Sabato 5 ottobre il Premio Letterario Nazionale "Carlo Levi"

Ad Aliano, in Basilicata, saranno proclamati i vincitori della XVI Edizione: due italiani, Enzo Vinicio Alliegro e Guido Conti, e due stranieri, il poeta albanese Dritëro Agolli ed il francese André Vauchez

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Anche la XVI edizione del prestigioso Premio Letterario Nazionale “Carlo Levi” è giunta al termine. Sabato 5 ottobre, alle ore 17, nell’Auditorium comunale di Aliano, in provincia di Matera, si svolgerà la proclamazione dei vincitori di questa edizione 2013.

Il Premio letterario è un appuntamento importante nell’ambito della cultura lucana ed è uno dei tanti contributi che la comunità di Aliano rende a Carlo Levi, esule nel piccolo paese – “Gagliano” nel Cristo si è fermato ad Eboli – durante il periodo fascista negli anni 1935-1936 e sepolto nel cimitero di Aliano nel 1975.

Il riconoscimento, nato nel 1988 dall’iniziativa del Circolo Culturale “Nicola Panevino” a favore degli autori delle migliori tesi di laurea su Carlo Levi, vede quest’anno come vincitori due autori italiani, cioè il lucano Enzo Vinicio Alliegro per la saggistica con “Il totem nero”, e l’emiliano Guido Conti con “Il grande fiume Po”, e due autori stranieri, il poeta albanese Dritëro Agolli ed il francese André Vauchez con un saggio su “Francesco d’Assisi”. 

Il Circolo Culturale “Nicola Panevino” è presieduto da Don Pietro Dilenge, storico direttore del periodico di informazione “la Voce dei Calanchi”, rivista giunta al trentaseiesimo anno di attività ed alla pubblicazione del 117° numero (disponibili in formato pdf gli ultimi numeri sul sito www.aliano.it).

L’edizione precedente, la quindicesima, ha premiato Carmine Abate con il romanzo “La collina del vento”, che si impose pochi giorni dopo anche nel Premio Campiello. La quattordicesima edizione, la cui premiazione dei vincitori si svolse a novembre del 2010, vide la partecipazione anche di Guido Sacerdoti, nipote di Carlo Levi e per decenni animatore della omonima Fondazione, scomparso pochi mesi fa all’età di 68 anni. Quest’anno il premio letterario non può, quindi, non dedicare un pensiero anche a questo appassionato medico e uomo di cultura.    

[Di seguito un ritratto degli autori vincitori del Premio “Carlo Levi”:]

Enzo Vinicio Alliegro, lucano di Viggiano, si è aggiudicato il premio per la saggistica regionale con la corposa e articolata opera Il totem nero, strutturata in nove capitoli. Prendendo le mosse dal Consiglio comunale aperto tenutosi a Viggiano il 20 febbraio 2012 per discutere di «attività estrattiva e monitoraggio ambientale» in Val d’Agri, l’autore, attraverso una puntuale cronistoria che parte dagli inizi del Novecento, procede ad un esame approfondito dei rapporti fra territorio locale, compagnie petrolifere e i contesti delle politiche economiche nazionali e globali, allo scopo di individuare «il potere dei simboli e i simboli del potere». Nella riflessione di Alliegro, di impronta preminentemente antropologica,  Viggiano, prima Città di Maria, poi Città dell’Arte e della Musica, infine Città del Petrolio (Madonna Nera, Arpa, Cane a sei zampe), diventa lo spaccato di una regione che, adagiata su un fiume enorme di idrocarburi, presenta una realtà sociale ben più articolata rispetto alle due componenti più appariscenti, «quella feroce ed aggressiva del capitalismo indomito» e l’altra «fondamentalista dell’ambientalismo più intransigente». La «questione petrolio», pertanto, non ruota più intorno al semplice dilemma “petrolio energia – petrolio patologia”, ma è considerata nei suoi molteplici e complessi risvolti ed effetti. Anche per questo il petrolio è percepito come una «risorsa permanente che alimenta conflitti» e rende non solo Viggiano, ma l’intera Basilicata «una sintesi formidabile di paradossi» e «una terra eletta di ossimori». Un saggio interessante anche per la ricchezza della documentazione, insomma, che invita alla riflessione e alla consapevolezza, quello del giovane docente di antropologia all’Università Federico II di Napoli. Che, è il caso di ricordare, già si era imposto all’attenzione del pubblico e della critica con numerose opere di notevole spessore, fra cui piace ricordare Terra del Cristo, uno studio corposo uscito nel 2005 in cui, come ricorda il sottotitolo, si seguono «i percorsi antropologici della cultura popolare lucana»; L’arpa perduta del 2007, una ricerca di culture e tradizioni popolari modulata sulla storia dei suonatori di arpa di Viggiano, che gli valse il Premio Basilicata; infine Antropologia Italiana. Storia e storiografia 1869 – 1975, una mappa delle scienze antropologiche, di cui si ripercorre la storia sin dalle origini.

