San Martino, soldato di Cristo e difensore del popolo (Prima Parte)

Storia, tradizioni e folklore: il suo culto ha forgiato nei secoli un vero e proprio sapere popolare tramandato da generazione a generazione

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di Pietro Barbini

ROMA, sabato, 10 novembre 2012 (ZENIT.org) – San Martino, vescovo di Tours, protettore dei mendicanti, è il santo più popolare che la Francia abbia mai avuto nella storia, uno tra i primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa Cattolica, venerato anche dalla Chiesa Ortodossa e da quella Copta, considerato padre del monachesimo e l’evangelizzatore delle Gallie per eccellenza.

Nel corso del suo ministero operò talmente tanti miracoli da non poter essere elencati, mise in fuga per ben due volte il demonio, resuscitò due morti, smascherò falsi profeti, operò numerosissime guarigioni, anche a distanza, tra cui San Paolino di Nola, convertì folle sterminate di pagani, compresa la madre, e battezzò interi villaggi; fu il primo vescovo ad uscire dalle mura cittadine, inaugurando l’evangelizzazione nelle campagne, fondò numerosissime Chiese e monasteri, tra cui quello di Ligugé, considerato il più antico monastero d’Europa, e moltissime parrocchie rurali, che tornerà a visitare abitualmente, inaugurando le visite episcopali.

Un anno dopo la sua elezione a vescovo, dopo aver constatato che molte delle eresie correnti erano dovute alla diffusa ignoranza in materia dottrinale tra i cosiddetti “preti di campagna”, fondò l’abazia Majus Monasterium, oggi conosciuta come abazia di Marmoutier, che altro non era che una sorta di “scuola di formazione” dottrinale e spirituale per i chierici della Gallia. Attualmente sono migliaia le Chiese dedicate a lui in tutto il mondo, centinaia di paesi e villaggi portano il suo nome e il suo culto è diffuso in tutto il mondo Occidentale.

Dopo la sua morte a Tours venne eretta la più grande ed imponente basilica che la Francia avesse mai avuto all’epoca, che divenne da subito meta di pellegrinaggi (saccheggiata e data alle fiamme dai protestanti nel 1562 e demolita nel corso della Rivoluzione francese, venne ricostruita e consacrata nel 1925). San Martino è noto a tutti per il caritatevole gesto che lo vede, già ufficiale dell’esercito romano, in una notte gelida e piovosa di novembre, donare un pezzo del suo mantello ad un mendicante infreddolito che se ne stava ai bordi della strada nella città di Amiens. La stessa notte, il giovane Martino, avrebbe sognato Gesù che, ringraziandolo, gli riconsegnava la metà mantello che aveva donato al mendicante e il giorno seguente si accorse con stupore che il mantello era nuovamente integro.

Questo gesto, per il quale il santo è conosciuto in tutto il mondo, in realtà fu solamente il primo di una serie e nemmeno il più eclatante, ma la sua importanza è data dal fatto che segnò il momento decisivo della sua conversione; dopo quel giorno, infatti, Martino, già catecumeno, decise di farsi battezzare (339).

Nato a Sabaria Sicca, nell’attuale Ungheria, nel 316-317, conobbe il cristianesimo in giovane età frequentando le riunioni delle comunità di Pavia, contro la volontà dei genitori pagani. All’età di 15 anni, essendo figlio di un ufficiale romano, fu costretto ad arruolarsi nell’esercito e venne quindi inviato a prestar servizio in Gallia. Il giovane Martino era noto tra i soldati per la sua generosità e bontà d’animo, si racconta che alla vista di un povero il suo animo si infuocasse e il suo cuore ardeva di un’indomabile carità tanto da dimenticare il suo ruolo e i suoi compiti.

Nemmeno da Vescovo tale ardore si quietò, come narra la Legenda Aurea. Diciassette anni dopo aver ricevuto il battesimo decise di lasciare l’esercito per divenire, come lui stesso disse, “soldato di Cristo” e qui avvenne il primo miracolo attribuito al Santo. Nel 354 Martino si trovava con l’esercito romano sulle rive del Reno per affrontare gli Alamanni; la sera precedente lo scontro Martino rifiutò il compenso anticipato per la battaglia dichiarando di voler lasciare l’esercito, fu allora accusato di tradimento e codardia, messo in prigione e minacciato d’esser giustiziato, ma il santo rispose che il giorno seguente si sarebbe presentato in campo di battaglia armato del solo “segno della croce”.

Il giorno seguente, all’alba, fu mandato in catene da solo davanti alle truppe romane e proprio in quel momento sopraggiunse un emissario nemico con una richiesta di pace, tutti gridarono al miracolo e Martino fu lasciato libero di andarsene. Da quel giorno in poi la volontà di Dio cominciò a prender forma. Lasciato l’esercito si recò da sant’Ilario, Vescovo di Poitiers, che conobbe precedentemente, dal quale ricevette un’adeguata istruzione e la nomina di esorcista; strenuo oppositore dell’arianesimo fu per questo motivo fustigato e cacciato dalla Francia, prima, e da Milano, poi, dunque, si ritirò sull’isola di Gallinara dove visse alcuni anni da eremita, dove ebbe modo di immergersi anima e corpo nella preghiera e nella meditazione; nel 360, rientrato a Poiters, fu consacrato sacerdote.

Quello che più colpiva di lui era l’audacia e il coraggio dimostrato nella predicazione, non avendo paura nemmeno di ammonire imperatori e regnanti; quando, dinnanzi a folle di pagani, faceva abbattere un albero sacro, per dimostrare la potenza di Dio, si metteva nella traiettoria di caduta dell’albero che all’improvviso cambiava direzione tra gli sguardi stupefatti dei presenti. La fama che andava seminando al suo passaggio lo resero ben presto noto in tutto l’impero.

[La seconda parte sarà pubblicata domani, domenica 11 novembre]

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ZENIT Staff

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