"Sant'Agostino ci insegna come amare Dio"

Il cardinale Parolin ha celebrato ieri una Messa nella Basilica di Sant’Agostino, ricordando la straordinaria testimonianza di fede e zelo del Vescovo d’Ippona nel giorno della sua memoria liturgica

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“Un fedele e coraggioso annunciatore del Vangelo, animato costantemente da un fervido zelo apostolico”. Così il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, ha tracciato la figura di Sant’Agostino, durante la Messa celebrata nella Basilica di Roma dedicata al Santo, del quale la Chiesa ha celebrato ieri la memoria liturgica.

Con la funzione, inoltre – spiega il Sir -, il porporato ha voluto ricordare la visita di un anno fa del Santo Padre in occasione dell’apertura del capitolo generale dell’Ordine agostiniano. Nella sua omelia, Parolin ha richiamato infatti le parole del Papa agli Agostiniani durante la celebrazione, che esortò a “tenere sempre viva l’inquietudine della ricerca spirituale, l’inquietudine dell’incontro con Dio e l’inquietudine del cuore”. Al termine della Messa, è stata poi inaugurata una targa a ricordo di quell’eccezionale evento.

Centro del discorso del porporato è stato tuttavia la figura e il ministero del Vescovo di Ippona, sempre caratterizzato “da incessante predicazione e studio, preghiera e contemplazione, mosso dal desiderio di raggiungere tutti e di portare ognuno a Cristo”. “Le numerose comunità, i tanti uomini e donne che il Vescovo di Ippona conquistò a Cristo con la sua testimonianza – ha aggiunto – sono il segno della fecondità di una vita santa e sono per tutti noi un esempio a perseverare con gioia nella fede, nonostante le difficoltà e le tribolazioni”.

Egli, infatti, non si scoraggiò neanche “in tempi di continui conflitti e di rivolgimenti epocali”, come la caduta di Roma e l’invasione dei Vandali ad Ippona, avvenuti pochi mesi prima della sua morte. Anzi, proprio in quei momenti – ha sottolineato Parolin – la “luce della sua vita” continuò a brillare ed “intraprese un serrato dibattito richiamando la lettura della realtà nell’ottica della fede”. Agostino scrisse quindi la sua indimenticabile opera, “La città di Dio”, proprio “per imparare a leggere in modo più profondo il proprio tempo e per diffondere una nuova ratio del vivere sociale”. Essa – ha osservato il cardinale – “è una lettura sapienziale che pone al centro il cuore dell’uomo e indica la vera natura della speranza cristiana”. Prospettiva, questa, che dal punto di vista “esistenziale e spirituale” risulta valida ancora oggi.

“Siamo tutti chiamati a interrogarci dove poggia il nostro cuore: sulla roccia di Cristo o sulla sabbia dell’affermazione di sé?”, ha detto il Segretario di Stato. E ha rammentato che la storia, secondo Sant’Agostino, “è mossa da due amori che diedero origine a due città, alla città terrena l’amore di sé fino all’indifferenza per Dio; alla città celeste l’amore a Dio fino all’indifferenza di sé”.

Secondo il Santo Vescovo, infatti, l’amore in definitiva è “ciò che definisce l’uomo nella sua natura più vera”. Pertanto “chi ama Cristo come lo ha amato Agostino – ha affermato Parolin – può veramente fare ciò che vuole perché il suo amore è unito alla volontà di Cristo, così che la sua volontà non è più semplicemente volontà sua, arbitrio, ma integrata nella volontà di Dio”.

Quindi, ha concluso il cardinale: “Sant’Agostino, con il suo esempio e la sua testimonianza di cristiano e di pastore, ci incoraggia ad affidarci al Cristo sempre vivo perché risorto, ad amarlo con tutto noi stessi e a trovare così la strada della vita vera costruendo insieme la città di Dio, il suo Regno”.

Intervistato dopo l’Eucarestia dalla Radio Vaticana, il Segretario di Stato ha incitato inoltre a trarre esempio da Agostino anche per affrontare gli atroci drammi che si verificano in alcuni paesi del mondo, soprattutto in Medio Oriente.

“Apprendere questa capacità di leggere, al di sotto degli avvenimenti, il piano di Dio che si sta svolgendo, che si sta sviluppando, e che è sempre un piano di pace e di salvezza per l’uomo e offrirci così, umilmente, però totalmente, per la realizzazione della città di Dio, dove prevale l’amore, l’amore di Dio, fino al punto di disprezzare se stessi”, ha detto all’emittente.

Poi ha aggiunto: “Dobbiamo dimenticarci di noi stessi e prendere a cuore la sorte dei nostri fratelli, anche adesso, quelli che soffrono, i cristiani e tutte le altre minoranze: trovare la maniera concreta e più efficace di aiutarli. Quindi, questa lettura che va al di là di quello che si vede e si sente, una lettura che va più in profondità, che ci aiuta a scorgere il piano di Dio, e questa chiamata a farci collaboratori di questo piano di Dio perché l’uomo abbia la vita e l’abbia in abbondanza”.

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ZENIT Staff

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