Sant'Ignazio d'Antiochia, il predicatore "di fuoco" che scalda gli animi dei cristiani d'ogni tempo (Seconda parte)

Il prossimo 17 ottobre ricorre la sua festa liturgica. ZENIT propone un breve approfondimento sull’importanza storica di Antiochia, sulla vita di Ignazio e sull’attualità delle sue lettere

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In occasione della sua festa liturgica, la quale ricorre giovedì prossimo, 17 ottobre, ZENIT propone ai lettori una breve rassegna di scritti estrapolati dalle sette lettere di Sant’Ignazio d’Antiochia. Un gesto volto a rischiarare la figura di questo importante, benché non conosciuto come meriterebbe, Padre della Chiesa. Leggendo le parole di seguito riportate, in molti forse ne coglieranno una certa corrispondenza con i messaggi che papa Francesco costantemente rivolge a noi, uomini d’oggi. Buona lettura.

Lettera agli Efesini:

“Tutti voi, uno per uno, possiate diventare un coro, affinché in armoniosa concordia, prendendo da Dio l’accordo, cantiate tutti all’unisono rivolti al Padre per tramite di Gesù Cristo, acciocché egli vi presti ascolto e riconosca, grazie alle vostre buone opere che siete membra del suo figlio. È bene perciò che voi siate irreprensibilmente uniti, per essere partecipi di Dio”. (4-38)

“In effetti ci sono alcuni che con inganno perverso usano portare in giro il nome di Dio ma fanno cose indegne di lui: costoro dovete evitare come bestie feroci, perché sono cani rabbiosi, che mordono di nascosto. Guardatevi da loro, perché è difficile guarirli. C’è un solo medico, carnale e spirituale, generato e ingenerato, dio che è venuto nella carne, nella morte vita vera, da Maria e da Dio, prima passibile e ora impassibile, Gesù Cristo, nostro signore”. (7-55)

“Pregate incessantemente per gli altri uomini, perché c’è speranza che essi si pentano per arrivare a Dio. Permettere a loro di apprendere almeno dalle vostre opere. Siate miti di fronte alla loro ira, umili di fronte alla loro superbia, opponete le preghiere alle loro bestemmie, saldi nella fede di fronte al loro errore, pacifici di fronte alla loro ferocia, senza cercare di imitarli”. (10-74)

“Abbiate cura di riunirvi più di frequente per rendere grazie a Dio e glorificarlo. Quando infatti vi riunite con frequenza, le potenze di Satana sono distrutte e la rovina che quello apporta si dissolve grazie alla concordia della vostra fede”. (13-93)

“È meglio tacere ed essere che parlare e non essere. Insegnare è efficace se chi parla fa. Uno solo è il maestro, che disse e fu fatto, e le cose che egli ha fatto nel silenzio sono degne del Padre”. (15 – 101,102)

Lettera ai Magnesii:

“È bene non soltanto chiamarsi cristiani ma anche esserlo, perché ci sono alcuni che lo chiamano vescovo ma agiscono in tutto prescindendo da lui.” (4-146)

“Come il Signore nulla ha fatto senza il Padre, in quanto unito con lui, né di per sé né tramite gli apostoli, così voi non dovete far niente senza il vescovo e i presbiteri: non cercate di far apparire ragionevole ciò che fate a parte, ma tutto sia fatto in comune: una sola preghiera, una sola invocazione, una sola intenzione, una sola speranza nell’amore e nella gioia irreprensibile, che è Gesù Cristo, di cui nulla è migliore”. (7-163)

Lettera ai Tralliani:

“È poi necessario che quelli che sono i diaconi dei misteri di Gesù Cristo risultino in ogni modo graditi a tutti, poiché sono ministri non di cibi e bevande ma della chiesa di Dio. Debbano perciò guardarsi da ogni accusa come dal fuoco”. (2-215)

“Similmente tutti portino rispetto ai diaconi come a Gesù Cristo, e anche al vescovo, che è figura del Padre, e ai presbiteri come al sinedrio di Dio e al collegio degli apostoli. Senza costoro non si può parlare di chiesa” (3-217)

Lettera ai Romani:

“Non è opera di persuasione, ma di grandezza il cristianesimo, quando è odiato dal mondo” (3-306)

Lettera ai Filadelfii:

“Fuggite le arti maligne e le insidie del principe di questo mondo, perché non avvenga che stretti dai suoi raggiri vi indeboliate nell’amore. Ma riunitevi tutti con cuore indiviso”. (6-386)

Lettera agli Smirnei:

“Nessuno si faccia ingannare. Anche le creature celesti, gli angeli gloriosi, i principi visibili e invisibili, se non credono nel sangue di Cristo la condanna attende anche loro”. (6-452)

Lettera a Policarpo:

“Se ami i buoni discepoli, non hai merito; piuttosto prova a sottomettere i più difficili con la mitezza. Non tutte le ferite si curano con il medesimo impiastro. Calma i parossismi con infusione. Sii prudente come serpente in ogni cosa e sempre puro come la colomba”. (2-515)

“Conservate il vostro battesimo come scudo, la fede come elmo, l’amore come lancia, la pazienza come armatura”. (6-544)

prima parte è stata pubblicata ieri, martedì 15 ottobre)

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Federico Cenci

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