Bogotá, Nunziatura, 9 settembre 2017 / © PHOTO.VA - OSSERVATORE ROMANO

Saluto alla nunziatura: “Vorrei che ciascuno ricordasse la prima chiamata”

Le parole di papa Francesco davanti alla sede diplomatica di Bogotá — Testo completo

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Riportiamo di seguito la traduzione ufficiale delle parole pronunciate sabato sera, 9 settembre 2017, da papa Francesco davanti alla nunziatura apostolica a Bogotá dopo il suo rientro da Medellín.
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Ognuno di quelli che sono venuti ha sentito che Gesù gli diceva qualcosa, che Gesù diceva qual era il suo nome e che lo voleva in quella strada. E quando all’inizio i sacerdoti hanno cantato quello che Gesù disse a Pietro, mi sono detto: come sarà stato contento Pietro quando gli fu detto così; e io penso che tutti noi siamo contenti quando Gesù ci dice: ti voglio per il tal posto, per questo, per quello, per questa strada, che tu ti faccia monaca, che ti sposi e formi una famiglia, che ti prendi cura…, e così via.
Mi viene da pensare che quando Pietro sentì che Gesù gli disse: “Ecco, tu sei la pietra”, gli diede il nome, lui avrà pensato: “questo me l’ha detto quando mi ha conosciuto, mi ha detto che io ero Pietro”, e avrà cominciato a rendersi conto che quello stesso nome aveva diverse melodie, diverse musiche. Come diverse musiche ha il canto che voi avete cantato. E così Pietro andò avanti, tutto contento e baldanzoso, ma 15 minuti dopo Gesù gli disse il contrario, gli disse: allontanati che sei un satana per me. [Pietro] Aveva sbagliato.
E poi penso alle volte in cui Pietro avrà ricordato quello che gli aveva detto Gesù quella notte del giovedì [santo], quando poi, così sicuro di sé, lui disse: “Quello non lo conosco”. Come avrà pensato a quello che gli aveva detto. E come avrà ricordato ciò che gli aveva detto Gesù, quando lo vide uscire dalla cella, lo guardò e si mise a piangere.
Vale a dire, ciò che Gesù ci dice, lo si vive nel corso della vita. La stessa parola, la stessa vocazione, in diverse maniere. La vita ci porta a viverla nella gioia, nel dolore, nel peccato, in una grazia maggiore… Cosa avrà fatto Pietro quella notte del giovedì piangendo, si sarà nascosto per la vergogna, sarà andato a trovare la madre di Gesù, a chiederle consiglio, non sappiamo.
E poi, stava lì chiuso e pauroso, e dopo Gesù gli domanda tre volte se lo ama, e si ricorda e dice: io non capisco niente, ed è un’altra melodia del suo stesso nome. Io vorrei che ciascuno di noi ricordasse la prima chiamata, quando Gesù ci diede un nome, la prima vocazione, il primo amore, e che lo coniugasse nelle differenti musiche della vita. In quella che ci porta la vita, momenti belli, momenti pieni, momenti di errore, momenti di peccato, momenti oscuri, momenti di voler rompere tutto e ricominciare un’altra cosa… Ma il nome non perderlo. Gesù ha dato un nome ad ognuno di noi e ci ha messo su una strada, una strada di consacrazione: nella vita della famiglia e nella famiglia consacrata. Una strada di donazione a Lui e ai fratelli in nome Suo. Dunque ogni volta bisogna coniugare di nuovo quel nome nelle diverse situazioni che ci è dato di vivere. Quando Gesù ci chiama e ci dà il nome, non ci dà l’assicurazione sulla vita, questa dobbiamo difenderla noi con l’umiltà, la preghiera e mendicarla dal Signore. Dacci forza, Signore, perché possiamo andare avanti ciascuno sulla strada in cui ci hai chiamato. Ma nessuno possiede la sicurezza della perseveranza in quel nome, bisogna chiederla. E Lui la dà, perché ci vuole molto bene, e vuole che rimaniamo, però bisogna mendicarla. Non dimenticatelo. Se volete trionfare nella vita come vuole Gesù, mendicate, perché il protagonista della storia è il mendicante, il protagonista della storia della salvezza è il mendicante, quello che ognuno di noi porta dentro di sé. Grazie per questo! E che questa testimonianza che date possiate portarla avanti e che porti molto frutto. Grazie!

© Copyright – Libreria Editrice Vaticana

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ZENIT Staff

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