San Valentino: la memoria poetica degli "innamorati per sempre"

Anche in età avanzata è possibile amarsi come il primo giorno

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Dopo la pubblicazione dell’articolo San Valentino: le parole della poesia, nel quale parlavamo dello “stato di salute” dell’innamoramento, riportando alcune riflessioni in merito al “disimpegno sentimentale” dei nostri tempi, sono giunti in redazione diversi commenti sul tema.

Ecco cosa scrive Giancarlo Castagna, autore di pregevoli liriche che abbiamo più volte ospitato in questa rubrica: “Accolgo l’invito ad inviare poesie d’amore ma, ad ottant’anni, risultano un po’ diverse da quelle che scrissi da giovane…”, e continua raccontandoci dei suoi cinquantacinque anni di matrimonio “sempre con la stessa donna, per grazia di Dio!”.

L’occasione ci è gradita, caro Castagna, per riproporre la riflessione da un diverso angolo visuale. Sui media di massa, quando si parla dell’esperienza dell’innamoramento, si tende quasi sempre ad identificarla con l’età giovanile e l’insorgere della passione, descrivendola come una breve fiammata destinata, per sua natura, a spegnersi in fretta, o tutt’al al più a trasformarsi in qualcosa di diverso: nel migliore dei casi, in una monotona serenità domestica. Ma… è sempre così?

Stando al linguaggio della poesia, che costituisce una cartina al tornasole delle emozioni più autentiche, sembra che la complessa struttura della nostra psiche, associata a particolari tendenze dell’anima, sia in grado di offrire anche opzioni diverse.

In occasione della Festa di San Valentino, Fantino Mincone ci ha inviato una silloge di poesie, dalla quale abbiamo estratto alcuni versi che appartengono al componimento Il vento d’amore (sottotitolo: Anniversario di matrimonio):

Il vento d’amore
leggero come onde di luce
nel sole tra zefiri avanza
e un arcobaleno poi sfiora
per regalare i colori
a noi innamorati
mentre in alto fa volare
fluttuazioni di sogni
e rinnova effluvi di note
tra brusio di fronde
in chiare notti estive.

Il centro di gravità della poesia di Mincone poggia visibilmente su due versi: ”per regalare i colori / a noi innamorati”. Due versi che non esprimono un senso di nostalgico ripiegamento, ma – al contrario – un senso vivo di presente, di vissuto attuale e pulsante.

Ed ecco un altro estratto da una poesia dello stesso autore, Sorrisi nel parco, dedicata a sua moglie Marisella, con la quale è sposato da trentacinque anni:

Mentre le foglie danzano
nel turbinio del vento,
anelli di fumo si agganciano
in cielo come nodosi cerchi
legati da amore infinito
e dal battito all’unisono
di due cuori congiunti
in fiducioso abbandono.
Sereni ci si lascia cullare
dal venticello in altalena
come due teneri ragazzi
eternamente innamorati.

“Come due teneri ragazzi / eternamente innamorati”: sono versi pervasi di suggestione e d’incanto che sollevano un interrogativo affascinante: è possibile essere “innamorati per sempre”?

Sì, è possibile. Nell’omelia di una Messa celebrata in occasione di San Valentino, mons. Giuseppe Piemontese, vescovo di Terni-Narni-Amelia, spiegava che “il segreto di una vita di coppia armoniosa è anzitutto la preghiera”. Torna in mente, a questo proposito, la vicenda dei coniugi Settimio Manelli e Licia Gualandris, sposatisi nel 1926 a Roma e vissuti insieme per più di cinquant’anni: terziari francescani e figli spirituali di Padre Pio, hanno improntato la loro esistenza a un principio di santità riconosciuto dalla Chiesa, che ha avviato la loro causa di beatificazione.

D’altra parte, l’esistenza degli “innamorati per sempre” è ammessa anche dalla scienza laica. Proprio di recente scrivevamo su ZENIT a proposito di uno studio americano, pubblicato sulla Review of General Psychology, secondo il quale “una coppia può conservare il sentimento dei primi tempi anche nei rapporti duraturi: gli ingredienti fondamentali sono la comprensione e la condivisione”.

