Ricorso contro un decreto del Lazio che abolisce l'obiezione di coscienza

Lo hanno presentato al Tar il Movimento per la Vita e le associazioni dei medici e dei ginecologi cattolici. Chiesto il ritiro del decreto anche in Consiglio regionale

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Un decreto del governatore della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, prevede l’obbligo nei confronti degli obiettori di coscienza operanti nei consultori pubblici di rilasciare il certificato che consente l’aborto e di prescrivere e somministrare pillole del giorno dopo e simili. Decisione che il Movimento per la vita definisce “palesemente lesiva dei diritti costituzionali degli obiettori e della stessa legge 194”.

È per questo che, insieme alle associazioni dei medici e dei ginecologi cattolici, ha presentato al Tar del Lazio un ricorso contro il decreto in questione. “Di fondo – spiega Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita – c’è un malinteso modo di intendere il ruolo del consultorio nei confronti delle pratiche abortive. Nella pratica si è consolidata l’idea che il consultorio pubblico sia elemento essenziale della procedura che conduce all’aborto. Ma, ad una lettura seria della stessa legge 194, appare chiaro che lo Stato legalizzando l’Ivg non ha rinunciato a difendere la vita nascente con strumenti diversi dal divieto di aborto”.

Casini ricorda che “lo strumento principale dovrebbe essere proprio il consultorio. Esso deve quindi essere concepito come il luogo dell’alternativa all’aborto, non la premessa della sua realizzazione”. Pertanto, osserva Casini, “gli obiettori di coscienza non dovrebbero essere considerati degli intrusi, ma la colonna portante dei consultori”.

Olimpia Tarzia, vicepresidente della Commissione cultura della Regione Lazio, ritiene che il ricorso al Tar sia “un atto di grande coraggio e responsabilità soprattutto nei confronti delle migliaia di medici e operatori sanitari che, con il decreto Zingaretti, vedono calpestato il loro sacrosanto diritto, tutelato dalla legge, di sollevare obiezione di coscienza sia per quanto riguarda l’aborto chirurgico che quello chimico tramite le pillole abortive”.

La stessa Tarzia è intervenuta in Consiglio regionale lo scorso giugno, con un’interrogazione firmata da tutti i capigruppo del centrodestra, con la quale ha chiesto il ritiro del decreto evidenziandone gravi profili di illegittimità con le attuali disposizioni nazionali. “Di fronte alle innumerevoli rimostranze pervenute da associazioni, medici, personale sanitario e alla luce di ben due ricorsi al Tar per richiedere l’annullamento del decreto, confido, conoscendo la sensibilità del presidente Nicola Zingaretti   – conclude Tarzia – che egli possa valutare con attenzione la mia interrogazione e decidere per il ritiro del provvedimento, onde evitare un possibile quanto imbarazzante annullamento del provvedimento stesso da parte del tribunale amministrativo”.

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ZENIT Staff

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