non passa inosservato al Superiore generale che conosciutolo osservatore attento e prudente, con capacità d’intervento e di relazione con le autorità, lo chiama come suo Segretario personale. Dopo due anni scoppia la rivoluzione, che diviene via via sempre più anticlericale.
Fratel Salomone continua il suo lavoro, per una giustizia più grande. Come molti dei suoi fratelli rifiuta di prestare giuramento allo Stato. Si chiudono le Congregazioni e anche le scuole dei lasalliani. Cacciati dalle case, in condizioni di totale povertà ritornano, quanti possono, nelle famiglie di provenienza.
L’incontro con P. Clorivière, gesuita e la condivisione della sua intuizione: trasformare gli istituti religiosi in tempo di persecuzione in quelli che poi saranno gli istituti secolari, vivendo la propria vocazione nel mondo. Alla foresta di Senart un ritiro spirituale prima del calvario.
Fratel Salomone con il Generale tentano il tutto per tutto per garantire dignità ai loro fratelli. E’ la fase culminante della rivoluzione francese, che sospende i diritti personali, in nome della democrazia e dell’uguaglianza. E se l’Assemblea Costituente tenta di mediare dal punto di vista legislativo è la Comune che infiamma gli animi.
Con i prussiani alle porte divampa la violenza, anche a mezzo stampa. A farne le spese tanti religiosi. E’ del 15 agosto 1792 l’ultima sua lettera: davanti alla tempesta fratel Salomone resta sereno, preoccupato più per la famiglia ed i suoi frères che per sè: “Soffriamo con gioia e con ringraziamento per le croci e le afflizioni che ci sono inviate.
Da parte mia non sono degno di soffrire per Lui, dal momento che finora non ho sperimentato nulla di cattivo, mentre vi sono tanti confessori della fede in difficoltà”. Dopo poche ore viene arrestato da un drappello di 50 uomini, insieme a 166 sacerdoti e religiosi “refrattari” e imprigionato nel convento dei Carmelitani di Parigi. Interrogato a notte fonda, trascorre gli ultimi giorni senza cibo.
È fratel Abram, con lui prigioniero che riuscirà a scappare, a raccontare gli ultimi momenti vissuti come fossero esercizi spirituali lasalliani: distacco dai beni materiali e preparazione al martirio. Il 2 settembre l’ultimo appello per ritrattare e prestare giuramento alla Costituzione civile.
Quindi per tutti l’uscita in giardino per la tradizionale ora d’aria, in due ondate successive. A loro si uniscono i sicari che all’ordine convenuto iniziano ad uccidere con colpi di spada, fucile e pistole. Alcuni erano in preghiera. I corpi gettati nel pozzo o seppelliti in fosse comuni scavate nel giardino.
Sono stati beatificati il 17 ottobre 1926 da Papa Pio XI insieme ad un gruppo complessivo di 191 vittime dei massacri di settembre. Primo martire lasalliano, fratel Salomone sarà seguito poi da altri tre Fratelli morti in quegli anni sui pontoni di Rochefort e beatificati nel 1995.

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Laura Galimberti

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