Riscoprire il dinamismo della Chiesa orientale

L’Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyč, Sviatoslav Schevchuk, Capo del Sinodo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina, a colloquio con i giornalisti della Sala Stampa Vaticana

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Una Chiesa viva, in crescita, che compie efficacemente il suo mandato ad evangelizzare. Così Sviatoslav Schevchuk, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halyč, ha presentato la Chiesa Greco-Cattolica ucraina di cui è primate dal 2011, al briefing di oggi in Sala Stampa Vaticana.

L’Arcivescovo ha esordito raccontando ai giornalisti che in Ucraina – paese “post comunista che si trova in un periodo di transizione sociale”, dove la democrazia è ancora molto giovane – “si registra la presenza di numerose Chiese cattoliche”, di cui il 10% di rito orientale bizantino.

Tuttavia, c’è un 40% della popolazione “che non si riconosce membro di nessuna comunità religiosa presente” e che necessita, dunque, di una Nuova Evangelizzazione “ad extra”, che si unisce a quella “ad intra”, rivolta cioè ad una Chiesa “uscita 20 anni fa dalla clandestinità” che quindi ha bisogno di una ricatechizzazione.

In particolare, sono la famiglia e la parrocchia “gli strumenti primari di Nuova Evangelizzazione per rispondere alle sfide del nostro tempo” ha detto il primate, ribadendo quanto già indicato nell’intervento alla Settima Congregazione sinodale di venerdì 12 ottobre. In quell’occasione l’Arcivescovo aveva incitato ad una particolare attenzione circa “l’annuncio del Vangelo per mezzo dell’Omelia nel contesto liturgico”, affermando che “le prediche nelle nostre Chiese spesso perdono il carattere kerigmatico e non hanno più l’efficacia della Parola di Dio”.

Alla richiesta di ZENIT di approfondire questo concetto, Sua Beatitudine ha risposto che “il momento privilegiato per la comunicazione e l’annuncio della parola di Dio è l’omelia”, che coinvolge “sia il popolo di Dio che tutte le altre persone che si trovano ad ascoltare”. È importante quindi, che nell’omelia “si annunci con forza il kerygma, la buona novella”. Spesso, infatti, molti sacerdoti “cercano il modo migliore per agganciare la gente, rischiando di presentarsi come showman o parlando di argomenti sociali, ma non alla luce del Vangelo”. Si rischia così di “essere politici e non sacerdoti”, ha insistito Schevchuk, “anche noi siamo chiamati ad annunciare la parola, non quella umana però, quella di Dio”.

Sempre in merito alla Nuova Evangelizzazione, il primate ha spiegato che un indispensabile contributo proviene dalla Dottrina Sociale della Chiesa. “Anche se molta gente non si riconosce in nessuna parte della Chiesa – ha precisato – ascolta la sua voce, perché parla di momenti concreti della vita del cittadino. E questo ci permette di godere della stima di ortodossi, protestanti ed ebrei”.

Anche da parte dei musulmani, i giovani soprattutto, si denota attualmente un forte interesse per la religione cristiana. In modo particolare, ha affermato, “ciò che più li attrae è la gioia cristiana, ovvero il riscoprire la libertà di un Dio che non è un ‘mostro’ a cui ubbidire, ma un padre”.  È questo “un forte segno di Cristo Risorto” che richiama l’Europa a un più vigoroso slancio verso il dialogo ecumenico proposto 50 anni fa dal Concilio Vaticano II.

Interrogato proprio su quale sia lo stato attuale dell’ecumenismo nel suo Paese, il Capo del Sinodo della Chiesa Greco–cattolica Ucraina, ha risposto che “la Chiesa è fortemente interessata”. Tutti i Padri Sinodali – ha dichiarato – hanno ribadito ciò di cui già i Padri Conciliari si erano resi conto, ovvero che la “divisione tra cristiani è lo scandalo che impedisce di annunciare la Parola”.

