"Ritrovare la fede che cambia la vita"

Intervista a mons. Vittorio Luigi Mondello, arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova

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In occasione della visita “ad limina apostolorum” dei vescovi della Regione Calabria di lunedì 21 gennaio, il SeDoc (Servizio Documentazione della Radio Vaticana) ha preparato uno speciale, che comprende anche l’intervista a monsignor Vittorio Luigi Mondello, arcivescovo metropolita di Reggio Calabria-Bova.

Ne riportiamo alcune parti.

***

Come riassumerebbe in questa fase storica le urgenze pastorali della vostra regione ecclesiastica?

Tra le tante urgenze quella che più ci preoccupa è la situazione di un certo indifferentismo religioso, o comunque di una religiosità che non ha molte volte un fondamento solido per cui la fede si esprime come una fede abitudinaria, una fede solo perché si è battezzati da bambini, una fede che ci fa incontrare con le masse nelle grandi manifestazioni religiose, ma che non incide nella vita di ogni cristiano. Quindi il problema – e noi ringraziamo il Santo Padre per questo Anno della Fede che è una grande grazia per noi – è quello di impegnarci in modo particolare per aiutare i nostri fedeli, quelli che si dicono cristiani, a crescere nella fede, a maturare una fede adulta per essere non solo credenti, ma anche credibili. Questo, evidentemente, è uno dei problemi più gravi che assilla le nostre Chiese del Sud, specialmente il problema delle feste religiose che molte volte sono guidate anche da mafiosi impedendo alla comunità cristiana di celebrarle in modo cristiano.

So che questo è un problema che le sta a cuore. A 50 anni dallapertura del Concilio, come prosegue questo vostro sforzo di purificazione e aggiornamento della religiosità popolare?

Sulla religiosità popolare siamo intervenuti in mille modi. Tutti i vescovi (…) dicono la stessa cosa: cioè che noi vogliamo che i cristiani siano autentici e che le feste cristiane siano gestite da cristiani. Noi abbiamo sempre detto che non esistono “comitati” per le feste.

Quindi vuole dire che le comunità cattoliche si devono riappropriarsi di queste feste religiose?

Deve essere la comunità parrocchiale con il suo Consiglio pastorale a programmarle e a gestirle. (…) Sì, dovrebbero riappropriarsene e già lo stanno facendo. (…)

Visto che ha toccato questo tema, come Chiesa calabrese come continuate il vostro impegno contro la ndrangheta, questa piaga sociale che è anche un peccato, come lei ha detto più volte? 

Beh, qui il discorso diventa molto più difficile e più grave, perché ci sono delle incomprensioni veramente sbalorditive. Le Chiese di Calabria affrontano da decenni il problema della ‘ndrangheta. Recentemente, lo scorso giugno, la Conferenza episcopale calabra ha pubblicato un documento sulla solidarietà. Abbiamo fatto anche una campagna per farlo conoscere. Abbiamo diversi documenti precedenti che ripetono in diversi modi quel grido che Giovanni Paolo II lanciò ad Agrigento “Mafiosi convertitevi, perché dovrete rendere conto a Dio!”. Noi questo lo andiamo ripetendo continuamente. Ma il problema non è solo questo quando si parla di ‘ndrangheta. Oggi, purtroppo molti chiedono: “Ma voi Chiesa cosa state facendo?” (…). C’è un’ignoranza enorme in proposito, perché fanno questa domanda senza sapere quello che in realtà stiamo facendo. Ho già detto dei documenti che stiamo pubblicando, quello che stiamo facendo per evitare che la Mafia si infiltri nelle feste religiose. Tuttavia molti confondono la Chiesa con la polizia o con la magistratura. Sono cose differenti: la Chiesa non è un corpo di polizia, non è la magistratura che deve condannare. La Chiesa voluta da Cristo esiste per essere il segno dell’amore di Dio per l’umanità e segno di Salvezza per l’uomo. Questo è il suo compito. Si dice: “Ma il mafioso deve essere allontanato dalla Chiesa”. Ma chi l’ha detto? Il mafioso deve essere aiutato a cambiare, a convertirsi, magari allontanandolo dalla Chiesa se questo non avviene. Ma deve essere aiutato. Una cosa è la Mafia in sé, altro è la persona che è mafiosa. Gesù è venuto, ha mangiato con i peccatori e con le peccatrici, non li ha buttati a mare, è venuto per salvarle. La Chiesa viene per salvare. (…) Noi possiamo intervenire se la magistratura e la polizia sono intervenute e dire: “No, non potete ricevere i Sacramenti fino a quando non vi siete convertiti, vi pentite di quello di cui siete stati accusati”.

Tra laltro ci sono esempi positivi di mobilitazione della società civile, anche dellassociazionismo cattolico in questo campo

Ma certo! Ci sono stati qui a Reggio manifestazioni, fiaccolate e marce contro la Mafia, anche se per mia esperienza personale non penso che servano a molto (…) Per combattere la Mafia io dico: la magistratura e la polizia fanno il loro dovere e fanno bene, ma non basta, perché una mentalità mafiosa non si cambia soltanto arrestando e punendo, perché quelli arrestati vengono poi sostituiti da altri che continuano la loro attività mafiosa. Ripeto: è giusto arrestarli e condannarli, ma oggi è ancora più necessario educare la gente a una mentalità anti-mafiosa. Io vedo, e qui al Sud appare evidente, che ci sono tanti che sono contro la Mafia, che non sono mafiosi, però hanno una mentalità “mafiosa”, che non è delinquenza, è una mentalità. (…) E’ evidente quindi che occorre partire dai bambini per cambiare questa mentalità mafiosa, attraverso l’educazione che faccia capire che il mafioso non è un uomo d’onore, è un uomo del disonore, è un uomo che rovina se stesso, la sua famiglia e la società nella quale vive. Questo lavoro educativo non è cominciato o si fa poco. Sappiamo com’è la situazione delle scuole, soprattutto in questo periodo di crisi che ha portato a tagliare i fondi anche alle scuole cattoliche che si trovano oggi in grandi difficoltà (…)

Per chiudere, lei ricordava il problema dellindifferentismo religioso. A proposito dellAnno della Fede che vuole contrastare questa fede debole, quali le iniziative intraprese dalla Chiesa calabrese?

Non abbiamo preparato un programma comune, ma ogni diocesi, secondo le indicazioni vaticane quando il Papa ha pubblicato la lettera “Porta Fidei” per indire l’Anno della Fede, si sono organizzate con un proprio programma. Noi nella diocesi di Reggio Calabria abbiamo elaborato un programma diocesano che prevedeva l’apertura dell’Anno della Fede il 13 ottobre 2012. Poi il 1° dicembre in cattedrale abbiamo organizzato la consegna del Credo, una celebrazione che ha visto una grande partecipazione. Ci sono poi altre iniziative nel corso dell’anno e ogni parrocchia si è a sua volta impegnata a seguire queste iniziative a livello parrocchiale. Così vengono organizzati incontri per fare conoscere le quattro Costituzioni del Concilio Vaticano II e su altri documenti della Chiesa e incontri di preghiera. (…) C’è un cantiere, ma nella mia lettera pastorale con le indicazioni sulle cose da organizzare, la prima cosa che ho detto è che più che fare tante cose dobbiamo soprattutto porci queste domande: “Siamo veramente cristiani?”, “Credo io?”, “Cosa vuol dire essere cristiano?” e impegnarci a riflettere su questo per riscoprire l’autenticità dellafede.

(Audio su Netia sotto 105 live_Colagrande_mons. Mondello)

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Fabio Colagrande

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