San Francesco, uomo di pace

La pacificazione del poverello di Assisi letta e commentata da un non credente

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Quando i fratelli francescani vanno per il mondo, in qualunque casa entrino, prima di ogni altra parola devono dire: Pace a questa casa. Così ha disposto San Francesco, che la pace fra gli uomini ha pensato e praticato in un tempo in cui la guerra all’interno delle città, fra le città e fra nazioni e popoli era una condizione quotidiana.
E guerra era fra le istituzioni sovranazionali, la Chiesa e l’Impero.
San Francesco si adoperò sempre per risolvere le liti e ristabilire un clima di pace nelle controversie cittadine. Si raccontano numerosi episodi di interventi pacificatori a Bologna, ad Arezzo, a Siena ed anche nella stessa Assisi.
Del resto il presupposto di ogni idea di fratellanza, ed insieme la condizione prima della sua pratica realizzazione, è soltanto l’atteggiamento pacifico nel rapporto fra gli uomini.
Ma fra i tanti atti di San Francesco per il perseguimento della pace ce ne sono due che ritengo i più significativi, uno che ha il carattere della leggenda, l’altro il carattere della storia vera.
Li assumo proprio così distanti fra loro, come può essere la favola fantasiosa e la realtà concreta, perché è in questa distanza che possiamo misurare quanto trasmetta pace il pensiero di Francesco. Si tratta della leggenda del lupo di Gubbio e dell’incontro con il Sultano d’Egitto durante la guerra crociata contro i saraceni, i maomettani.
Il dialogo di Francesco con il Lupo è un capolavoro di psicologia comunicativa: comincia con un approccio pacifico, lo chiama frate, continua con il riconoscimento delle malefatte del lupo verso il popolo di Gubbio che il lupo è costretto ad ascoltare, ma prosegue subito con il riconoscimento delle ragioni del suo comportamento maligno.
So bene che per la fame tu hai fatto ogni male” dice Francesco e il dialogo continua fino al patto di pace  in base al quale la popolazione promette di nutricarlo ed il lupo rinuncia a tormentarla. Ed è bellissimo il gesto del lupo che a conferma del patto di pace, levando il piè ritto, sì il puose in mano di Santo Francesco.
Il significato è chiaro e lo ha ben sintetizzato il compianto Padre Ernesto Balducci con questo pensiero:
La vera pace chiede che si riconoscano le ragioni che il nemico conserva anche quando il suo comportamento è perverso”.
Del resto il Cristo tormentato a morte dai suoi aguzzini sulla croce aveva detto rivolgendosi al Dio “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
E veniamo all’incontro con il Sultano.
Il giudizio storico moderno sulle guerre crociate è un giudizio pesante.
Tra le cause la necessità di riconquistare i territori dove nacque e predicò Gesù e la reazione alla paura ed alla diffusione e dell’espansione dell’Islam sia come religione che come organizzazione politica.
La liberazione dei luoghi della predicazione di Gesù fu il terreno ideologico su cui si formarono le varie spedizioni militari con tutto il carico di equivoci che ogni missione armata per conquistare alla fede i popoli ha sempre comportato nella storia, da chiunque organizzata.
In gioventù, quando non era ancora uscito dal mondo, San Francesco aveva accarezzato l’idea di partecipare ad una crociata ed era arrivato al punto di incamminarsi armato di tutto punto al luogo della partenza nelle Puglie, ma arrivato a Spoleto ebbe una visione e udì una voce che lo dissuase dall’andare in armi fra i saraceni.
Molti anni dopo, nel 1217 papa Onorio indice la Quinta crociata e un anno dopo l’esercito crociato approda a Damietta sulla foce del Nilo dove pone l’assedio alla città sede del Sultano Melek al Kamil.
Il Sultano propone all’esercito cristiano di togliere l’assedio in cambio della consegna di Gerusalemme e della Croce, ma la proposta viene respinta.
E’ a questo punto che interviene l’iniziativa di pace di San Francesco.
Insieme a frate Illuminato, che probabilmente conosceva un po’ di lingua araba, il poverello di Assisi entra nel campo musulmano, vengono fermati e condotti dal Sultano.
Cosa si siano effettivamente detti questo frate scalzo, vestito di un misero saio grigio scuro, legati i fianchi da una corda di canapa, e il massimo esponente politico dell’impero musulmano nei fasti di una reggia, noi non lo sappiamo.
I contenuti precisi del colloquio non vengono riportati né dalle fonti arabe, né da quelle cristiane; sappiamo però che Francesco tentò un’opera di evangelizzazione e questo lascia intravedere una serie di colloqui di tipo filosofico-religioso che lasciarono sicuramente una impronta sia nel pensiero di Francesco, che in quello del Sultano.
Se la pace non scaturì da quei colloqui certamente la reciproca conoscenza ed il reciproco riconoscimento vi fu, e per i tempi di allora non era poca cosa. Ancora oggi nel mondo musulmano la figura di Francesco è una figura rispettata.
Intanto il gesto: andare dal nemico in pace, discutere con lui le ragioni del conflitto, proporre ragioni di fratellanza universale, quale era ed è la predicazione francescana era un fatto rivoluzionario senza precedenti allora come oggi.
Che cosa ha fatto papa Bergoglio quando la guerra in Siria ha minacciato di estendersi a tutto il mondo e le cannoniere ed i missili e gli aerei erano pronti ai bombardamenti?
Ha parlato forte ai grandi della terra invocando la pace attraverso il dialogo, il confronto delle ragioni, l’accordo e ha messo di fronte a tutti quell’abominio che è al fondo di ogni guerra, la vendita delle armi.
E un primo risultato c’è stato perché la trattativa è iniziata, faticosamente, ma è iniziata.
Dopo l’incontro di papa Francesco con il Patrarca Russo Kirill, si sono succeduti diversi avvenimenti, tra cui anche l’accordo tra Russia e Stati Uniti per arrivare un accordo di pace in Siria.
Quello che sembrava un punto di scontro che poteva scatenare un conflitto mondiale, è ora un accordo di pace tra i gli eserciti più potenti del mondo.
 

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Valdemaro Baldi

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