Giulio Regeni

Giulio Regeni - Facebook

Regeni ucciso per rovinare le relazioni tra Egitto e Italia?

L’ipotesi è stata sollevata dal presidente egiziano al Sisi e dal vescovo copto-cattolico di Guizeh, Aziz Mina

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

Scampoli di verità iniziano a emergere sull’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano trovato morto con evidenti segni di torture il 3 febbraio, lungo la strada tra Il Cairo e Alessandria.
Il generale Adel Fattah al Sisi, presidente dell’Egitto, in un’intervista a Repubblica ha assicurato ai genitori del giovane che “arriveremo alla verità, che lavoreremo con le autorità italiane per dare giustizia e punire i criminali che hanno ucciso vostro figlio”. Il presidente egiziano ha inoltre lasciato supporre che a compiere l’omicidio siano stati elementi che non vedrebbero di buon occhio la crescita delle relazioni tra Italia ed Egitto.
Si domanda infatti, al Sisi, a proposito della tempistica del ritrovamento del corpo del ricercatore italiano: “Perché è accaduta durante la visita di una delegazione italiana di imprenditori con il ministro dello Sviluppo economico, che erano al Cairo per rafforzare la nostra collaborazione? Perché è accaduto mentre le relazioni tra noi hanno raggiunto un livello senza precedenti dal punto di vista economico e politico?”.
A queste domande sembra essere in grado di dare una risposta il vescovo copto-cattolico di Guizeh, mons. Anba Antonios Aziz Mina. Secondo il presule – riferisce l’agenzia Fides – l’uccisione di Regeni è stata compiuta da “torturatori professionisti” che forse puntavano anche a “rovinare le relazioni dell’attuale governo egiziano e quello italiano”.
il Vescovo Antonios, insieme al padre francescano Mamdouh Chehab, ha partecipato alla preghiera davanti al corpo del ragazzo ucciso, svoltasi presso l’Ospedale italiano del Cairo, alla presenza dei familiari della vittima. Padre Chehab ha anche preso parte ai funerali di Regeni, celebrati in Italia.
“Quel ragazzo” – ricorda a Fides il vescovo copto-cattolico – “era impegnato in uno studio scientifico sui sindacati indipendenti, e secondo il referto del medico legale è stato torturato da professionisti, perché le torture a cui è stato sottoposto possono essere perpetrate solo avendo a disposizione camere di tortura e attrezzature particolari”.
Anba Antonios si sofferma su alcuni particolari che potrebbero rappresentare degli indizi. “Il ragazzo italiano – dice – è scomparso il 25 gennaio, nell’anniversario della sollevazione che portò alla fine del regime di Mubarak. Inoltre, dopo averlo ucciso, i torturatori potevano far sparire il corpo, seppellirlo in una buca nel deserto, e non lo avrebbe ritrovato nessuno. Invece, a mio giudizio, hanno fatto in modo che la salma fosse ritrovata, guarda caso nello stesso giorno in cui era in visita in Egitto il Ministro italiano per lo sviluppo economico, Federica Guidi, accompagnata da 30 uomini d’affari, per incontri in cui dovevano essere firmati importanti accordi economici. Quella visita è stata interrotta dopo l’incontro con il Presidente al Sisi. E questo non può non far pensare all’intenzione deliberata di rovinare le relazioni dell’Egitto con l’Italia, uno dei Paesi che continua a sostenere e a condividere interessi comuni con il governo egiziano”.
Infine il vescovo Anba Antonios Aziz Mina esprime la sua fiducia sul fatto che “gli apparati egiziani daranno la loro collaborazione alla ricerca della verità”.

Print Friendly, PDF & Email
Share this Entry

ZENIT Staff

Sostieni ZENIT

Se questo articolo ti è piaciuto puoi aiutare ZENIT a crescere con una donazione