San Clemente, ieri come oggi, tra paganesimo e Cristianesimo

Un tesoro di storia e arte a fianco del Colosseo

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di Paolo Lorizzo*

ROMA, sabato 25 febbraio 2012 (ZENIT.org). – Il complesso monumentale di San Clemente rappresenta uno dei più interessanti contesti della ‘Roma nascosta’, un piccolo angolo seminascosto da palazzi e dalla vita frenetica della capitale, ricco di fascino e di atmosfera meditativa.

Situato nella valle formata tra il Colle Oppio e il Celio a poca distanza dall’Anfiteatro Flavio, il complesso nasce attraverso la sovrapposizione di una serie di edifici di differenti epoche, spesso di difficile comprensione che costituiscono le fondazioni dell’attuale Basilica.

Scendendo due rampe di scale e raggiungendo gli strati più profondi dell’intricato sistema di corridoi sotterranei, si raggiunge l’edificio probabilmente più antico dell’intero complesso, corrispondente ad una struttura in opus quadratum, grandi blocchi in tufo con cornice in travertino e partizioni interne realizzate con la tecnica edilizia dell’opus mixtum, cioè l’alternanza di piccoli cubi in pietra con filari di mattoni.

La notevole estensione dell’edificio, databile non più tardi dell’inizio del II secolo d.C., lascia aperte numerose ipotesi. Siamo infatti di fronte ad un edificio che presenta alcune peculiarità che non corrispondono precisamente a nessuna tipologia edilizia. Le partizioni interne lasciano presumere a divisioni che creano ambienti per horrea (magazzini) ma la monumentalità lascia spazio anche all’ipotesi di un edificio pubblico o addirittura ad una propaggine della Zecca imperiale. Poco prima del suo abbandono la pavimentazione venne rialzata di circa 80 cm e le pareti rivestite in opus signinum’ (il ‘cocciopesto’ dei romani, formato da mattoni triturati e mischiati alla malta) operazioni probabilmente necessarie per il mutamento di destinazione.

Divisi da uno stretto corridoio sono visibili i resti di un’antica abitazione datati all’inizio del II secolo d.C. di cui si conservano notevoli porzioni di due dei tre livelli originari, edificati al di sopra di una precedente costruzione distrutta da un grandioso incendio, probabilmente quello ‘neroniano’ del 64 d.C.

Nel III secolo, in un’ala dell’edificio al pianterreno, venne ricavato un ambiente per il culto della divinità di origine persiana Mitra, con la costruzione di banconi laterali per gli adepti, una nicchia per la statua del dio e la collocazione di un’ara in marmo, oggi ancora visibile. Il suo culto venne importato a Roma alla fine del I secolo d.C. ed ha sempre avuto un carattere misterico e segreto. Per questo motivo il culto avveniva sempre in luoghi cupi e sotterranei, incentrato principalmente sul rito del sacrificio di un toro, allo scopo di rinnovare la vita e la fecondità dell’universo.

Intorno alla metà del III secolo venne edificata una costruzione che si impiantò sulle rovine del piano superiore dell’edificio ipotizzato come Zecca imperiale, vista ormai la sua inutilità a causa del rialzamento del terreno circostante. Si tratta dell’edificio che successivamente venne trasformato nell’attuale Basilica Inferiore ed identificato dalle fonti come un luogo di carattere cristiano denominato titulus Clementi (molto simile alle nostre parrocchie). Il complesso subì un notevole sviluppo a partire dal IV secolo con l’aggiunta dell’abside, di un nartece e la creazione di due navate laterali scandite da due file di colonne a nove arcate, oltre ad una serie di ulteriori modifiche scandite negli anni a venire.

Poco dopo la distruzione dell’intero quartiere ad opera di Roberto il Guiscardo nel 1084, la chiesa venne abbandonata, lo spazio compreso tra una colonna e l’altra (intercolumni) della navata di sinistra vennero chiusi e venne realizzato un muro per l’intera larghezza della navata centrale, utilizzato come fondazione per la costruenda Basilica Superiore.

