San Giorgio: un culto universale

La devozione popolare del Santo è una delle più radicate da Oriente ad Occidente

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di Pietro Barbini

ROMA, lunedì, 23 aprile 2012 (ZENIT.org) – Ricorre oggi la memoria liturgica di San Giorgio martire, il “Santo guerriero” rispettato e venerato come profeta dai musulmani e nei riti siri e bizantini, “megalomartire” per la Chiesa Russa ortodossa, patrono di Inghilterra, Portogallo, Lituania, Etiopia e Georgia e protettore della Catalogna e dei Rom.

Nel 1952 fu dichiarato patrono della Cavalleria militare di Francia, nel 1956 della Cavalleria d’Italia e dello Scautismo internazionale e nel 1996 delle “Guardie Particolari Giurate”.

Il suo nome è invocato contro i serpenti velenosi, la peste, la lebbra e la sifilide e, nei paesi slavi, contro le streghe. Il culto è attestato a partire dal IV secolo, ne sono prova le numerosissime chiese a lui dedicate in Medio Oriente, Africa ed Europa.  

Solo in Italia 21 comuni portano il suo nome e sono centinaia le città di cui è il Santo protettore, tra le quali Ferrara, Reggio Calabria e Campobasso. A Venezia gli sono dedicate ben 2 isole, San Giorgio Maggiore e San Giorgio in Alga, dove nel 1397 venne fondato l’ordine dei Canonici Regolari, nel quale si formarono i futuri papi Eugenio IV e Gregorio XII e san Lorenzo Giustiniani.

Nei secoli l’esistenza del Santo fu più volte messa in discussione, e tutt’ora i suoi detrattori lo classificano come una semplice leggenda cristiana, senza alcuna valenza storica. In realtà, nonostante il voluto mistero sulla sua storicità, esistono molti documenti che attestano l’esistenza di San Giorgio. Tra questi si è soliti citare, per le informazioni relative alla vita e al martirio, la Passio Georgii, un’opera biografica considerata apocrifa dal Decretum gelasianum del 496.

In realtà questa non è l’unica fonte: il testo più antico, infatti, è un’epigrafe greca del 368, rinvenuta in Eacea di Batanea, che ricorda una “casa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e Compagni”. Esistono poi molte altre Passiones greche, latine e orientali, che narrano la vita, i miracoli e il martirio del santo, e innumerevoli omelie, inni e lodi, in particolare il sermone di San Pier Damiani e la Legenda sanctorum delfrate domenicano Jacopo da Varazze, arcivescovo di Genova.

Un altro avvenimento importante, di cui gli storici non hanno fatto menzione, sono gli esami scientifici sulle ossa del Santo, compiuti dall’Istituto di Antropologia dell’Università di Bologna, che hanno confermato l’esistenza di “un giovane poco più che ventenne, alto 1,65-67 mt, del periodo paleocristiano”, un risultato che confermerebbe inequivocabilmente la sua esistenza.

Da questi documenti sappiamo che San Giorgio nacque in Cappadocia nell’anno 282-83, da una nobile famiglia e che ebbe un’educazione cristiana. Dopo la morte dei genitori si trasferì in Palestina, arruolandosi nell’esercito dell’imperatore Diocleziano dove, grazie al valore dimostrato, ebbe importanti riconoscimenti fino a diventare ufficiale delle sue milizie.

Sempre sotto Diocleziano, subì il martirio nel 303 dopo essersi professato cristiano. Si racconta che l’imperatore consegnò San Giorgio a Daciano, re dei persiani, il quale lo sottopose ad ogni forma di tortura possibile: percosse, ustione, smembramento. Patì indicibili sofferenze alle quali resistette con coraggio e fede, resuscitando da morte per ben tre volte, come gli predisse il Signore apparsogli in carcere.

Prima di morire definitivamente per decapitazione chiese a Dio la conversione dei suoi carnefici e lo implorò di concedere protezione a chi avesse invocato il suo nome. Si racconta anche delle numerose conversioni avvenute nel corso del suo martirio, di soldati, ufficiali e, addirittura, della moglie di Daciano.

Moltissimi miracoli, prima e dopo morte, furono operati da San Giorgio, come quando fece fiorire e fruttificare 22 sedie di legno, o quando entrò in un tempio pagano distruggendo gli idoli di pietra presenti con il soffio del suo alito. Si dice poi che risuscitò diciassette persone, tra cui 2 morte da 460 anni, che battezzò e fece poi sparire. Le sue reliquie si trovano in una cripta sotto la chiesa di rito Geco-Ortodosso a Lydda, in Israle.

In modo particolare, il Santo è noto per la leggenda con il drago, postuma la sua morte, sorta al tempo delle Crociate e influenzata probabilmente da una falsa interpretazione di un’immagine dell’imperatore cristiano Costantino, in cui il sovrano schiacciava col piede un enorme drago.

Nel Medioevo, la leggenda divenne il simbolo della lotta del bene contro il male, che il mondo della cavalleria fece proprio, in quanto rispecchiava appieno i loro principi e valori. La fantasia popolare poi, nel corso dei secoli, ha ricamato a lungo le sue gesta, e nel tempo sono sorte una serie di leggende e miti sull’uccisione di ulteriori draghi, come in Istria.

Si narra, infine, che il santo apparve ai crociati, soprattutto nei momenti più difficili – come ad esempio la sanguinosa battaglia di Antiochia nel 1089 – guidandoli alla vittoria. Oggigiorno, in molte città, il santo viene festeggiato con solenni processioni e vere e proprie sagre paesane.

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ZENIT Staff

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