"Questi sono i miei peccati: prendili tu, Signore, e io sarò salvo"

Durante la messa a Santa Marta, papa Francesco elogia l’umiltà evangelica dei pubblicani e delle prostitute

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L’anima che Dio può salvare è quella umile, l’anima che ha un “cuore pentito”. Il superbo è, al contrario, arrogante, chiuso ed impermeabile alla voce del Signore.

Lo ha detto stamattina papa Francesco durante la messa alla Casa Santa Marta, traendo spunto innanzitutto dalla prima lettura di oggi, tratta dal libro di Sofonia (Sf  3,1-2.9-13), dove si parla di una parte del popolo che si pente dei propri peccati, avendo “umiltà”, “povertà” e “fiducia nel Signore”, mentre la maggior parte “non hanno accettato la correzione, non hanno confidato nel Signore” e saranno condannati.

Se, da un lato, l’umile confida “nel nome del Signore per tutta la vita” e ripone le sue “ricchezze” in Lui, dall’altro il superbo “non ascolta la voce” di Dio, né ”accetta la correzione”.

Anche il Vangelo odierno (Mt 21,28-32), ha osservato il Papa, descrive una dinamica simile: un vignaiolo ha due figli, uno dei quali rifiuta di lavorare nella vigna, poi si pente e lo fa, mentre il secondo, ipocritamente, dà l’assenso al padre ma poi lo inganna.

È un po’ quello che avviene con i farisei, superati da pubblicani e prostitute nell’accesso al Regno dei Cieli o con molti cristiani di oggi che, ricevono la comunione in modo puramente rituale.      

“Se il tuo cuore non è un cuore pentito – ha commentato il Santo Padre – se tu non ascolti il Signore, non accetti la correzione e non confidi in Lui, tu hai un cuore non pentito. Ma questi ipocriti che si scandalizzano di questo che dice Gesù sui pubblicani e le prostitute, ma poi di nascosto andavano da loro o per sfogare le loro passioni o per fare affari – ma  tutto di nascosto – erano puri! E questi il Signore non li vuole”.

La vera chiave per arrivare alla salvezza eterna, tuttavia, è presentare a Dio la “lista” dei nostri peccati. A tal proposito, il Pontefice ha citato l’aneddoto di quel santo che “ascoltava il Signore, andava sempre secondo la sua volontà” ed era generoso nei Suoi confronti.

Ma il Signore lo ammoniva: “non mi hai dato una cosa, ancora”. “Signore, cosa non ti ho dato? Ti ho dato la mia vita, lavoro per i poveri, lavoro per la catechesi, lavoro qui, lavoro là…”, replicò il santo.

Dio, però, voleva i suoi “peccati”; vuole che noi Gli diciamo: “Questi sono i miei peccati – non sono di quello, di quello, sono i miei… Sono i miei. Prendili tu e così io sarò salvo”.

È solo “quando noi saremo capaci di fare questo” che noi diventeremo “quel bel popolo, ‘popolo umile e povero’, che confida nel nome del Signore”, ha poi concluso papa Francesco.

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Luca Marcolivio

Roma, Italia Laurea in Scienze Politiche. Diploma di Specializzazione in Giornalismo. La Provincia Pavese. Radiocor - Il Sole 24 Ore. Il Giornale di Ostia. Ostia Oggi. Ostia Città (direttore). Eur Oggi. Messa e Meditazione. Sacerdos. Destra Italiana. Corrispondenza Romana. Radici Cristiane. Agenzia Sanitaria Italiana. L'Ottimista (direttore). Santini da Collezione (Hachette). I Santini della Madonna di Lourdes (McKay). Contro Garibaldi. Quello che a scuola non vi hanno raccontato (Vallecchi).

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