A tal proposito Sua Beatitudine ha parlato del Consiglio Panucraino delle Chiese e delle Associazioni religiose, un’associazione civile nata 50 anni fa, che raccoglie oggi il 95% dei credenti ucraini. “In 15 anni abbiamo imparato a costruire la pace, diventando una voce potente di morale”, ha dichiarato Schevchuk. “Viviamo ancora della ricezione dello spirito del Vaticano II e vogliamo convivere oggi pacificamente e costruire un’azione comune”.

Per realizzare la piena comunione, però, “manca ancora molto”. Essa sarà possibile “solo quando le Chiese saranno libere, e non utilizzate come strumenti geopolitici”. Lo sforzo è, quindi di “restare fuori dalla politica, liberi di annunciare la parola di Dio e aprire un cammino verso la sfida ecumenica”.

Grande attenzione al briefing è stata rivolta poi alla questione dei sacerdoti sposati, più del 90% oggi in Ucraina e quasi il 100% dei sacerdoti missionari che, ha informato l’Arcivescovo, “viaggia nel mondo con le proprie famiglie come una piccola chiesa domestica”.

Tale antica tradizione orientale è “riconosciuta dai confratelli latini degli Stati Uniti e del Canada”, che mostrano anche “una grande comprensione e collaborazione verso i sacerdoti uxorati presenti nei loro territori”. Al contrario, in Italia la presenza di preti cattolici sposati “ferisce ancora la sensibilità” del Paese, tanto che un decreto della CEI del 2010 ha respinto la richiesta di permettere loro di venire in Italia per assistere le proprie comunità di immigrati.

“I pastori italiani ancora non capiscono il dinamismo della Chiesa orientale”, ha dichiarato Schevchuk ai giornalisti. La situazione diventa complicata dal momento che in Italia la presenza degli ucraini registra “numeri massicci, circa mezzo milione emigrati, di cui più di cento sacerdoti”.

La proposta della Chiesa italiana è una cappellania etnica, inserita nel tessuto sociale e culturale, “che ha tutto il sapore di un’assimiliazione”, ha affermato il primate. “Aspettiamo perciò il momento in cui la Chiesa si renderà conto che la presenza degli ucraini è una forza per la Nuova Evangelizzazione e potremo esprimere pienamente la nostra tradizione”. Per ora, ha aggiunto, “ci sentiamo in dovere di rispettare la sensibilità della CEI perché quando si comincia con il mutuo rispetto si apre sempre un dialogo”. Inoltre, ha proseguito l’Arcivescovo, “in Italia, così come in Spagna è proprio l’appoggio delle Conferenze Episcopali che rende possibile la nostra presenza”.

Secondo molti vescovi, poi, “il dinamismo di questi gruppi di immigrati ucraini è impressionante per la chiesa locale secolarizzata”. Basti pensare, ha aggiunto, alle donne ucraine “un vero veicolo di evangelizzazione nelle case e nelle famiglie, che portano a messa gli anziani a cui fanno da badanti, insegnano ai bambini a pregare e via dicendo”.

Al termine del briefing, ZENIT ha ricordato che l’Arcivescovo, ad agosto, aveva auspicato ad una riconciliazione con il Patriarcato Ortodosso di Mosca, sull’esempio della Chiesa cattolica polacca, per evitare il rischio di una “ucrainofobia in Russia o una russificazione dell’Ucraina”. Alla domanda se ci siano stati dei passi avanti, il primate ha risposto che “purtroppo non abbiamo avuto alcuna risposta positiva”. Quindi l’appello, lanciato attraverso la nostra agenzia: “Noi abbiamo bisogno di una riconciliazione fra Ucraina e Chiesa Ortodossa Russa. Io mi faccio portavoce di questo processo di riappacificazione, perché altrimenti non possiamo andare avanti, e quindi non ci scoraggiamo, né ci stanchiamo di tendere la mano”.

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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