Durante l’arco temporale compreso tra la nascita dell’edificio religioso e il suo abbandono, vennero realizzati alcuni affreschi, mirabili espressioni pittoriche spesso finanziate da privati come Beno de Rapiza (il ‘Miracolo’ e la ‘Messa’ di S. Clemente) e Maria macellaria (il trasporto del corpo del Santo dalla Basilica Vaticana a quella di S. Clemente) dedita al commercio delle carni.

Toccante e ricca di emotività è la scena ‘multipla’ della Leggenda di S. Alessio, molto popolare in epoca medievale. Fuggito il giorno delle nozze e rifugiatosi in un eremo in Oriente, decide dopo molti anni di tornare alla casa paterna senza però farsi riconoscere. La scena inizia da questo punto con Alessio che chiede l’elemosina al padre, il senatore Eufemiano ed ottiene ospitalità. Per 17 anni si dedica ai più umili lavori nella casa paterna fino ad arrivare allo stremo delle forze. Poco prima di morire consegna al Papa che si è recato a fargli visita, uno scritto, il cui contenuto, rivelato subito dopo la morte, svela al senatore e a sua moglie la vera identità di Alessio, pianto disperatamente dalla madre.

Altre scene minori (ma non meno importanti) sono quelle di ‘Daniele tra i leoni’ (giustiziato dall’imperatore Dario gettandolo tra i leoni) e di ‘S’ Biagio che risana un fanciullo’, che lo libera da una spina incastrata nella gola.

Queste scene sanciscono l’importanza del luogo, ulteriormente confermato dall’affresco della discesa di Gesù nel limbo per salvare le anime dei giusti morti prima della sua venuta, detta Anastasis.

La Basilica superiore venne costruita da Papa Pasquale II, adottando modelli architettonici e tipologici delle antiche basiliche romane. Dopo l’abbandono dell’attuale Basilica Inferiore infatti, l’impostazione dell’atrio, degli amboni e del coro tradiscono la volontà di riadattare, in scala minore l’impostazione di una chiesa più antica, addirittura riadoperando parte dei materiali più antichi tra cui il muro marmoreo del coro che risale all’epoca di Papa Giovanni II (533-535).

L’ufficio a San Clemente iniziò a partire dal 1403, epoca in cui Papa Bonifacio IX inserì nella comunità la congregazione agostiniana di S. Ambrogio di Milano (fondata pochi anni prima nel 1379) che gestì la Basilica fino al 1643, anno in cui venne soppressa da Papa Urbano VIII.

Dal 1645 la custodia della Basilica fu affidata ai Padri Domenicani di San Sisto Vecchio in Roma a loro trasferita a titolo perpetuo a partire dal 1667 ed assegnata appena dieci anni dopo ai Domenicani Irlandesi che tutt’ora la detengono.

L’interno è diviso in tre navate terminanti ciascuna con un’abside, splendidamente pavimentato in stile ‘cosmatesco’ è dominato dalla schola cantorum risalente al XII secolo (ma costituita con diversi materiali provenienti dalla Basilica Inferiore) e dal ciborio. In asse con l’abside, il cui catino è meravigliosamente decorato da un mosaico con al centro ilCristo crocifisso tra la vergine e S. Giovanni Evangelista. La Croce sorge da una pianta di acanto che assume il simbolo dell’’albero della vita’, tra girali su cui si trovano figure umane e animali.

La facciata, cosi come gran parte della decorazione interna, è in stile barocco, opera di Carlo Stefano Fontana tra il 1713 e il 1719, sulla cui sinistra è visibile il campanile.

Antistante la chiesa è un cortile quadriporticato preceduto da una sorta di tettoia sporgente sorretta da quattro colonne di spoglio detta protiro.

Il complesso di S. Clemente, nella sua splendida armoniosità artistica ed architettonica, rappresenta uno dei capisaldi assoluti della cultura Cristiana a Roma.

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* Paolo Lorizzo è laureato in Studi Orientali  e specializzato in Egittologia presso l’Università degli Studi di Roma de ‘La Sapienza’. Esercita la professione di archeologo.

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ZENIT Staff

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