Ravasi: "Ci sono edifici sacri carenti, da riadattare in futuro"

Il cardinale alla presentazione della mostra sulla cattedrale della Sacra Famiglia a Barcellona

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di H. Sergio Mora

CITTA’ DEL VATICANO, venerdì, 25 novembre 2011 (ZENIT.org) – a margine della presentazione della mostra in Vaticano sulla cattedrale della Sacra famiglia di Antoni Gaudì a Barcellona – che si è svolta ieri nella sala stampa della Santa Sede – il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha parlato a Zenit del problema delle chiese che presentano carenze e del bisogno di un “riadattamento” in un futuro. Al momento si sta studiando il problema alla base, vale a dire partendo dal dialogo tra architettura, arte e arredi sacri.

Si è parlato della cattedrale di Gaudì e del bisogno di dialogo tra fede e arte. Alcune chiese però non presentano, per così dire, delle “carenze”?

Card. Ravasi: Di riadattamento di chiese che presentano delle carenze, non si è ancora discusso, al momento, tuttavia diventerà un problema sempre più all’ordine del giorno, poiché sono molte le chiese costruite negli ultimi anni senza tenere conto di quella trilogia alla quale facevo riferimento. Questa operazione di riadattamento è avvenuta anche nella storia dell’architettura sacra. Non è un fenomeno strano.

Forse prima era più un problema di stile. Ora invece…

Card. Ravasi: Ora c’è un qualcosa di strutturale, ma su questo è difficile dare delle indicazioni precise perché ogni caso è un caso a parte. Attualmente stiamo studiando il problema di base, ovvero far dialogare architettura, arte, spiritualità e liturgia. E sulla base di questi canoni, è fondamentale valutare se non sarà possibile affrontare il problema del riadattamento di chiese che presentano delle gravi carenze.

Sicuramente è più facile nelle indicazioni dei nuovi tempi, meno per quelli poveri di caratteristiche sacre.

Card. Ravasi: È più delicato il secondo caso, perché complicatissimo. È  come se su un malato intervenisse un medico e poi ne debba intervenire un altro: la prima volta è più facile. In realtà non lo abbiamo affrontato, ma il problema si sente.

Nel corso della conferenza stampa, rispondendo a un giornalista sulla possibilità di istituire una commissione che vigili sulla costruzione degli edifici di culto, il cardinale Ravasi ha risposto che questa commissione sarebbe “interdicasteriale per quanto riguarda la funzione dell’architettura sacra, e il tema fondamentale è quello di cercare di dare delle indicazioni in modo tale che si riesca a realizzare quello che si realizzava nelle grandi cattedrali, con una lunga tradizione fino ai nostri giorni”.

Nel corso della conferenza stampa è stata presentata una mostra che ha luogo in Vaticano sulla cattedrale della Sacra Famiglia e sulle grandi innovazioni esistenti in questo tempio le quali però, rispettano la sacralità del luogo di preghiera.

Sua Eccellenza ha ricordato la presenza di tre elementi: “Uno è lo spazio; lo spazio sacro per la precisione. Qui domina l’architetto, che deve tenere conto di varie componenti, ad esempio la luce, la natura esterna, lo spazio ambientale.

Il secondo elemento è l’arte intesa in senso figurativo: la scultura e la pittura.

Infine, nel culto cattolico, nell’ortodosso e – in misura minore – nel protestante, ci si appella ai segni e ai simboli. Quindi alle componenti che sono nel gioco architettonico ma sono, in un certo senso, autonome, poiché si tratta dell’altare, del battistero, del tabernacolo, delle immagini e del crocifisso. Tutta questa componente – ed è veramente preoccupante se venisse a mancare – non viene aggiunta allo spazio sacro ma deve sposarsi con esse”.

Il cardinale Ravasi ha ricordato come, ad esempio la Chiesa Nuova, a Roma, da un lato è architettonicamente compiuta secondo i canoni del barocco rinascimentale, ma dall’altra parte, se si entra in ogni cappella c’è un gioco e un’armonia con un giro di una dozzina di artisti di altissimo livello, che sono lì non perché qualcuno li abbia aggiunti, ma perché è naturale che “vivessero” lì dentro.

Oggi ci sono, ha proseguito il porporato, “architetti bravissimi che costruiscono degli spazi sacri ma non vogliono avere a che fare con l’artista e quindi, alla fine, il parroco mette una statua kitsch e la completa a suo modo”.

Ravasi ha ricordato che questo vale anche quando si costruisce una casa. “Purtroppo è accaduto con la cattiva urbanistica, dove si costruirono delle case assurde dove non si può vivere”. E ha citato come esempio alcune costruzioni delle periferie urbane. “Come si fa a pensare che uno possa vivere tutto il giorno lì? È una prigione, una insensatezza, è la speculazione…”.

Nel caso dell’arte sacra e delle chiese, il cardinale ha precisato: “E poi c’è l’importanza del dialogo con la liturgia, motivo particolarmente complesso ma, al tempo stesso, esaltante: riuscire a far sì che, ad esempio, sia un simbolo, nel senso che unisce tante realtà, tanti volti”.

Ravasi ha concluso sottolineando che dobbiamo farlo anche adesso “prescindendo dell’eventuale commissione: un dialogo tra arte e fede, un dialogo che ho fatto con tanti architetti e con successo”.

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ZENIT Staff

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