San Giovanni Battista invita alla «verità senza compromessi»

Un commento all’ultima Udienza Generale di Benedetto XVI

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di Massimo Introvigne

ROMA, giovedì, 30 agosto 2012 (ZENIT.org).- Proseguendo un ciclo di udienze del mercoledì che seguono le memorie liturgiche del giorno, il 29 agosto 2012 Benedetto XVI ha proposto una meditazione sul martirio di san Giovanni Battista,  l’unico santo del quale il calendario della Chiesa celebra sia la nascita, il 24 giugno, sia il martirio. Il Papa ricorda come la festa del 29 agosto trova le sue origini nella dedicazione di una cripta di Sebaste, in Samaria, dove, almeno fin dalla metà del secolo IV, si venerava il capo del santo. «Il culto si estese poi a Gerusalemme, nelle Chiese d’Oriente e a Roma, col titolo di Decollazione di san Giovanni Battista. Nel Martirologio Romano si fa riferimento a un secondo ritrovamento della preziosa reliquia, trasportata, per l’occasione, nella chiesa di S. Silvestro a Campo Marzio, in Roma».

Ancora una volta, questi «piccoli riferimenti storici» non sono semplici curiosità, ma «ci aiutano a capire quanto antica e profonda sia la venerazione di san Giovanni Battista». A questa venerazione ha dato impulso la stessa Sacra Scrittura: «san Luca ne racconta la nascita, la vita nel deserto, la predicazione, e san Marco ci parla della sua drammatica morte».

Che cosa, dunque, sappiamo con certezza del santo? «Giovanni Battista inizia la sua predicazione sotto l’imperatore Tiberio[42 a.C.-37 d.C.], nel 27-28 d.C., e il chiaro invito che rivolge alla gente accorsa per ascoltarlo, è quello a preparare la via per accogliere il Signore, a raddrizzare le strade storte della propria vita attraverso una radicale conversione del cuore (cfr Lc 3, 4)». Sbaglia però tutta quella storiografia che fa del Battista il leader di un movimento profetico autonomo. La sua figura acquista significato solo in riferimento a Gesù Cristo. Giovanni «ha la profonda umiltà di mostrare in Gesù il vero Inviato di Dio, facendosi da parte perché Cristo possa crescere, essere ascoltato e seguito».

Infine, il martirio: «come ultimo atto, il Battista testimonia con il sangue la sua fedeltà ai comandamenti di Dio, senza cedere o indietreggiare, compiendo fino in fondo la sua missione». Il Papa cita un’omelia di san Beda (672-735), il quale spiega perché il Battista è già un martire di Gesù Cristo: «San Giovanni per [Cristo] diede la sua vita, anche se non gli fu ingiunto di rinnegare Gesù Cristo, gli fu ingiunto solo di tacere la verità. (cfr Om. 23: CCL 122, 354). E non taceva la verità e così morì per Cristo che è la Verità». «Proprio per l’amore alla verità, non scese a compromessi e non ebbe timore di rivolgere parole forti a chi aveva smarrito la strada di Dio».

La figura di san Giovanni rifulge oggi nella sua «forza nella passione, nella resistenza contro i potenti». Ma ora possiamo chiederci: «da dove nasce questa vita, questa interiorità così forte, così retta, così coerente, spesa in modo così totale per Dio e preparare la strada a Gesù?». La risposta, afferma il Pontefice, «è semplice», e ci riporta al tema generale della «scuola della preghiera» di Benedetto XVI. Nasce «dal rapporto con Dio, dalla preghiera, che è il filo conduttore di tutta la sua esistenza».

La stessa nascita di Giovanni avviene sotto il segno della preghiera. «Giovanni è il dono divino lungamente invocato dai suoi genitori, Zaccaria ed Elisabetta (cfr Lc 1,13); un dono grande, umanamente insperabile, perché entrambi erano avanti negli anni ed Elisabetta era sterile (cfr Lc 1,7); ma nulla è impossibile a Dio (cfr Lc 1,36). L’annuncio di questa nascita avviene proprio nel luogo della preghiera, al tempio di Gerusalemme, anzi avviene quando a Zaccaria tocca il grande privilegio di entrare nel luogo più sacro del tempio per fare l’offerta dell’incenso al Signore (cfr Lc 1,8-20)». E, quando il bambino nasce, «il canto di gioia, di lode e di ringraziamento che Zaccaria eleva al Signore e che recitiamo ogni mattina nelle Lodi, il “Benedictus”, esalta l’azione di Dio nella storia e indica profeticamente la missione del figlio Giovanni».

Né si tratta solo della nascita. «L’esistenza intera del Precursore di Gesù è alimentata dal rapporto con Dio, in particolare il periodo trascorso in regioni deserte (cfr Lc 1,80); le regioni deserte che sono luogo della tentazione, ma anche luogo in cui l’uomo sente la propria povertà perché privo di appoggi e sicurezze materiali, e comprende come l’unico punto di riferimento solido rimane Dio stesso». Giovanni Battista è immediatamente riconosciuto nella cerchia di Gesù come maestro di preghiera. Quando gli apostoli chiedono a Gesù, che insegnerà loro il «Padre Nostro», di istruirli sulla preghiera, si rivolgono al Maestro con queste parole: «Signore insegnaci a pregare, come Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (cfr Lc 11,1).

Il martirio, infine, è esso stesso una grande preghiera, di viva attualità per noi oggi. Infatti, «ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il “martirio” della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni».

Questo martirio della vita quotidiana è qualcosa che possiamo affrontare con serenità, ma solo «se è solido il rapporto con Dio», se preghiamo. «La preghiera non è tempo perso, non è rubare spazio alle attività, anche a quelle apostoliche, ma è esattamente il contrario: solo se se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio». È questa la lezione del martirio di san Giovanni Battista.

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ZENIT Staff

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