Ravasi: "La Chiesa non sia perbenista ma accogliente, pur mantenendo salda la sua identità"

Il porporato, insieme ai cardinali Gracias e Damasceno Assis, presenta in Sala Stampa vaticana il Messaggio finale del Sinodo, che precede la Relatio Synodi che verrà approvata e presentata questa sera

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158 Padri su 174 hanno approvato il Messaggio finale del Sinodo straordinario per la famiglia, ormai prossimo alla chiusura. È questo il dato che resta forse più in mente del briefing di oggi in Sala Stampa vaticana. Qualcuno tra i giornalisti ha chiesto persino agli ospiti – il card. Gianfranco Ravasi, presidente della Commissione per il Messaggio, il card. Oswald Gracias e il card. Raymundo Damasceno Assis – come mai 16 Padri abbiano votato a sfavore del testo, “è come votare contro il Padre Nostro…”, si è detto.

In effetti il documento – letto ieri in Aula dal presidente del Dicastero per la Cultura e approvato comunque da una ampia maggioranza – non trascende in eccessive aperture, né si sbilancia in posizioni che potrebbero far rabbrividire i più tradizionalisti o restare scontenti i progressisti (sempre se riteniamo valide le due etichette). Questo anche per la natura stessa del Nuntius – breve, essenziale, concisa – che non vuole costituire né sostituire la Relatio Synodi che verrà presentata tra poche ore alla stampa, ma semplicemente essere il ponte che la Chiesa getta a tutte le famiglie del mondo, per aiutarle e farsi aiutare, perché “si spera esse diventino maestre”, ha detto Ravasi.

Proprio il porporato, uomo dall’ampia e variegata cultura, esperto biblista, ha offerto ai giornalisti la giusta chiave di lettura del Messaggio, che egli stesso ha elaborato insieme ad una commissione di Padri rappresentanti di ogni continente: “Da Melbourne, al Gabòn, fino a Stoccolma e al Libano”.

Tre, in particolare, gli elementi strutturali che definiscono il Nuntius. Anzitutto “il quomodo, il come”, ovvero il “genere letterario” del Messaggio che attinge al Nuovo Testamento, presentando un “discorso con due significati”: da un lato “la consolazione”, dall’altro “l’esortazione”. Il testo, infatti, “deve dare respiro, speranza alle difficoltà delle famiglie contemporanee”, ma allo stesso tempo – ha spiegato il cardinale – “deve dimostrare lo splendore, la bellezza, la ricchezza della famiglia”.

In secondo luogo, “il quibus, i destinatari”. A chi si rivolge il Nuntius? “Non è un Messaggio necessariamente interessato a tutti”, ha precisato Ravasi, ma solo alle “famiglie cristiane”, tradizionali nel verso senso del termine, chiamate ad essere “segno nel mondo per le altre famiglie”. E con ciò, dunque, si escludono tutte le altre forme ‘anomale’ di unione, quelle omosessuali in primis.

Infine, “il quid, il contenuto” che si snoda in un doppio percorso di “tenebre e luci”, seguendo il cammino di Cristo che, nell’Apocalisse, attraversa le strade di Laodicea, bussando alle porte dei suoi abitanti. “È il gioco della libertà e della grazia”, osserva Ravasi, “Cristo passa, ma le persone all’interno, sedute nelle loro oscurità, nei loro problemi, possono anche non aprire. Cristo però dice: ‘Se voi aprite, io divento uno della vostra famiglia”.

E come il Signore attraversa queste porte, anche il Messaggio dei Padri si addentra nelle ‘abitazioni’ di ogni famiglia, trovando “tenebre”, quindi problemi di coppia, crisi, fatiche date da un figlio disabile, malattie, vecchiaia, o difficoltà economiche e umiliazioni. Ma anche trovando le luci, quindi i grandi valori, anche quelli “non necessariamente cristiani” come l’incontro, l’innamorarsi, il fidanzamento, le nozze, la fecondità, la questione della fede, la preghiera, la carità nei confronti del mondo esterno.

“Meta ultima è l’Eucarestia”, afferma il cardinale Ravasi. E proprio su questo punto spiega: “Non era compito del Messaggio affrontare il problema dell’accesso ai Sacramenti, però c’è una frase finale che dice: ‘Nella prima tappa del nostro cammino sinodale abbiamo riflettuto sull’accompagnamento pastorale e sull’accesso ai sacramenti dei divorziati risposati’”.

La vessata questio è stata infatti ampiamente dibattuta nel Sinodo – hanno confermato i tre porporati – senza però giungere ad alcuna decisione concreta. D’altronde, ha rimarcato il cardinale Damasceno Assis, “in questa prima tappa del Sinodo, non avevamo come obiettivo quello di arrivare a delle conclusioni definitive”, ma solo stilare proposte che realizzassero un’agenda di lavoro per il Sinodo 2015.

In tal senso l’obiettivo è stato pienamente raggiunto e si può dire che “il bilancio di è assolutamente positivo”, lasciando soddisfatti anche i rappresentanti di paesi come l’Asia, per cui il Sinodo ha rappresentato una speranza considerando il ruolo che la famiglia ha ancora nel Continente, ha riferito Gracias.

Sempre l’arcivescovo di Mumbai, rispondendo alle domande dei giornalisti sulle perone omosessuali, ha ribadito che essi “sono i benvenuti nella Chiesa, fanno parte di essa”.  L’accoglienza è infatti la parola chiave di questo Sinodo 2014, rivolta soprattutto “alle situazioni più difficili”. “La Chiesa – ha rimarcato infatti Ravasi – non deve avere un atteggiamento perbenista, ma deve prima di tutto accogliere, essere pronta a sentire e comprendere i mutamenti”, mantenendo tuttavia salda la “sua identità, la sua concezione” e “non riconoscendo automaticamente modelli differenti da quello cristiano”.

Uno spirito di “apertura” si è cercato di infonderlo anche nella Relatio Synodi che i tre cardinali, pur senza anticipare alcuno contenuto, hanno apprezzato per l’equilibrio nel bilanciare le modifiche e integrazioni elaborate nel lavoro dei Circoli minori. Un frutto dunque della “sinodalità” auspicata dal Papa, il quale è stato per tutto il tempo in silenzio durante le discussioni, come ha osservato qualche giornalista.

“Questo silenzio del Papa, a mio avviso, è fondamentale – ha risposto Ravasi – è proprio quasi la caratteristica del percorso sinodale, in cui riuniti attorno al Papa, i vescovi hanno espresso le loro diverse concezioni”. Il Santo Padre interverrà stasera in quanto membro anch’egli del Sinodo e, se non l’ha fatto finora – ha spiegato il cardinale con ironia – è perché “come dice un vecchio proverbio Roma locuta causa finita. Se lui avesse parlato subito noi saremmo stati lì a mettere solo qualche gingillo attorno”. E sicuramente non ci sarebbe stata quella parresìa che proprio il Pontefice ha invocato in apertura dei lavori. 

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Salvatore Cernuzio

Crotone, Italia Laurea triennale in Scienze della comunicazione, informazione e marketing e Laurea specialistica in Editoria e Giornalismo presso l'Università LUMSA di Roma. Radio Vaticana. Roma Sette. "Ecclesia in Urbe". Ufficio Comunicazioni sociali del Vicariato di Roma. Secondo classificato nella categoria Giovani della II edizione del Premio Giuseppe De Carli per l'informazione religiosa

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