Guido Conti, a sua volta, prosegue degnamente la nobile tradizione letteraria della Bassa Padana, aureolata nel secolo appena passato dalle opere di Cesare Zavattini, Giovannino Guareschi, Giorgio Torelli, Alberto Bevilacqua, Luigi Malerba. Nato a Parma nel 1965, Conti s’impose giovanissimo grazie anche alla fiducia che ben presto mostrò nelle sue qualità narrative Pier Vittorio Tondelli, il quale lo pubblicò in Papergang Under 25. Ricca e di valore è la produzione dello scrittore parmigiano, che ha curato peraltro il prezioso Carteggio Cesare Zavattini – Attilio Bertolucci e ha pubblicato l’originale saggio Giovannino Guareschi, biografia di uno scrittore, dedicato al celeberrimo padre di Peppone e don Camillo. Ma Conti deve essere ricordato soprattutto come autore di romanzi e   racconti di successo, che gli sono valsi importanti riconoscimenti. Si vogliono qui ricordare, oltre al libro di racconti Il coccodrillo sull’altare,  i romanzi Sotto la terra il cielo, una struggente narrazione della riscoperta identitaria; Il tramonto sulla pianura, sul tema del disagio e della solitudine degli anziani, trattato con pensosa e triste ilarità; La palla contro il muro, dove si racconta la crisi di un rapporto matrimoniale che rende tormentata la vita del piccolo Luca, vera vittima dello sfacelo familiare; I cieli di vetro, una storia d’amore tragica e intensa. L’opera premiata, Il grande fiume Po, si muove per uno spazio immenso ed oltre i confini del tempo. L’autore, infatti, non solo procede lungo tutto il percorso dalla sorgente presso il Monviso sino alla foce, ma risale agli albori della storia e affonda lo sguardo nel mito e nella leggenda del fiume, che felicemente Bacchelli definì il Grande Monosillabo acqueo. Durante la lunga e impegnativa «navigazione» lo scrittore parmigiano ha avuto modo di raccogliere un cumulo impressionante di materiali poi utilizzato, egli spiega, «per amalgamare i racconti che mi colpivano e facevano da lievito all’immaginazione». Il grande fiume, dunque, inonda l’opera di Conti con la sua storia e le sue storie, comiche o epiche o tragiche, le quali propongono una incredibile rassegna della varia umanità che ne è protagonista o vittima. Il libro acquista così una struttura polimorfa e polifonica, diventando intrigante diario di viaggio e gustoso ricettario, ma anche una composita e originale raccolta di aneddoti e cronache, poesie e racconti. Un «viaggio tortuoso, libero e anarchico», lo considera lo stesso autore che narra con una singolare verve e alla fine comunica l’esigenza vitale di pervenire alla riscoperta e alla epifania della propria identità.

