Rifugiati: la Santa Sede reclama nuove strategie

Intervento di monsignor Tomasi all’ONU

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GINEVRA, lunedì, 17 ottobre 2011 (ZENIT.org).- L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e Istituzioni Specializzate a Ginevra, monsignor Silvano M. Tomasi, ha chiesto “nuove strategie” e “nuove politiche” per la difesa dei rifugiati.

In un intervento pronunciato il 4 ottobre nella città svizzera in occasione della 62ª sessione del Comitato esecutivo dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (ACNUR), l’Arcivescovo ha lamentato le condizioni in cui vengono accolti alcuni rifugiati, paragonandole a quelle del sistema penitenziario.

“Queste persone che cercano protezione o modi per cercare di sopravvivere sono letteralmente chiuse e vigilate come se fossero criminali prigionieri, e anche i bambini sono sottoposti alle stesse condizioni”, ha commentato.

“Il contesto simile a quello delle carceri che esiste in molti di questi centri, l’isolamento dal ‘mondo esterno’, il flusso incomprensibile di informazioni e la distruzione di un progetto di vita colpiscono la salute fisica e mentale di quanti chiedono asilo e provocano stress psicologico, depressione, insicurezza, calo dell’appetito e insonnia in vari gradi”, ha spiegato.

Il presule ha poi valorizzato l’“effetto civilizzatore” della Convenzione sullo Status dei Rifugiati, entrata in vigore nel 1951 per “assicurare ai rifugiati il più ampio esercizio possibile dei loro diritti e delle loro libertà fondamentali”, lamentando però il fatto che “in molte regioni del mondo milioni di rifugiati non abbiano ancora la possibilità di godere di questi diritti”.

“E’ quindi urgente sviluppare e promuovere alternative”, ha affermato.

Tra le proposte della Santa Sede ci sono “programmi comunitari, l’introduzione di meccanismi di controllo e informazione, la formazione di gruppi di sostegno e l’aggiunta di centri di visita ai progetti di case aperte, perché almeno le famiglie con figli possano risiedere in un contesto sicuro”.

Monsignor Tomasi si è anche riferito al problema dei minori non accompagnati, che a migliaia “si recano in Europa sfidando il sistema di protezione dei Paesi che attraversano”.

“Devono essere soprattutto trattati come bambini, e la preoccupazione principale deve essere quella di difendere il loro interesse maggiore, indipendentemente dal motivo della loro fuga”, ha avvertito.

“Le indagini hanno dimostrato che, come fonte di motivazione e di sostegno, la religione è ritenuta importante da questi minori, che auspicano la disponibilità di assistenti spirituali”.

L’osservatore permanente ha quindi auspicato “nuove strategie” e “nuove politiche” che permettano di “comprendere le cause prime” e di “definire la gestione delle frontiere e dell’integrazione”.

“La compassione creativa è possibile se ha un autentico senso di solidarietà e di responsabilità nei confronti dei membri più bisognosi della nostra famiglia umana”, ha indicato.

“I rifugiati non sono numeri anonimi ma persone, uomini, donne e bambini con le proprie storie individuali, con doni da mettere a disposizione e aspirazioni da soddisfare”.

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ZENIT Staff

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