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Ricerca neurologica e teologia: verso i neuroni sacri?

Due giorni di studio dell’Istituto Teologico Calabro “San Pio X” di Catanzaro

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Che la si chiami “neuroteologia” oppure, più propriamente, “neuroscienza dello spirito”, certo è che la riflessione teologica e, in particolare, quella sul fenomeno religioso stanno ormai cambiando le tradizionali categorie di analisi.
L’“eppur si move” del Galileo di Brecht è l’espressione – simbolo di una inconciliabilità assoluta tra scienza e fede che oggi sembra superata e, anzi, proiettata su scenari di studio, insondati fino a pochissimi anni addietro.
Le questioni di fondo investono, ora, le strutture biologiche alla base dell’esperienza di fede: esistono davvero, in altre parole, quelli che alcuni definiscono come “neuroni del sacro”?; c’è una conferma biologica dell’assunto della teologia tradizionale che guardava all’uomo come capax Dei, “capace di Dio?”; perché gli uomini, a differenza degli animali, sperimentano un’apertura verso il trascendente?; è l’uomo una “creatura” di Dio o, provocatoriamente, è Dio un “prodotto” dell’uomo?
Si è discusso di questo, al Primo Corso di Aggiornamento per i docenti dell’Istituto Teologico Calabro “San Pio X” di Catanzaro, sul tema “Ricerca neurologica e teologia”, che si è svolto il 26 e il 27 ottobre preso l’Oasi Bartolomea di Lamezia Terme. Ad intervenire Roberto Gallinaro e Pasquale Giustiniani, docenti, rispettivamente, di Filosofia morale e di Filosofia teoretica presso la Sezione San Tommaso d’Aquino della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, e Claudio Ceccotti, primario di Neurochirurgia presso l’Ospedale “Pugliese” di Catanzaro.
Per il prof. don Vincenzo Lopasso, Direttore dell’Istituto “San Pio X” e ideatore dell’iniziativa, “neuroscienze e teologia possono lavorare su un terreno comune, purché ci si apra vicendevolmente e soprattutto se le neuroscienze coltivino una concezione olistica dell’uomo non riducibile a quanto avviene nel cervello”.
“Oggi le neuroscienze – ha continuato –  possono aiutare la teologia a concepire l’anima in maniera non statica e contribuiscono a comprendere meglio che cosa avvenga nel cervello quando un soggetto vive esperienze mistiche e su quale sia l’area del cervello interessata al fatto religioso”. Va detto, tuttavia, che non mancano le resistenze soprattutto a comprendere l’esperienza mistica su base neuronale. In effetti, Gallinaro che è stato tra i primi in Italia ad intraprendere le ricerche sulla neuroteologia, autore, peraltro, del volume Cervello umano e religione. Le neuroscienze di fronte a Dio e alla teologia (Cantagalli, 2014), si è soffermato, inizialmente, sul problema epistemologico del rapporto tra scienza e fede: può essere la scienza “moralizzata” dalla teologia o, invece, è eticamente neutrale, quasi fosse, la scienza, una “Svizzera morale”? Il rapporto tra neurologia e teologia, dopo la fase del “conflitto”, a cui è seguita quella del “dialogo”, è giunto oggi alla fase della “integrazione”, con la nascita della “neuroteologia”.
“La neuroteologia – ha spiegato – studia le basi della spiritualità, si domanda su come il soprannaturale interagisca con il naturale, partendo dall’assunto che non esiste uno spirituale assoluto e un materiale assoluto”. “Gli ultimi studi sulle neuroscienze confermano che nel cervello umano ci sono già le tracce biologiche dell’attesa della salvezza. Nel punto di morte di un individuo scattano meccanismi che sembrano dire “aiutami!”. Se poi esista effettivamente un Essere trascendente che accoglie tale invocazione non spetta alla neuroteologia dirlo”. In tal senso, sembra che l’uomo sia “automaticamente” uomo-religioso, biologicamente “confezionato” per credere in un dio, anche se “gli effetti del cervello religioso non sembrano essere riconducibili ad un tutto del processo biologico”.
Giustiniani da canto suo, invece, si è occupato del rapporto tra neuroscienze e bioetica, nella consapevolezza che solo una “bioetica senza aggettivi può condurre al riconoscimento di istanze universali su presupposti comuni”. Il limite epistemologico della “neuroteologia” è da individuare, però, nel tentativo di ricercare un minimo comune denominatore della istanza religiose, cioè nel “presupporre che tutte le religioni si equivalgono dal punto di vista manifestativo”.
Se l’obiettivo dichiarato delle neuroscienze è quello di “incorporare anche la coscienza psicologica nel territorio di competenza delle scienze empiriche”, le sfide di oggi sono lo “studio della funzione dei neuroni specchio da un punto di vista teologico-morale” e l’“analisi delle basi neurologiche dell’empatia, il domandarsi se il senso morale sia o meno radicato nella nostra biologia”. Per Giustiniani, quindi, è importante chiedersi “come fare teologia dopo la rivoluzione delle neuroscienze” senza mai perdere di vista che in teologia “l’evidenza è data dalla Rivelazione evangelica, e ciò non può che rappresentare la disconnessione insanabile tra scienza e teologia”.
Insomma, come ha evidenziato lo stesso primario Ceccotti, la “neuroteologia si presenta come un campo nell’alveo delle neuroscienze, i cui studi meritano di essere approfonditi, e che non manca del rigore metodologico e scientifico”. Oggi mancano ancora strumenti della tecnica medica capaci di monitorare e analizzare il cervello in situazioni di  ordinarietà per il soggetto: “in un futuro non troppo lontano – ha chiosato Ceccotti- potremmo avere a disposizione, come già abbiamo per il cuore, un holter che studia il cervello”.
Intanto, la due giorni di studio dell’Istituto Teologico “San Pio X” ha avuto il merito di introdurre la riflessione su un campo di analisi teologica non molto conosciuto in Italia.
La teologia è chiamata ad esplorare nuovi campi del sapere e della conoscenza e a sondare diversi sentieri epistemologici e inediti metodi di indagine. I problemi che rimangono aperti all’orizzonte sono molteplici, a partire pure dallo stesso contributo che le scoperte della fisica quantistica, e il modello della mente quantica, possono offrire alle riflessioni sul libero arbitrio e sull’anima. Tra “neuroteologia” e “neuroetiche”, sempre sul terreno delle neuoroscienze, si gioca la partita della teologia e della filosofia morale, nonché del diritto, della bioetica e della altre scienze umani. Sullo sfondo il problema di Dio, della sua esistenza e della intellegibilità della creazione. Con una consapevolezza: le neuroscienze non potranno mai dare “ragione della fede” che è in noi. Per fortuna, ovviamente.

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Luigi Mariano Guzzo

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