Russia: la Chiesa ortodossa propone misure per ridurre gli aborti

Non più a spese del sistema sanitario e obbligo di una corretta informazione

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di Paul De Maeyer

ROMA, mercoledì, 19 gennaio 2011 (ZENIT.org).- In vista di una riunione del Consiglio di Stato (un organismo consultivo presieduto dal presidente Dmitri Medvedev), il patriarca di Mosca Kyrill ha consegnato lunedì 17 gennaio alla direzione dello Stato russo una serie di proposte in tema di politica familiare. Lo ha riferito l’Agence France-Presse. L’obiettivo dell’insolita iniziativa – si tratta infatti della prima volta che la Chiesa ortodossa russa trasmette un documento ufficiale con proposte concrete alle autorità – è in particolare di inquadrare l’aborto e di rendere le procedure amministrative più complesse.

Il patriarcato chiede fra l’altro che le spese per l’aborto non vengano più coperte dal sistema sanitario (tranne nel caso di pericolo per la vita della donna), propone anche l’obbligo di informare le donne di tutte le conseguenze negative dell’interruzione di gravidanza ed auspica inoltre l’introduzione di un consenso informato e di un tempo di riflessione. Il documento della Chiesa ortodossa suggerisce anche la creazione di un “centro di crisi” in tutte le cliniche ostetriche. Secondo Aleksandr Verkhovski, del centro per i diritti umani Sova, che parla di “proposte, da un punto di vista religioso, molto moderate”, “la Chiesa ortodossa, come i cattolici, si oppone categoricamente all’aborto, ma in questo indirizzo alle autorità, conta su un compromesso”.

Già nel giugno scorso, la Chiesa ortodossa russa aveva lanciato un appello a favore di norme più severe per ridurre gli aborti nel paese, alle prese con un preoccupante calo della popolazione. In quell’occasione, l’arciprete Vsevolod Chaplin – una figura influente vicina al patriarca Kyrill – dichiarò che “in epoca sovietica ci siamo abituati all’aborto e a considerarlo una parte inevitabile della nostra realtà legale e non c’è modo di tornare indietro”. “Ma oggi vediamo che è possibile tornare indietro un bel po’”, aveva osservato il chierico, ribadendo la necessità di un cambiamento della legge sull’aborto. Secondo l’arciprete, anche i giovani senza legami con la Chiesa o con altre istituzioni religiose vogliono vedere una riduzione del numero degli aborti (Reuters, 1 giugno 2010).

L’aborto in Russia risale a vecchia data. Appena tre anni dopo la Rivoluzione del 1917, la Russia è diventata nel 1920 il primo paese al mondo a legalizzare la prassi. Vietato nuovamente nel 1936 da Stalin (tranne in alcune situazioni), l’aborto è stato reintrodotto nel 1955, due anni circa dopo la sua morte. Meno di dieci anni dopo questa data, si registrò nel 1964 il livello più alto nella storia della Russia o allora Unione Sovietica: 5,6 milioni di aborti.

Il numero degli aborti ha cominciato a calare in Russia nell’arco degli ultimi decenni. Secondo i dati del Ministero della Sanità, ripresi dalla BBC (16 settembre 2003), nel 1990 ci furono 3,92 milioni di aborti, 2,57 milioni nel 1995, 1,96 milioni nel 2000 e poi 1,78 milioni nel 2002. Nonostante questo ribasso, il livello degli aborti ha superato comunque nel 2004 quello delle nascite: 1,6 milioni di aborti contro 1,5 milioni di nascite (The Times, 24 settembre 2005).

Assieme ad altri fattori, come lo sfacelo del sistema sanitario dopo il crollo dell’URSS, il consumo eccessivo di bevande alcoliche (specialmente di vodka), l’elevato numero di aborti è all’origine di un drammatico declino demografico, iniziato a metà degli anni ’90, ossia quasi subito dopo il collasso dell’URSS. In meno di 20 anni, la popolazione russa è scesa da quasi 149 milioni nel 1991 a meno di 142 milioni nel 2010.

L’effetto di questo crollo demografico è già visibile nel sistema educativo. Secondo i dati del Ministero della Pubblica istruzione riportati sempre da The Times, dal 1999 il numero degli scolari è sceso ogni anno di circa un milione. Nell’anno scolastico 2004-2005, c’erano nel paese ben 5.604 scuole con solo dieci alunni.

Senza un drastico cambiamento di rotta, la tendenza al calo continuerà e potrebbe portare, secondo le proiezioni delle Nazioni Unite, il numero di abitanti della Russia a 116 milioni nel 2050 (World Population Prospects: the 2008 Revision Population Database) o addirittura a 100 milioni.

L’aborto, diventato ormai un metodo contraccettivo, contribuisce anche alla crescente infertilità. Parlando ad una conferenza internazionale, Marina Tarasova, vice capo dell’Istituto di Ricerca per Ginecologia e Ostetricia a San Pietroburgo, ha reso pubbliche nel settembre 2008 delle cifre allarmanti: ogni anno da 200.000 a 250.000 donne russe perdono la fertilità soprattutto per complicazioni dell’intervento abortivo e le coppie infertili sono più di 5,5 milioni. “Nel corso degli ultimi cinque anni, l’infertilità femminile è cresciuta del 14% in Russia e più di 1,5 milioni di russe devono riccorrere a un’avanzata tecnologia medica per rimanere incinte”, così ha detto la Tarasova (The St. Peterburgs Times, 30 settembre 2008).

Per far fronte a ciò che nell’aprile del 2005 definì “una crisi nazionale”, l’allora presidente russo Vladimir Putin ha lanciato nel 2007 un programma di incentivi per stimolare la natalità. Con un certo successo: nel 2008 sono state registrate infatti 1,714 milioni di nascite per 1,234 milioni di aborti. E per la prima volta dal 1995, la Russia ha conosciuto nel 2009 una crescita – anche se minima, quasi “simbolica” – della sua popolazione, di circa 20.000 abitanti, effetto anche dell’aumento delle nascite: + 2,8% rispetto all’anno precedente (BBC, 19 gennaio 2010).

Il problema di fondo resta però: l’altissimo tasso di abortività. Nel 2008, ci sono stati in Russia ancora 72 aborti ogni 100 nascite. È qui che la Chiesa ortodossa russa, il cui influsso è in continua crescita, intende intervenire. Già dal 1993 è attivo nel centro della capitale Mosca il consultorio pro vita “Zhizn” (Vita), gestito da un sacerdote ortodosso, Maksim Obukhov. “L’aborto in questo paese faceva parte dell’andazzo normale e c’erano molte donne che avevano avuto cinque o sei aborti senza alcuna esitazione”, dichiarò Obukhov più di dieci anni fà (The New York Times, 29 marzo 1999).

Per diminuire gli aborti, stato approvato d’altronde nel 2003 dal governo russo un decreto che per la prima volta dal 1955 restringe le possibilità di effettuare un aborto: entrato in vigore l’11 agosto dello stesso anno, il testo riduce il numero di cosiddette “indicazioni sociali” per abortire dopo la 12.esima settimana della gravidanza da 13 a 4. Per il deputato pro vita Aleksandr Chujev, si trattò di una “piccola vittoria” (BBC, 16 settembre 2003).

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ZENIT Staff

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