Santa Maria degli Angeli e dei Martiri

Quando la storia diventa leggenda

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di Paolo Lorizzo*

ROMA, sabato, 28 aprile 2012 (ZENIT.org).- Quando i romani iniziarono con l’imperatore Massimiano nel 298 d.C. la costruzione del maestoso impianto termale (conosciuto e inaugurato come le thermas felices Diocletianas, le ‘terme di Diocleziano’) certo non sospettavano che secoli dopo sarebbero diventate uno dei punti di riferimento più importanti e significativi dell’intera cristianità. La dedica venne voluta in memoria dei cristiani che si pensa vennero resi schiavi e che furono costretti a costruire parte dell’impianto, ma anche in onore dei martiri uccisi dalla persecuzione di Diocleziano avvenuta nel 303 d.C.

Al giorno d’oggi, chi decidesse di svincolarsi tra il caos frenetico di una delle zone del centro più trafficate della città avrebbe soltanto l’imbarazzo della scelta su cosa visitare. L’antico impianto termale infatti, nonostante scempiato fino all’inverosimile come molti dei grandi monumenti dell’antichità, oltre a conservare gran parte del suo fascino, ha mantenuto intatta la sua disposizione architettonica e topografica, ancora facilmente leggibile tra strade e palazzi del quartiere. Tuttavia, poco dopo la costruzione della prima basilica, venne perpetrato, tra il 1586 e il 1589 da papa Sisto V un saccheggio finalizzato alla costruzione della sua residenza sull’Esquilino ma non fu l’unico, visto che proseguirono fino all’inizio del ‘900, epoca in cui si decise di consolidare e restaurare quanto rimaneva.

La loro originale grandiosità è facilmente intuibile attraverso i suoi numeri. Presentavano una superficie doppia rispetto alle già grandiose ‘terme di Caracalla’ (situate sull’Aventino), raggiungendo i 14 ettari di estensione. Il lato lungo del recinto misurava 380 metri il cui centro è rappresentato dall’odierna via Nazionale. Pochi infatti sono a conoscenza del fatto che la circolarità dei ‘portici’ di Piazza della Repubblica, realizzati alla fine dell’Ottocento da Gaetano Koch, è dettata dalle fondazioni della grandiosa esedra posizionata lungo la parete di fondo del muro di cinta che proteggeva l’impianto termale. Questo luogo, per la sua forma semicircolare, era probabilmente destinato alle rappresentazioni teatrali, svago ideale nell’ozio romano, circondato da due biblioteche, i cui volumina vennero qui trasferiti dalla basilica Ulpia del foro Traiano, all’epoca già non utilizzata.

Dopo l’abbandono delle terme, cosi come per l’area del foro, per secoli le strutture vennero riutilizzate come abitazioni e fino al XVI secolo erano praticamente intatte. Nel 1560 l’area del tepidarium (il settore riservato ai bagni caldi) venne trasformata in una chiesa dedicata agli Angeli, ma nulla a che vedere con il progetto che papa Sisto IV fece realizzare da Michelangelo appena due anni dopo, restaurando le strutture romane di collegamento tra il tepidarium e la natatio (piscina d’acqua fredda), creando in questo modo una basilica i cui lavori proseguiranno quasi ininterrottamente fino alla metà del XVIII secolo, dove l’asse principale si costituisce partendo dal vestibolo d’ingresso fino al coro ricavato sopra i resti della natatio.

La nascita della basilica fu anche il risultato dell’insistenza di un caparbio sacerdote siciliano, Antonio del Duca, che ebbe anni prima la visione di un’intensa luce fuoriuscente dall’edificio termale con al centro la visione di sette martiri. Con la costruzione michelangiolesca il progetto venne portato a termine, poi ripreso e sostanzialmente modificato nel XVIII secolo da Luigi Vanvitelli. Questi modificò il sobrio e austero impianto apportando anche modifiche strutturali. Vennero infatti create file di colonne di raccordo tra il vestibolo e il transetto e tra questo e il presbiterio. Creò una facciata ‘a timpano’, rimossa nel 1911, ripristinando uno spazio ‘absidale’ con una circolarità che contrasta e si oppone a quella dei portici della piazza. I due ingressi vennero abbelliti nel 2006 sostituendo i due portali lignei con delle porte bronzee raffiguranti il Redentore e l’Annunciazione realizzate dallo scultore Igor Mitoraj. Nonostante il Vanvitelli abbia sostanzialmente rivoluzionato l’impianto michelangiolesco, adattando la basilica ai suoi tempi, ebbe il grande merito di trasformarla in una grande e pregevole pinacoteca, arricchita da opere provenienti dalla Basilica Vaticana.

Fornire un quadro esaustivo delle ricchezze della Basilica di S. Maria degli Angeli e dei Martiri in poche righe è impresa difficile. Osservare con il naso all’insù i molti capolavori dell’arte barocca romana è sensazione rara, ma appena si scorgono strutture romane salvate dal tempo e dai rifacimenti, sembra ancora di percepire la vita pulsante delle antiche terme romane che ci hanno lasciato segno tangibile ed indelebile della grandiosità di una civiltà che fine del III secolo manifestava gli ultimi sprazzi d’orgoglio prima della divisione dell’impero e di riflesso, l’inizio della fine.

* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.

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ZENIT Staff

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