Poeta, giornalista e scrittore è Dritëro Agolli. Nato nel 1931 da famiglia contadina a Menkulas, vicino a Korcia, nel sud dell’Albania, dopo aver compiuto gli studi secondari ad Argirocastro, si laureò in filologia all’Università di Leningrado. Le sue prime pubblicazioni risalgono al 1946 e già la sua prima notevole raccolta di poesie del 1958, Në rrugë dolla (Sono uscito per strada), segna un rinnovamento della poesia albanese. Il motivo dominante della sua ispirazione poetica sarà sempre  l’attaccamento alla tradizione e alle radici contadine, che rivendicherà con orgoglio sostenendo che il destino lo ha voluto «contadino e poeta». Ne fanno fede i bei versi tratti dalla poesia Madre Albania: Lascia
che mi adagi / qui sul tuo grembo / tu, che per tanti secoli / sei stata oppressa da sventura. / Io bacio le tue mani / le mani migliori del mondo / felice di raccogliermi / in questa quiete infantile. / Io bacio le tue mani / logorate dal lavoro / e le dita incallite / nel premere il grilletto. … ecco io sto di fronte a te / sono fra le tue braccia / io, tuo figlio, immagine del tuo essere, / colui che appena aperti gli occhi disse: / “ti amo”. / Ed il peso enorme delle mie parole / entrò nelle immani giogaie.
Dedicati alla propria terra, i versi del poeta albanese danno vita a una commossa invocazione, in cui tutti gli elementi della vita si confondono e si fondono per tratteggiare un’identità: identità che è infanzia, lavoro, dolore, lotta, amore, perdizione e salvezza. Anche la sua attività narrativa, intensa e complessa, oscilla fra i due poli della guerra di liberazione e della società contemporanea, di cui si rappresenta in particolare il rapporto fra mondo contadino e urbano. Della sua ricca produzione narrativa, che ha incontrato il grande favore della critica e del pubblico, oltre alle diverse raccolte di racconti, meritano la menzione almeno due opere. Innanzi tutto, il romanzo, uscito nel 1993 in Italia con il titolo Ascesa e caduta del compagno Zylo, che dà vita a una critica sarcastica della burocrazia ed esalta le doti di coraggio e di anticonformismo dell’autore. Nel romanzo Njeriu me top – L’uomo col cannone, pubblicato nel 1975, invece si procede a una rievocazione epica e ironica dell’eroismo partigiano nella lotta contro il nazifascismo. Agolli, dunque, anche per essere stato per vent’anni Presidente dell’Unione degli scrittori e artisti albanesi e membro del Parlamento gode di una grande fama nel suo Paese, che ha amato e ama con grande tenerezza.

Per la saggistica l’opera premiata è Francesco d’Assisi di André Vauchez. La biografia dello studioso francese non è uno dei tanti lavori che va ad arricchire la sterminata letteratura sul grande Santo, avendone magari colto qualche nuova peculiarità rispetto alle tante che hanno segnato una personalità poliedrica. Non è neppure un’opera che ha inteso approfondire una delle tante letture con cui nel corso dei secoli si è proposta la figura di Francesco, esaltando di volta in volta l’asceta e lo stimmatizzato, il mistico e il paladino del cristianesimo evangelico, il difensore dei poveri e l’amante della natura, il santo ecumenico e il promotore della pace. Francesco d’Assisi di André Vauchez ambisce, riuscendovi, a contestualizzare storicamente il personaggio, pur nella consapevolezza che «l’oggettività assoluta» è chimerica e che il biografo non deve rinunciare alla sua soggettività. E comunque, attingendo all’enorme mole documentaristica, nel passato trascurata o non convenientemente utilizzata, non si limita a ricostruire le tappe significative della breve ma intensa parabola terrena di Francesco, ma misura l’impatto profondo del francescanesimo sulla società del Medioevo e dei secoli successivi. Di conseguenza, lo studioso francese analizza, mette a fuoco e fa conoscere le ragioni autentiche che, di là dall’aneddotica,  dalla leggenda e dall’agiografia, hanno prodotto in otto secoli una indiscutibile influenza culturale, religiosa e spirituale della testimonianza francescana su Assisi, sull’Italia, sul mondo. Un’opera davvero importante questa dello studioso medievista nato nel 1938 a Thionville, in Lorena. Egli, che dal 1972 ha operato a vario titolo nelle Università di Rouen e di Parigi, che è membro dell’Accademia dei Lincei e dell’Accademia delle Belles Lettres, di cui nel 2009 è divenuto Presidente, va qui ricordato per almeno tre opere di grande rilevanza, tradotte anche in italiano. Esperienze religiose nel Medioevo, uscita nel 2003, è un saggio in cui si mostrano le forme di religiosità eccentriche rispetto al modello dominante nel Medioevo, animate dalla ricerca del soprannaturale tramite mediazioni materiali. Del 2006 è La spiritualità dell’Occidente medioevale, che tratta il tema della spiritualità medievale per lungo tempo erroneamente identificata con il mondo monastico e l’atteggiamento di rinuncia e di fuga dal mondo. Al 2009, infine, risale La santità nel medioevo, ormai considerata un classico,  in cui è studiata la diffusione del culto popolare dei santi insieme con i processi di canonizzazione dell’istituzione ecclesiastica.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Antonio D'Angiò

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione