Rabbino al Sinodo: ebrei e cristiani si apprezzano quando si conoscono

Intervento di David Rosen, consigliere del Gran Rabbinato di Israele

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CITTA’ DEL VATICANO, giovedì, 14 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Quando si conoscono, ebrei e cristiani collaborano e si apprezzano profondamente, ha affermato questo mercoledì un rabbino davanti al Sinodo dei Vescovi del Medio Oriente.

David Rosen, consigliere del Gran Rabbinato di Israele e direttore del Dipartimento per le Questioni Interreligiose del Comitato Ebraico Statunitense, invitato speciale per partecipare all’assemblea episcopale, ha compiuto una lunga analisi dello stato delle relazioni ebraico-cattoliche.

Il rappresentante ebraico è uno degli invitati speciali dell’assemblea insieme a due rappresentanti dell’islam, uno sunnita e l’altro sciita: Muhammad Al-Sammak, consigliere politico del muftì della Repubblica del Libano, e l’ayatollah Seyed Mostafa Mohaghegh Ahmadabadi, docente presso la Facoltà di Diritto dell’Università Shahid Beheshti di Teheran (Iran).

Secondo il rabbino, “oggi il rapporto tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico rappresenta una felice trasformazione per i nostri tempi, si può dire senza paralleli storici”.

A suo avviso, gli Stati Uniti sono forse il Paese in cui questo dialogo è avanzato di più e “dove ebrei e cristiani vivono in una società aperta fianco a fianco come minoranze vibranti, sicure di sé e civilmente impegnate”.

“Oggi gli Stati Uniti vantano letteralmente dozzine di istituzioni accademiche di studi e relazioni cattolico-ebraiche, mentre nel resto del mondo ne esistono forse tre”, ha aggiunto.

Relazioni “trascurabili” quando ci sono maggioranze dominanti

Queste relazioni, tuttavia, sono per il rappresentante ebraico “trascurabili” “nella maggior parte dei Paesi in cui il cattolicesimo rappresenta la forza sociale dominante”.

“Confesso di essere rimasto sorpreso di scoprire nel clero cattolico e talvolta anche nella gerarchia di alcuni Paesi non solo ignoranza nei confronti dell’ebraismo contemporaneo, ma spesso perfino della Nostra Aetate”, il documento del Concilio Vaticano II che rappresenta una pietra miliare nelle relazioni ebraico-cattoliche.

Per il rabbino, “nell’unico sistema politico mondiale del mondo in cui gli ebrei sono la maggioranza, lo Stato di Israele, questo problema è ulteriormente aggravato dal contesto politico e sociologico”.

“Fino a poco tempo fa la maggior parte della società israeliana non ha avuto alcun sentore dei profondi cambiamenti nei rapporti tra cattolici ed ebrei”, ha constatato.

Cambiamenti di percezione in Israele

Questa situazione è tuttavia cambiata nell’ultimo decennio a causa di due fattori. In primo luogo, i gesti toccanti di Giovanni Paolo II in occasione della sua visita in Israele nel 2000, dopo l’avvio delle piene relazioni bilaterali tra Israele e la Santa Sede sei anni prima.

La seconda causa del cambiamento di percezione del cristianesimo in Israele è l’immigrazione, perché la presenza dei cristiani è raddoppiata.

In concreto, il rabbino si è riferito ai quasi 50.000 cristiani praticanti emigrati in Israele negli ultimi vent’anni, provenienti dall’Unione Sovietica.

“In quanto strettamente legati allo stesso tempo con la società ebraica a motivo di vincoli familiari e culturali, si può dire che essi rappresentino la prima minoranza cristiana che si considera allo stesso tempo parte di una maggioranza ebraica da quando si è formata la comunità cristiana degli albori”, ha affermato.

Ci sono poi 250.000 lavoratori immigrati di Filippine, Europa dell’Est, America Latina e Africa subsahariana, che negli ultimi anni sono giunti in Israele e vivono una religiosità dinamica.

Il rabbino, riconoscendo il diritto dello Stato di Israele di difendersi dalla violenza, ha anche constatato che “la difficile situazione dei palestinesi in generale, e dei cristiani palestinesi in particolare, dovrebbe preoccupare profondamente gli ebrei sia in Israele che nella diaspora”.

“Per me personalmente, in quanto israeliano di Gerusalemme, la penosa situazione in Terra Santa e la sofferenza di tante persone da entrambe le parti dello spartiacque politico è causa di grande dolore”, ha dichiarato.

La minoranza cristiana, un barometro in Medio Oriente

Rosen ha infine considerato che “la situazione delle minoranze si riflette sempre profondamente sulle condizioni sociali e morali di una società nel suo insieme”.

“Il benessere delle comunità cristiane in Medio Oriente non è altro che una specie di barometro delle condizioni morali dei nostri Paesi. Il grado dei diritti civili e religiosi o delle libertà di cui godono i cristiani testimonia lo stato di salute o di malattia delle rispettive società mediorientali”.

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ZENIT Staff

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