©Servizio Fotografico - L'Osservatore Romano

Santa Marta: "La Croce, molto più di un distintivo di una squadra"

Nella Messa mattutina, il Papa invita a riflettere sul simbolo della croce

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Talvolta portiamo la croce al collo come fosse “il distintivo di una squadra”. Va bene avere con sé simboli della propria fede cristiana, ma non basta. Dobbiamo portare la croce “come memoria di quello che si è fatto peccato”. È il monito che oggi, 4 aprile 2017, Papa Francesco ha lanciato dall’ambone durante la Messa di Casa Santa Marta.
Il Pontefice parte dalla Prima Lettura, in cui si narra l’episodio del Signore che dice a Mosè di fare un serpente di bronzo e innalzarlo su un’asta. “Il serpente di bronzo guariva”, rileva Francesco, ma “era segno di due cose: del peccato fatto del serpente, della seduzione del serpente, dell’astuzia del serpente; e anche era segnale della croce di Cristo. Era una profezia”.
Quell’episodio preannuncia l’arrivo di Gesù che si “è fatto peccato”, come dice San Paolo, e ha preso su di sé tutte le sporcizie dell’umanità, si è fatto innalzare perché tutta la gente ferita dal peccato, lo guardasse. Ecco allora che “la salvezza soltanto viene dalla croce” ma “da questa croce che è Dio fatto carne”.
Il Santo Padre ricorda infatti che “non c’è salvezza nelle idee, non c’è salvezza nella buona volontà, nella voglia di essere buoni… No. L’unica salvezza è in Cristo crocifisso, perché soltanto Lui, come il serpente di bronzo, significava, è stato capace di prendere tutto il veleno del peccato e ci ha guarito lì”.
Di qui la riflessione di Bergoglio sul significato della croce per noi cristiani. “Facciamo il segno della croce ma non sempre lo facciamo bene – riflette -, delle volte facciamo così… Perché non abbiamo questa fede alla croce. Altre volte, per alcune persone è un distintivo di appartenenza: ‘Sì, io porto la croce per far vedere che sono cristiano’. Sta bene quello ma non solo come distintivo, come se fosse una squadra, il distintivo di una squadra: come memoria di quello che si è fatto peccato”.
Ma – ricorda il Pontefice – “Gesù dice ai suoi nemici: ‘Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete’”. Pertanto, “chi non guarda la croce, così, con fede, morirà nei propri peccati, non riceverà quella salvezza”.
L’appello di Francesco è allora a chiedersi, ognuno di noi: “Come porto io la croce? Come un ricordo? Quando faccio il segno della croce sono consapevole di quello che faccio? Come porto io la croce? Soltanto come un simbolo di appartenenza a un gruppo religioso? Come porto io la croce? Come ornamento? Come un gioiello, con tante pietre preziose, d’oro…? Ho imparato a portarla sulle spalle, dove fa male? Ognuno di noi oggi guardi il Crocifisso, guardi questo Dio che si è fatto peccato perché noi non moriamo nei nostri peccati e risponda a queste domande che io vi ho suggerito”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Federico Cenci

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione