Riforma del Terzo settore: opportunità e problemi

Inizia il confronto a distanza con l’associazionismo. il volontariato e le imprese sociali

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È in dirittura d’arrivo la riforma del Terzo settore. Dopo l’approvazione da parte del Senato avvenuta il 30 marzo scorso, il disegno di “legge delega” con i relativi emendamenti tornerà alla Camera per il voto finale, che dovrebbe aversi nelle prossime settimane. Poi, nei dodici mesi successivi, sarà il Governo a dover dare concretezza operativa alla legge, emanando i relativi decreti di attuazione.
Al complesso iter politico-parlamentare durato oltre due anni, fa riscontro, in questa fase, il “confronto a distanza” che coinvolge il vasto mondo dell’associazionismo, del volontariato e delle imprese sociali. Secondo i dati ISTAT, sono quasi cinque milioni in Italia i volontari attivi nei diversi ambiti; circa 300mila le organizzazioni non profit presenti nel territorio; più di 800mila gli occupati in imprese e cooperative sociali.
La nuova legge in via di approvazione ha l’ambizione di affrontare per la prima volta in una visione unitaria i diversi aspetti – giuridici, etici ed economici – del Terzo settore.
La radicale semplificazione dell’assetto giuridico e delle norme in materia fiscale dovrebbero concretamente favorire le associazioni e le cooperative “virtuose”. Le pubbliche istituzioni, percepite talora quali “controparti” a causa dei vincoli burocratici e della jungla fiscale, dovrebbero divenire – stando almeno alle intenzioni del legislatore – punti di riferimento utili e attivi. Il nuovo “registro unico” degli enti del Terzo settore dovrebbe contribuire a garantire la trasparenza.
Il compito di orientare gli enti del Terzo settore verso gli ambiti di maggiore rilievo e impatto sociale è affidato al Governo. Nella nuova visione, l’imprenditorialità sociale ed il ruolo dell’associazionismo si estendono ad ambiti molto diversi, quali l’agricoltura, il microcredito e la cultura. Da qui l’esigenza di un costante aggiornamento delle attività e dei progetti.
Viene inoltre istituito il “Consiglio nazionale del Terzo settore”, organismo unitario di consultazione tra i soggetti del cosiddetto “privato sociale” che operano nel Paese. Importanti novità anche per la fisionomia delle imprese sociali. Fino ad oggi, cooperazione, associazionismo e volontariato caratterizzavano tout court questo settore; ora la riforma apre alle “organizzazioni private che svolgono attività d’impresa”. Finalità sociali e trasparenza di gestione saranno i criteri atti a definire gli “imprenditori sociali”.
Viene favorito così l’afflusso di “capitale”, si aprono spazi per le società private, nonché per le stesse società per azioni. Un controverso emendamento approvato dal Senato istituisce, in questa prospettiva, la fondazione Italia sociale. Dotata inizialmente di un contributo pubblico pari a un milione di euro, la fondazione, con sede a Milano, avrà lo scopo di reperire fondi privati in forma di investimenti o donazioni, selezionando e finanziando progetti che rispondano ai bisogni autentici delle fasce deboli della popolazione.
Il volontariato viene invece valorizzato nella sua specifica caratteristica di “gratuità”. Nel quadro delineato con la riforma, svolgono un ruolo centrale i centri di servizio per il volontariato.
Molto innovativa, la parte della legge dedicata al servizio civile finalizzato alla “difesa non armata della patria e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica”. L’idea della difesa “non violenta” si esprime, per la prima volta, con chiarezza nella nostra legislazione. Al servizio civile potranno accedere, con la riforma, anche i giovani stranieri tra i diciotto e i venticinque anni regolarmente residenti in Italia.
In sintesi, il riordino del Terzo settore suscita, come sempre, critiche e consensi. Viene rilevata anzitutto la necessità di fare fronte alle emergenze, valorizzando le capacità creative e innovative che sgorgano dal cuore pulsante della società. E a tal fine, un eccessivo accentramento nelle scelte progettuali e nella gestione delle risorse potrebbe essere di ostacolo. Rischi che esistono nella riforma. D’altra parte, nel momento in cui si apre agli investimenti privati e al capitale “paziente”, dovrà essere ancora più significativo il ruolo della componente pubblica. Le funzioni di controllo, coordinamento e sostegno, di competenza delle istituzioni, dovranno essere finalizzate alle esigenze più pressanti, agli autentici bisogni dei più deboli, ai quali le numerose attività del Terzo settore sono variamente indirizzate.

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Giuseppe Castelluzzo

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