E veniamo allora al componimento inviatoci da Giancarlo Castagna, Or sarà forse, nel quale l’autore esprime, nei termini evocativi della poesia, proprio la persistenza “di quell’antica fiamma”:

Or sarà forse il giorno,
sì inclemente,
ch’oscura la mia mente,
il nembo
che di pioggia
ancor scroscia,
il vento
che sbatte l’uscio,
mal chiuso,
pur come d’uso?
Ho l’animo in disuso.
Ottuso
dal primo freddo che s’infila
nei piedi scalzi
adusi
al calor dell’estate.
Or che l’autunno,
e di vita e del tempo,
sì precoce,
s’annuncia con sua voce
di pioggia che rimbalza
sul tavolo in giardino,
or solo a te vicino
trovo calore
e sol negli occhi tuoi,
vaga scintilla,
ancora brilla
del nostro antico amore,
che pur non muore,
e come calda cenere,
ancor memore
di quell’antica fiamma,
vita ci dà e speranza
e ancora scalda il cuore
col suo dolce tepore.

La poesia di Castagna pone l’accento, avvalendosi della forza comunicativa dei versi, su un altro aspetto della psiche umana che riveste un ruolo fondamentale negli amori di lungo corso: la memoria,capace di ripercorrere creativamente il proprio vissuto, alla luce di una superiore sintesi esistenziale.

Ci conforta, in questa riflessione, il contributo di pensiero di Rosario Giuffrè, architetto di punta del mondo cattolico e ispirato poeta, al quale abbiamo recentemente dedicato un articolo monografico su ZENIT. Il prof. Giuffrè ci ha inviato, insieme ad un suo componimento poetico per San Valentino, alcuni “appunti” a cuore aperto, buttati giù “come accade quando i ricordi si fanno fra il dolce e il ripensamento, fra lo spettro dei pensieri o dei gesti dolenti, quando rileggi le tue responsabilità sopportate dall’amore dell’altra…”.

Questi “appunti” sono l’occasione per rivivere, in una carrellata di flash d’intenso contenuto emozionale, gli episodi di un amore giovanile poi sfociato nel matrimonio: “…e poi mimose, gialle come i suoi capelli, come la treccia da cavalluccio che sfoderava il giorno della chiesa solenne. E i progetti, e i sacrifici d’amore e la libertà a me per i miei disegni, a volte mal gestita solo da me, mai denunciata, e lo scorrere complice degli anni, con una discendenza complice, voluta con gioia, sperando nel perdono mai negato non solo da Cristo…”.

Il risultato poetico di queste emozioni è condensato nella poesia intitolata Neri, un “collage di affetti”, come la definisce lo stesso Giuffrè, che corrisponde ad un “esame di coscienza, come fossi al momento della preghiera finale”. Un esame che “sarà di conforto nei momenti del dubbio, quando ti chiedi e chiedi al Risorto cos’altro c’è da fare…”.

Neri
oggi dormivi
parlavi con gli angeli
con il tuo angelo
diceva
zia Manù
gli occhi verdi
neri nei miei,
raccontavi
ridendo
com’eri disceso
quaggiù,
forse
senza cavoli
campi di grano,
una svedese
romana
biondi i capelli
di seta
aveva parlato
affranta
di anatomia da studiare
difficile
negli occhi scuri
dubbiosi
di un filosofo
mancato.
E fu Natale
e pasqua epifania.
Il progetto
< em>divenne uomini
case non solo,
pensieri eleganti,
dialogo
in Cristo,
perduto a volte
dal filosofo,
soffrendo
l’oro sottile
mantenuto
in amore,
nonostante.
Gli angeli
in giro sono sei
un secolo a metà
sei papi già,
e poi,
la svedese
romana,
il nero campano
non più,
leggono
l’eternità,
ogni giorno
Signore.

(Roma, 11 febbraio 2015, riconciliazione per la vita)

Con questa testimonianza poetica, ci congediamo dai nostri lettori, nella speranza d’aver lasciato – soprattutto ai lettori più giovani, che s’affacciano oggi alla sfida esistenziale dell’amore – un seme destinato a germogliare…

***

I poeti interessati a pubblicare le loro opere nella rubrica di poesia di ZENIT, possono inviare i testi all’indirizzo email: poesia@zenit.org

I testi dovranno essere accompagnati dai dati personali dell’autore (nome, cognome, data di nascita, città di residenza) e da una breve nota biografica.

Le opere da pubblicare saranno scelte a cura della Redazione, privilegiando la qualità espressiva e la coerenza con la linea editoriale della testata.

Inviando le loro opere alla Redazione di ZENIT, gli autori acconsentono implicitamente alla pubblicazione sulla testata senza nulla a pretendere a titolo di diritto d’autore.

Qualora i componimenti poetici fossero troppo lunghi per l’integrale pubblicazione, ZENIT si riserva di pubblicarne un estratto.

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Massimo Nardi

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